Danno biologico e terminale alla persona


Risarcibilità del danno non patrimoniale a causa di un danno biologico, morale o terminale alla persona
Danno biologico e terminale alla persona
La legge prevede che chiunque causa ad altri un danno ingiusto è tenuto a risarcirlo. Il risarcimento dal danno si distingue dall'indennizzo che viene versato nei casi previsti dalla legge quando un comportamento autorizzato dall'ordinamento comporta dei danni per i terzi. Il danno risarcibile si distingue in danno patrimoniale e non patrimoniale. Nella categoria del danno non patrimoniale si colloca il danno alla salute o danno biologico
Il danno non patrimoniale, invece, consiste nella lesione di un bene della vita che non può essere oggetto di quantificazione economica. Si pensi all'onore, alla salute (come vedremo meglio nel paragrafo che segue), alla vita di relazione, al dolore che segue alla perdita di una persona cara, ecc.
La possibilità di ottenere il risarcimento del danno non patrimoniale è disciplinata dall'art. 2059 del codice civile che è oggi interpretato nel senso di consentire il risarcimento dei soli pregiudizi che seguono alla lesione di una posizione riguardante la persona e che trova un riconoscimento nella Costituzione.

Ma analizziamo il caso in cui un soggetto danneggiato si trovi in stato soporoso, senza aver ripreso conoscenza dal momento dell’incidente fino al decesso.
In primo luogo, la Corte di Cassazione afferma che il danno terminale, biologico e morale, sussiste in tutti i casi in cui tra il fatto illecito e il decesso della vittima sia trascorso un apprezzabile lasso di tempo, tale potendosi astrattamente considerare anche la sopravvivenza della vittima per 24 ore dal fatto; sia il danno biologico, sia il danno morale terminali comprendono anche le sofferenze fisiche e morali sopportate dalla vittima in stato di incoscienza. Al riguardo si osserva che, avendo la giurisprudenza affermato la natura unitaria della categoria giuridica del "danno non patrimoniale", le voci di danno ivi riconducibili hanno una valenza descrittiva che, tuttavia, è funzionale a delimitarne l’ambito e ad evitare duplicazioni nel ristoro del pregiudizio di carattere non patrimoniale subito dal danneggiato; pertanto, danno biologico e danno morale, sono autonomi, quanto a configurabilità, e tra loro compatibili.
Inoltre, relativamente alla fattispecie concreta oggetto della pronuncia, la S.C. ha precisato che il danno biologico è esistente e risarcibile, in quanto la vita del giovane era continuata sino alla morte in una situazione psico-fisica gravemente compromessa; identificandosi il pregiudizio in parola come danno alla salute da invalidità temporanea (benché irreversibile), andava personalizzato secondo i parametri dettati dalle sezioni unite di questa Corte, atteso che una persona in stato soporoso, pur non avendo sofferenza cosciente, avverte comunque la sofferenza del suo fisico che sussiste e si aggrava fino alla morte. Pertanto, negare in radice la possibilità di riconoscere questa lesione della salute avrebbe, per converso, significato accreditare una nozione di diritto della persona puramente astratta, riconoscendo il corrispondente diritto soltanto quando ne sia possibile il cosciente esercizio, con la inaccettabile conseguenza che andrebbe a legittimarsi una concezione di un minor diritto a sopravvivere di chi non sia assistito da piena coscienza.

Alla luce di quanto statuito dalla Corte, deve rilevarsi come lo stato di incoscienza della vittima, che abbia subito una lesione all’integrità psicofisica nonché un turbamento psichico, non può escludere la risarcibilità dei pregiudizi subiti, potendo incidere solo in termini di quantificazione e, dunque, di personalizzazione del danno; infatti nel procedere alla suddetta personalizzazione del danno, va considerato che la vittima cosciente vede preclusa qualunque possibilità di recupero della propria salute, osservando la propria vita spegnersi più o meno lentamente e così subendo un gravissimo stress psico-fisico, mentre, in caso di incoscienza, la sofferenza è senz'altro minore.

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di Avv. Daniela Bontà

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