Accettazione tacita dell'eredità


Quali sono gli atti che, se compiuti, comportano accettazione tacita dell'eredità?
Accettazione tacita dell'eredità
L’accettazione tacita dell’eredità si ha quando il chiamato compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede.

L’art. 476 c.c stabilisce i requisiti necessari dell'accettazione tacita.
In primo luogo, occorre che il chiamato - per intendersi il potenziale erede - assuma un comportamento dal quale può desumersi anche in via indiretta la sua intenzione di accettare l’eredità.
Secondo la dottrina prevalente, egli deve essere consapevole di compiere un atto che incide sull’eredità a lui devoluta.
Questo lo si desume, per esempio, dall’art. 485 c.c.: se il chiamato all'eredità è possessore del bene da ereditare, per potersi parlare di accettazione tacita è necessario che egli abbia compiuto un atto di disposizione dopo aver avuto notizia della devoluta eredità.
Inoltre, l’atto compiuto dal chiamato deve presupporre la sua qualità di erede, nel senso che solo colui che è erede può eseguirlo.

Tale precisazione non costituisce affatto un’espressione pleonastica, ma è invece necessaria per chiarire se il chiamato si sia mantenuto nei limiti della conservazione e dell’ordinaria amministrazione dei beni ereditari e, quindi, abbia compiuto atti che poteva compiere indipendentemente dalla volontà di accettare un'eredità (art. 460 c.c.).
Solo qualora abbia oltrepassato tali limiti, il chiamato avrà compiuto atto da erede, acquistando il relativo status.

Con riferimento alla natura dell’atto di accettazione, secondo una piccola parte della dottrina l’accettazione tacita è un "atto negoziale", per il quale è cioè richiesta la volontà effettiva di accettare, ancorché manifestata implicitamente, tramite quell’atto che può compiere solo l’erede.
Secondo la dottrina prevalente, l’accettazione tacita è un semplice "atto giuridico", un comportamento volontario a cui la legge attribuisce l’effetto dell’acquisto dell’eredità, a prescindere se il chiamato avesse o meno effettivamente la volontà acquisire la qualità di erede.
Ai sensi, poi, degli artt. 477 e 478 c.c. la donazione, vendita o la cessione dei diritti di successione da parte del chiamato ad un estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuni di essi, nonché la rinunzia ai diritti di successione qualora sia fatta verso corrispettivo o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, importano accettazione tacita dell’eredità.

Queste appena menzionate costituiscono fattispecie legali tipiche di accettazione tacita: poiché la delazione è indisponibile, qualunque negozio dispositivo comporta disposizione dell’eredità e ne
presuppone l’accettazione.
Sul punto, si segnala che in base ad una corrente giurisprudenziale la cessione di cui all’art. 477 c.c. sarebbe un caso di accettazione presunta che, a differenza dell’accettazione tacita, non importerebbe al giudice l’indagine richiesta dall’art. 746 c.c.
Tuttavia, atteso che la presunzione sarebbe "iuris tantum" e considerato che il legislatore si serve di tale mezzo per incidere sul piano sostanziale e non su quello probatorio, deve ritenersi più corretto ravvisare nelle norme in esame fattispecie legali di accettazione tacita.

Attenzione, accettare l'eredità implica succedere non solo nei beni e nei diritti nel de cuius, ma anche nei suoi obblighi e, soprattutto, nei suoi debiti.
Per questa ragione, diventa davvero determinante una preventiva ed approfondita consulenza legale in materia.

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di Avv. Valentino Aventaggiato

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