ELEMENTI DI VOLONTARIA GIURISDIZIONE


Per volontaria giurisdizione si intende l’attività del giudice diretta non a risolvere controversie, bensì a gestire un negozio o un affare privato.
ELEMENTI DI VOLONTARIA GIURISDIZIONE





Capacità giuridica e capacità di agire

Fondamentale in diritto civile è la distinzione tra la capacità giuridica e la capacità di agire. La prima, recita l’art. 1 del Codice Civile " si acquista dal momento della nascita" e consiste nella idoneità ad essere titolari di diritti e doveri. Il concepito non ancora nato è privo della capacità giuridica. A lui però, stabilisce l’art. 2, 2° comma del codice civile, sono riservati dalla legge dei diritti che devono intendersi subordinati all’evento della nascita. Non ha alcuna importanza, al fine dell’acquisto della capacità giuridica, la circostanza che il soggetto muoia anche pochi istanti dopo la nascita, purchè al momento del distacco dal grembo materno il concepito sia vivo. Non rileva invece il fatto che sia " non vitale", ossia destinato a morte breve e sicura. Ad esempio, se al momento del distacco del feto il concepito è vivo ( anche se muore pochi istanti dopo) egli può avere acquistato dei diritti ( per successione ereditaria) che andranno a chi gli succederà per legge (es. genitori o fratelli).

La capacità di agire, invece, consiste nell’attitudine del soggetto a compiere validamente atti giuridici che gli consentano di acquistare ed esercitare diritti ed assumere ed adempiere obbligazioni. Essa si acquista con la maggiore età, ossia con il compimento del diciottesimo anno d’età.


Rappresentanza legale dei genitori nei confronti dei figli minori

Il minore d’età, non avendo ancora acquistato la capacità di agire, acquista diritti ed assume doveri per mezzo di coloro che sono i suoi legali rappresentanti. Egli è inoltre sottoposto alla potestà dei genitori e in mancanza di genitori viventi ( o qualora gli stessi per gravi motivi, tassativamente indicati dalla legge, siano decaduti dalla potestà) alla vigilanza di un tutore nominato dal giudice tutelare.

Ai genitori pertanto ( o al tutore) spetta la rappresentanza legale del minore. L’ art. 320 del codice civile si riferisce proprio alla rappresentanza ed amministrazione, da parte dei genitori, dei figli minori e dei beni degli stessi. Essi dunque amministrano i beni di cui il minore sia proprietario per averli, ad esempio, ricevuti per donazione o successione ereditaria, e compiono in suo nome gli atti giuridici mediante i quali il minore acquista diritti ed assume doveri.

Fondamentale al riguardo è la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione: i primi possono definirsi atti meramente conservativi del patrimonio di un soggetto, che non ne modificano la composizione strutturale. I secondi,a titolo esemplificativo, possono considerarsi: gli acquisti e le alienazioni di beni immobili ( o di mobili di un certo valore in rapporto al patrimonio del soggetto); la concessione di ipoteche o di pegni; l’accettazione o la rinuncia ad eredità. In sostanza si tratta di atti che comportano una consistente modifica strutturale del patrimonio di un soggetto.



L'art. 320 Codice Civile recita " I genitori non possono alienare, ipotecare o dare in pegno i beni pervenuti al figlio a qualsiasi titolo, anche a causa di morte, accettare o rinunziare ad eredità o legati, accettare donazione, procedere allo scioglimento di comunioni, contrarre mutui o locazioni ultranovennali o compiere altri atti eccedenti l’ordinaria amministrazione, né promuovere, transigere o compromettere in arbitri giudizi relativi a tali atti, se non per necessità o utilità evidente del figlio dopo autorizzazione del giudice tutelare". La norma nell’elencare questi atti ha, secondo la prevalente dottrina, valore esemplificativo e non tassativo, nel senso che, ad esempio, parla espressamente di alienazione e non nomina l’acquisto ma è chiaro che anche gli acquisti per conto del minore devono essere autorizzati.

L’art. 320 c.c. continua affermando che i capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del giudice tutelare il quale ne determina le modalità di impiego. Gli atti appartenenti alla straordinaria amministrazione, in ogni caso, devono essere compiuti congiuntamente dai genitori.


Il Giudice Tutelare è l’organo, istituito presso ogni tribunale, che soprintende alle tutele e alle curatele ed esercita le altre funzioni affidategli dalla legge, tra cui appunto, l’autorizzazione degli atti compiuti dai genitori in rappresentanza dei figli minori.



L’Amministratore di sostegno

La legge 9 gennaio 2004 n. 6 ha introdotto nel Codice Civile gli articoli 404-413, che prevedono la figura dell’amministratore di sostegno. L’art. 404 testualmente recita " La persona che, per effetto di una infermità ovvero di una menomazione fisica o psichica, si trova nell’impossibilità, anche parziale o temporanea, di provvedere ai propri interessi, può essere assistita da un amministratore di sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui questa ha la residenza o il domicilio". Non deve trattarsi dunque necessariamente di una condizione personale che agisca sulla capacità di intendere e di volere, poiché l’impossibilità di provvedere ai propri interessi può essere provocata da una qualsiasi forma di infermità, anche non mentale, o da una menomazione, anche solo fisica.

Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno deve indicare gli atti che l’amministratore può compiere in nome e per conto del beneficiario e gli atti che quest’ultimo può compiere solo con l’assistenza del primo. Per il resto il beneficiario conserva pienamente la propria capacità di agire e può, in ogni caso, compiere gli atti necessari a soddisfare gli interessi della vita quotidiana. La nomina dell’amministratore di sostegno è dettata dall’intento di evitare di dovere ricorrere alla nomina di un tutore ( e quindi di chiedere una sentenza di interdizione) in quei casi in cui, appunto, l’impossibilità o l’estrema difficoltà di provvedere ai propri interessi è data non da infermità mentale ma principalmente da infermità fisica, in cui ricorrere all’interdizione, con la conseguente " morte civile" che ne deriva, sarebbe veramente eccessivo.
L'Amministratore di sostegno, dunque, può curare tutti i rapporti della vita quotidiana, anche di natura bancaria (previa autorizzazione del Giudice Tutelare, il quale deve autorizzare la delega sul conto dell'amministrato), che competono al soggetto amministrato, fermo restando che è necessaria l'autorizzazione del Giudice Tutelare per gli atti che superano l'ordinaria amministrazione.



Articolo del:


di Avv. Stefano Di Salvo

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