L'altra faccia del tecnico


Lavorare con il cuore, essere un tecnico, essere donna nonostante le difficoltà penso ne valga la pena perchè l'onestà ripaga sempre e comunque
L'altra faccia del tecnico
Lavorare con il cuore è sempre più difficile.
Sono una tecnico donna, cosa c’è di strano?
Nulla, se non fosse che dopo anni di tanti discorsi, di belle parole e di quote rose, forse quella parità oggetto di palese pubblicità elettorale, di bellissimi discorsi, in realtà nella vita pratica poi non esista.
Vi voglio raccontare la mia storia, sono un tecnico e anche un bravo tecnico, ho scelto di fare questo mestiere perché lo amo, perché ci credo e perché l’ho voluto con tutto il cuore.
Ottenuto il Diploma Magistrale invece di fare l’università decisi di prendermi un altro diploma e fu così che decisi d’intraprendere l’Istituto Tecnico per Geometri . Il mio obiettivo: arrivare ad esercitare la Libera Professione.
A scuola fui l’unica ragazza, mi diplomai con successo e poi andai a lavorare subito in un’impresa edile, lavorai come tecnico e impiegata. Anni impegnativi ma produttivi, mi trovai catapultata di botto dal protetto ambiente scolastico al difficile e complicato ambiente lavorativo. Il mondo dell’edilizia era dominio degli uomini allora e parlo degli anni 80’ una donna non capiva nulla...
Eppure io ero cresciuta in un ambiente pulito dove si respirava aria di parità, strano ma vero.
Mio padre, classe 1918 si metteva il grembiule e aiutava la mia mamma a lavare i piatti e faceva torte e preparava il sugo in casa, la mia mamma, a sua volta, sapeva dare il bianco, usare il trapano, tagliare il legno.
Io a dodici anni aiutavo mio padre nei lavori edili in una casetta di campagna.
Portavo la Cariola con le pietre per preparare il vespaio e lo aiutavo a fare i muretti a secco.
Forse è nata così la mia passione e il mi amore per le attività tecniche.
Poi iniziai a lavorare come geometra in uno studio tecnico molto grande, con la responsabilità di un settore, il settore finanziamenti alle aziende, settore agricoltura e finalmente riuscii a dare l’esame e ad abilitarmi all’esercizio della professione. Ero sposata e con un figlio.
Vivevo in un paese in Piemonte e devo dire che mi sono costruita da sola, spesso ostacolata, non aiutata.
Dedicando il mio tempo al mio unico figlio (cosa che rifarei e rifarei ancora). Però questo per dire, noi donne, abbiamo i figli, io ho scelto la famiglia. Giusto per me, sbagliato per altri.
Un pezzo di famiglia l’ho persa per strada, nella fattispecie, ho perso per strada il marito, oramai ex marito, non bastavo più alle sue esigenze e probabilmente chissà lui alle mie, si cambia.
Il fatto è che a un certo punto mi trovai da sola a gestire la mia vita lontana da tutti. Una libera professionista donna...Già, qualcuno disse di me, per fare questo mestiere bisogna avere il pelo, no, io non ho il pelo, per due motivi, uno perché sono una donna, due, perché ho sempre lavorato con il cuore e anche se ho avuto difficoltà continuo e continuerò a lavorare con il cuore e forse chi disse ciò, avrà avuto le sue buone idee che rispetto, ma non condivido.
A certo punto quello che nessuno vorrebbe: mi ammalai, due tumori in un anno due interventi quaranta giorni, di radio terapia in altra città e nello stesso periodo, mio padre malato e la professione, da seguire, all’epoca lavoravo da sola e la fatica era tanta, cercare di essere tranquilla e tranquilla non ero, portare a casa soldi che non arrivavano e l’unica cosa che avrei fatto era piangere.
Vendetti qualcosa per tirare avanti, e feci uso del mio secondo diploma per tirare su qualche soldo, mio padre mi aiutò per un po’, ma sono una determinata e appena trovai un posto come insegnate in una scuola materna, dissi ai miei, ora faccio da sola! Le istituzioni, compresa la Cassa Geometri cui mi rivolsi per chiedere la previdenza straordinaria, mi risposero picche, L’associazione Donne Geometra mi fecero gli auguri di pronta guarigione. In qualche modo riuscii a mettere su pranzo e cena.
Poi l’asilo dove lavoravo decise di chiudere dopo un paio di anni, abbastanza velocemente, con la mia collega provammo a chiedere di rilevare l’attività, ma ci fu risposto di no, perché non rendeva, (oggi l’asilo è stato dato in gestione a una cooperativa).
A un certo punto decisi di sospendere l’attività professionale perché la mia salute non permetteva di gestire le attività e mi dedicati all’insegnamento e fu in quella circostanza che almeno un paio di clienti approfittarono del fatale evento per non pagare le dovute parcelle.
Parlo di diverse i migliaia di euro, approfittarono del mio momento di malattia e del fatto che avevo concesso loro delle dilazioni e agevolazioni, una definizione forse ci sarebbe...
Ma ciascuno di noi agisce secondo coscienza.
Che dire, in seguito trovai lavoro a trenta Km e proprio la situazione di necessità lavorativa autorizzava i responsabili a trattare male oltre che a fornire un contratto di precario a tempo determinato. Si rinnovato, ma sempre un contratto a tempo determinato all’età di cinquanta forse si può fare andare bene tutto, ma non farsi dire di tutto per un foglio mal messo per la necessità di un lavoro e per un contratto a tempo determinato. Forse si parla e si parla ancora ma i controlli dove sono? Perché è possibile afferrare per il collo la gente così? Io me ne sono andata, sono un geometra! Faccio supplenze e faccio il geometra non so cosa farò domani, ma so che domani sarò migliore perché poter scegliere, rende migliori.
Oggi il geometra è tornato, come sarei dovuta tornare? Incattivita? Agguerrita? Ma no!

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di Maria Antonella Bonfiglio

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