Copyright 2.0 rischi e difese


Tra i diritti della proprietà intellettuale, il più controverso. Il bene prodotto è opera d'ingegno ed estro. Come ampliarne la tutela?
Copyright 2.0 rischi e difese
Le recenti modifiche al Codice della Proprietà Intellettuale hanno volutamente lasciato fuori i diritti d'autore da una più chiara semplificazione delle relative disposizioni, subordinandoli rispetto agli altri. Per la sua tutela rimane in vigore, pur in un'ottica di adeguamento a standard internazionali e comunitari, il datato testo normativo del 1941, principale fonte legislativa a riguardo.
Una subordinazione in parte alleviata dal ruolo pretorio della giurisprudenza che ne ha ampliato in vari modi le tutele interpretando estensivamente le varie discipline.

Il tema diventa sempre più caldo quando teniamo in considerazioni i rischi di plagio, contraffazione, appropriazione indebita e violazione dei diritti d'autore, che si manifestano nell'immenso mare del web. Il lavoro di creativi, digital writer, blogger, intellettuali e soprattutto professionisti è messo costantemente in pericolo dalla velocità e dalla immediata disponibilità dei loro testi che così, viaggiano in rete.
La prima tutela da chiamare in causa è di certo il buon senso. Che si lavori sul web o su cartaceo, se si utilizza materiale non proprio (documento di testo, foto, immagine, grafica, video, musica ecc.) la regola è sempre la stessa: citare la fonte. Pur in assenza di quelle comunemente chiamate Creative Commons anche in caso di violazione sarà comunque un'azione compiuta in buona fede. Fa parte del vivere civile e di una responsabilizzazione del proprio operato.
La presenza di Copyright altro non fa che rendere esplicito che l'opera è protetta legalmente; in mancanza di tale indicazione non ci si può comunque sentire autorizzati a copiare o riprodurre parte della stessa. Al massimo si può richiedere l'autorizzazione, riportare una citazione, una parte di essa citandone la fonte originaria.
In genere, più specificamente per riprodurre un'opera si ricorre alle famose royalty che permettono, sotto concessioni, di tutelare e premiare, dunque, il creatore della stessa, mediante compensi (in diritti sulla pubblicazione o in denaro).

Per ogni tipologia di opera, la legge italiana prescrive poi, diverse modalità di utilizzo (o duplicazione) i cui riferimenti normativi principali sono da ricercarsi nella su citata legge 633 del 1941, nella legge 248 del 2000 e successive modifiche.
Solo di recente, l'Autorità Indipendente per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom) ha pubblicato il nuovo regolamento in materia di tutela del diritto d'autore, con la finalità di migliorare le garanzie legali per le opere digitali e per sperimentare soluzioni più efficaci contro ogni ipotesi di violazione. Ha quindi semplificato le procedure per il ricorso in sede giudiziale, ne ha ridotto i tempi, ha stilato un elenco dei criteri di giudizio sui requisiti sostanziali e formali e allo stesso tempo ha inasprito le pene (come ad esempio l'oscuramento del sito responsabile di violazione e nell'eventualità la sua cancellazione e il pagamento di ammende pecuniarie).
"Resta scoperta la questione sulla difficoltà di individuare, per il fenomeno della digitalizzazione, sia l'opera che l'autore originario, poichè la possibilità per l'operatore interattivo di prelevare elementi, manipolarli, integrarli e indrodurli nel sistema come un quid novi distinto e autonomo, è cosa che presenta caratteristiche di possibile quanto facile attuazione" - affermano Luciano Daffara e Antonio D'Addio (in La rivoluzione multimediale: cos'è e quali nuove problematiche giuridiche introduce).
Ciò che già allora auspicavano era un diverso approccio metodologico, capace di distinguere le varie forme di proprietà intellettuale da quelle industriale (sempre più confuse tra loro) e in grado di separare il sistema di tutela dell'opera di ingegno dalla natura giuridica del copyright.

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di Studio Rubino

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