La disciplina degli scarichi per gli alberghi
Le piccole e medie imprese alberghiere non sono assoggettate alle sanzioni penali previste dall’art. 137 del D.Lgs. 152/2006
L’istituto sanzionato dall’art. 137 D.lvo n. 152/06 si applica agli scarichi industriali.
Secondo la Cassazione - Cass. Pen. Sez Un., sentenza n. 11594 del 16.11.1987 - un refluo è classificabile come industriale o domestico in base alla concreta assimilabilità del rispettivo scarico, per tipo e qualità di reflui, a quelli provenienti da insediamento produttivo (reflui industriali) o abitativo (reflui domestici).
Con l’entrata in vigore del D.lvo n. 152/06, c.d. Codice dell’Ambiente, la giurisprudenza ha confermato il proprio orientamento stabilendo che le acque provenienti da insediamenti di tipo residenziali e da servizi, purchè provenienti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche, non rientrano nel novero dei reflui industriali (Cass. III Sez. Pen., 7 novembre 2008, n. 41850).
Nel campo di applicazione della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 137 d. lgs. 152/06 è intervenuto, restringendone l’ampiezza, il d.P.R. 11 ottobre 2011 n. 227 (Regolamento per la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle imprese), in vigore dal 18.02.2012, applicabile solo alla categoria delle piccole e medie imprese (complessivamente definita PMI).
I requisiti di appartenenza alla categoria delle PMI sono fissati dall’art. 2 del decreto del Ministero delle attività produttive del 18 aprile 2005: per farne parte le imprese devono avere meno di 250 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro. Il d.P.R. 227/2011 individua all’art. 2 plurimi criteri di assimilazione dei reflui prodotti alle acque reflue domestiche, con conseguente esclusione della fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 137 d. lgs. 152/06 che, si ripete, attiene ai soli reflui industriali.
Le dimensioni della stragrande maggioranza degli alberghi del nostro paese includono tali imprese nella categoria delle PMI, assoggettandole alla normativa di cui al d.P.R. 227/2011.
Tra i criteri di assimilazione ai reflui domestici previsti dal d.P.R. cit. vi è quello che fa riferimento alla tipologia astratta di attività produttiva dei reflui stessi: l’art. 2 co. 1, lett. e) d.P.R. 227/2011, rimanda alla tabella 2 dell’allegato A), contenente appunto l’elenco di una serie di "attività che generano acque reflue assimilate alle acque reflue domestiche". Tra queste attività vi sono quella alberghiera (punto 1) e quella delle piscine idrotermali (punto 19), che sono proprio le attività che da cui derivano gli scarichi oggetto del presente procedimento.
In virtù del d.P.R. 227/2011, pertanto, i reflui fecali alberghieri e le acque termali sono esclusi dal campo di applicazione della fattispecie penale di cui all’articolo 137 cit., perché qualificabili come reflui domestici e non industriali.
Il d.P.R. 227/2011, all’art. 2 co. 2, fa salva però la eventuale disciplina regionale che prescriva criteri di assimilazione alle acque reflue domestiche diversi da quelli stabiliti a livello nazionale dal d.P.R. citato. Ne consegue che l’articolo 137 del d.lgs. 152/06 si configura quale tipica norma penale "in bianco", in cui un elemento dalle fattispecie incriminatrice (i reflui definibili come "industriali") è concretamente rimesso dal legislatore statale ad altra autorità dotata di potere normativo (in questo caso le Regioni).
La Regione Campania ha inteso adottare propri criteri di assimilazione alle acque reflue domestiche con il regolamento n. 6 del 24.09.2013, pubblicato nel B.U.R.C. n. 52 del 30.09.2013, il cui art. 3 prevede che : "sono considerate con carattristiche qualitative equivalenti, e qundi assimilate alle acque reflue domestiche, le acque reflue scaricate dalle attività di cui all’elenco della Tabella A", al cui punto 1 sono inserite le attività alberghiere con posti letto inferiori a 240 unità.
In virtù di tali criteri i reflui provenienti da attività alberghiere con capienza inferiore ai 240 poti letto sono assimilati a quelli domestici.
Tale ulteriore dato normativo rinforza il contesto giuridico di riferimento per le attività alberghiere campane, collocandole di diritto nell’ambito delle attività i cui scarichi siano assimilabili ai reflui domestici, con conseguente inoperatività dell’art. 137 D.lvo n. 152/06 che, invece, si applica esclusivamente ai reflui industriali.
Secondo la Cassazione - Cass. Pen. Sez Un., sentenza n. 11594 del 16.11.1987 - un refluo è classificabile come industriale o domestico in base alla concreta assimilabilità del rispettivo scarico, per tipo e qualità di reflui, a quelli provenienti da insediamento produttivo (reflui industriali) o abitativo (reflui domestici).
Con l’entrata in vigore del D.lvo n. 152/06, c.d. Codice dell’Ambiente, la giurisprudenza ha confermato il proprio orientamento stabilendo che le acque provenienti da insediamenti di tipo residenziali e da servizi, purchè provenienti prevalentemente dal metabolismo umano e da attività domestiche, non rientrano nel novero dei reflui industriali (Cass. III Sez. Pen., 7 novembre 2008, n. 41850).
Nel campo di applicazione della fattispecie incriminatrice di cui all’art. 137 d. lgs. 152/06 è intervenuto, restringendone l’ampiezza, il d.P.R. 11 ottobre 2011 n. 227 (Regolamento per la semplificazione di adempimenti amministrativi in materia ambientale gravanti sulle imprese), in vigore dal 18.02.2012, applicabile solo alla categoria delle piccole e medie imprese (complessivamente definita PMI).
I requisiti di appartenenza alla categoria delle PMI sono fissati dall’art. 2 del decreto del Ministero delle attività produttive del 18 aprile 2005: per farne parte le imprese devono avere meno di 250 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro. Il d.P.R. 227/2011 individua all’art. 2 plurimi criteri di assimilazione dei reflui prodotti alle acque reflue domestiche, con conseguente esclusione della fattispecie incriminatrice di cui all’articolo 137 d. lgs. 152/06 che, si ripete, attiene ai soli reflui industriali.
Le dimensioni della stragrande maggioranza degli alberghi del nostro paese includono tali imprese nella categoria delle PMI, assoggettandole alla normativa di cui al d.P.R. 227/2011.
Tra i criteri di assimilazione ai reflui domestici previsti dal d.P.R. cit. vi è quello che fa riferimento alla tipologia astratta di attività produttiva dei reflui stessi: l’art. 2 co. 1, lett. e) d.P.R. 227/2011, rimanda alla tabella 2 dell’allegato A), contenente appunto l’elenco di una serie di "attività che generano acque reflue assimilate alle acque reflue domestiche". Tra queste attività vi sono quella alberghiera (punto 1) e quella delle piscine idrotermali (punto 19), che sono proprio le attività che da cui derivano gli scarichi oggetto del presente procedimento.
In virtù del d.P.R. 227/2011, pertanto, i reflui fecali alberghieri e le acque termali sono esclusi dal campo di applicazione della fattispecie penale di cui all’articolo 137 cit., perché qualificabili come reflui domestici e non industriali.
Il d.P.R. 227/2011, all’art. 2 co. 2, fa salva però la eventuale disciplina regionale che prescriva criteri di assimilazione alle acque reflue domestiche diversi da quelli stabiliti a livello nazionale dal d.P.R. citato. Ne consegue che l’articolo 137 del d.lgs. 152/06 si configura quale tipica norma penale "in bianco", in cui un elemento dalle fattispecie incriminatrice (i reflui definibili come "industriali") è concretamente rimesso dal legislatore statale ad altra autorità dotata di potere normativo (in questo caso le Regioni).
La Regione Campania ha inteso adottare propri criteri di assimilazione alle acque reflue domestiche con il regolamento n. 6 del 24.09.2013, pubblicato nel B.U.R.C. n. 52 del 30.09.2013, il cui art. 3 prevede che : "sono considerate con carattristiche qualitative equivalenti, e qundi assimilate alle acque reflue domestiche, le acque reflue scaricate dalle attività di cui all’elenco della Tabella A", al cui punto 1 sono inserite le attività alberghiere con posti letto inferiori a 240 unità.
In virtù di tali criteri i reflui provenienti da attività alberghiere con capienza inferiore ai 240 poti letto sono assimilati a quelli domestici.
Tale ulteriore dato normativo rinforza il contesto giuridico di riferimento per le attività alberghiere campane, collocandole di diritto nell’ambito delle attività i cui scarichi siano assimilabili ai reflui domestici, con conseguente inoperatività dell’art. 137 D.lvo n. 152/06 che, invece, si applica esclusivamente ai reflui industriali.
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