Creditori insoddisfatti alla cessazione d`azienda


Se al termine della procedura di liquidazione dell'azienda, rimangono dei debiti, chi li paga? Si può procedere alla cancellazione presso la CCIAA?
Creditori insoddisfatti alla cessazione d`azienda
Fa parte di quella casistica che si presenta (quasi) tutte le volte che, al termine della liquidazione dell’impresa ci si chiede: pagato parte dei debiti con il realizzo delle ultime attività e l’incasso gli ultimi crediti, i debiti che residuano (il più delle volte fiscali o previdenziali), impediscono la chiusura dell’impresa?

La domanda posta implica una risposta multipla: no, se il soggetto economico è un’impresa individuale piuttosto che una società di persone, perché i debiti si trasferiscono in capo alla persona fisica illimitatamente responsabile che si surroga debitore nei confronti dell’Ente; al contrario, nel caso che l’impresa sia una società di capitali, essi rimangono nella contabilità aziendale e qui sorge la necessità di un approfondimento.

Vediamo ora di analizzare le problematiche più da vicino, escludendo volutamente situazioni di recupero forzoso o di azioni concorsuali.

Abbiamo detto che i debiti contratti da imprese individuali e da società di persone, vigendo l’autonomia patrimoniale imperfetta , in quanto c’è una sorta di "confusione patrimoniale", direi che non ci sia molto da dire: sostanzialmente si può tranquillamente procedere alla cancellazione della ditta dal Registro delle Imprese e i creditori insoddisfatti possono rivalersi sull’ex imprenditore o ex soci in quanto solidali per i debiti contratti dall’impresa.

Altro discorso per le società di capitali: qui vige l’autonomia patrimoniale perfetta, in funzione della quale i debiti contratti dall’impresa non si trasferiscono in capo ai soci, salvo che gli stessi non abbiano sottoscritto delle garanzie nei confronti dei creditori (del tipo fidejussioni bancarie, assicurative, avalli, ecc.).

I liquidatori, al pari degli amministratori, svolgono la loro funzione su nomina da parte dell’assemblea dei soci, ovvero il loro diviene un mandato fiduciario ad amministrare la società nella fase liquidatoria. Eccezion fatta in caso di dolo, ricordiamo che né i soci, né gli amministratori e né i liquidatori, fatte salve le dovute eccezioni, rispondono degli obblighi sociali.

Quindi ci si chiedeva all’inizio: se al termine della liquidazione l’attivo è stato completamente realizzato e rimangono dei debiti, chi li paga? Come può l’Amministrazione o il creditore recuperare le imposte non pagate o i contributi non versati?

La soluzione più semplice e lineare sarebbe quella che i soci provvedano al versamento di una provvista sufficiente all’intero soddisfacimento delle pretese creditorie.

Ma se i soci non hanno disponibilità o non vogliono costituire questa provvista, cosa può fare il liquidatore?

Innanzitutto è opportuno che il liquidatore convochi un’assemblea dal cui verbale risulti l’impossibilità a costituire detta riserva a copertura dei debiti residui. Poi, per non incorrere in possibili azioni di responsabilità, egli dovrà essere stato sufficientemente accorto nel non aver pagato dei debiti aventi un grado di privilegio inferiore a quelli risultanti dal bilancio finale di liquidazione.

Per quanto riguarda i soci, pur godendo della responsabilità limitata al capitale investito, se negli ultimi due anni precedenti la liquidazione e nel successivo periodo di liquidazione dovessero avere percepito delle somme o avere ricevuto in assegnazione dei beni dall’impresa, possono essere chiamati a rispondere dei debiti tributari fino alla concorrenza di tali valori.

Non sussistendo tutti questi distinguo, senza alcun patema d’animo il liquidatore potrà procedere al regolare deposito del bilancio finale di liquidazione e trascorsi i canonici novanta giorni, non avendo ricevuto reclami, potrà procedere alla cancellazione della Società dal Registro delle Imprese.

Ai sensi dell’art. 2495 ultimo periodo del c.c., i creditori rimasti insoddisfatti possono, entro un anno dalla cancellazione della Società dal Registro delle Imprese, far valere i loro crediti nei confronti dei soci o del liquidatore, sussistendo le cause in precedenza elencate.

Nei confronti del fisco tale termine è stato recentemente portato a cinque anni. In base all’articolo 28, comma 4, del D.Lgs. n. 175 del 2014, ai soli fini della validità e dell'efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, "l'estinzione della società di cui all'articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione del Registro delle imprese".

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di dott. Antonio Gianni Baldon

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