La pratica collaborativa: uniti per separarsi


Il paradosso della pratica collaborativa: tutti uniti per separarsi, una procedura che minimizza l'impatto del conflitto sui figli e sulla coppia
La pratica collaborativa: uniti per separarsi
La pratica collaborativa rappresenta un modo nuovo di separarsi e, più in generale, di risolvere le controversie familiari. E' una sorta di mediazione interdisciplinare o strutturata in cui le parti danno vita ad negoziazione basata sugli interessi e non tanto sui diritti o sulle posizioni.
Ha come obiettivo primario quello di salvaguardare il mantenimento di buone relazioni fra i componenti del nucleo familiare, anche dopo la separazione, non solo nell'interesse dei figli ma anche per riorganizzare in maniera positiva la vita post separazione della ex coppia coniugale, una riorganizzazione siffatta migliorerà senza dubbio la qualità della vita di tutti.
Il fine è quello di trovare accordi congiunti e soddisfacenti per entrambi che dunque saranno in grado di relazionarsi positivamente anche in futuro.
La pratica collaborativa parte da presupposti teorici decisamente nuovi rispetto al tradizionale modo di concepire una separazione da parte dell’ordinamento giuridico italiano.

Non è possibile, infatti, pensare alla separazione solo in termini meramente giuridici, il problema è ben più complesso, in quanto l'evento agisce direttamente a 360 gradi sul modo di vivere di tutta la famiglia, toccando vari aspetti dove paradossalmente quello giuridico è forse il minore: pensiamo, infatti, agli aspetti psicologici, finanziari, relazionali e di riorganizzazione del propria vita.

Al fine di contenere gli effetti negativi della separazione, la pratica collaborativa ricerca una soluzione alle questioni conseguenti all'evento che non sia quella della contrapposizione propria della separazione giudiziale ovvero vincitore e vinto, logica non funzionale al benessere di adulti e figli perché entrambe le parti devono sentirsi soddisfatte del risultato raggiunto.
Nella decisione della vita futura propria e dei suoi figli, il cliente non deve demandare le decisioni sulla sua vita nè all'avvocato nè al giudice, ma deve rimanere il vero protagonista, e per fa ciò egli deve essere messo nella condizione di effettuare le scelte migliori anche in un momento di maggior fragilità come é, quasi sempre, quello della separazione.
Questi sono i presupposti teorici della pratica collaborativa, ovvero una tecnica che si propone il raggiungimento dei predetti obiettivi attraverso un lavoro di squadra, squadra composta necessariamente dalle due parti e dai rispettivi avvocati (uno per ciascuna parte) ed eventualmente anche da altri professionisti, professionisti esperti in ogni questione proprio della separazione: commercialista per gli aspetti finanziari, facilitatore della comunicazione per gli aspetti più propriamente psicologici e relazionali.
A tutti i professionisti del team é richiesta la formazione nella pratica collaborativa.
La pratica collaborativa è quindi è un percorso non contenzioso volto ad ottenere la risoluzione di una controversia familiare (separazione, divorzio, affidamento dei figli nati fuori dal matrimonio) in modo efficiente e con il minor danno finanziario ed emotivo possibile, garantendo al contempo un accordo che risolva sia gli interessi comuni sia quelli individuali

Alla base della Pratica collaborativa deve esserci la massima trasparenza tra le parti e la buona fede affichè possa avere successo, niente deve essere tenuto nascosto, dalla eventuale presenza di fondi neri al tradimento del partner. Si espongono perplessità, problemi, timori, ansie, desideri. Si prova a costruire insieme il destino di ciascuno, senza lasciare che sia il giudice a deciderlo. E, anche, con la volontà di non litigare, ma di mettere al centro la buona qualità delle relazioni, presenti e future.
Gli avvocati, ben consapevoli del costo psicologico del conflitto, si adoperano per far sì che ricevano tutela non le posizioni, ma gli interessi dei loro assistiti.
La pratica collaborativa, riducendo i tempi della negoziazione, consente anche di contenere i costi rispetto ai percorsi tradizionali
Questa nuovo approccio consente alle parti di non rimanere invischiate nel conflitto ma, con l’aiuto dell’intera squadra a propria disposizione, di superarlo, di acquisire consapevolezza non già rispetto a quello che vogliono, ma rispetto al perché lo vogliono. E’ così che raggiungeranno un accordo che consentirà loro di avere lo sguardo rivolto al futuro non già al passato.

L’esercizio della pratica collaborativa comporta un cambiamento culturale ed un approccio decisamente innovativo: i professionisti lavorano "insieme", senza riserve mentali di sorta, per aiutare i loro assistiti a trovare un accordo che poggi su solide basi e che sia, quindi, duraturo.

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di Avv. Francesco Samà

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