La revoca del consenso di separazione consensuale


Il consenso è validamente prestato solo in sede di udienza presidenziale di comparizione dei coniugi e non anche all'atto del deposito del ricorso per separazione consensuale
La revoca del consenso di separazione consensuale
La separazione consensuale non può essere omologata in difetto di consenso validamente e compiutamente prestato, anche soltanto da uno dei coniugi separandi, all’udienza presidenziale di comparizione coniugi; l’eventuale decreto di omologa comunque emesso dal Tribunale adito deve essere revocato, con conseguente declaratoria di improcedibilità del ricorso per separazione consensuale depositato (Corte Appello Catania sentenza n. 882/2015 dell’1.7.2015).

Trattasi della questione della natura del consenso del coniuge separando alla pronuncia di separazione consensuale.
Secondo parte della dottrina e della giurisprudenza, tale consenso è revocabile, in quanto non si tratta di un negozio di diritto privato nel quale lo scambio del consenso produce immediatamente effetti giuridici, quali l’irrevocabilità del consenso stesso, appunto, con la conseguenza che detto consenso deve essere validamente e compiutamente confermato in sede di udienza presidenziale di comparizione coniugi, affinché possa essere pronunciata declaratoria di separazione consensuale.
Peraltro, anche secondo l’altra parte di dottrina e giurisprudenza che, valorizzando la natura negoziale dell’accordo, considera il consenso manifestato all’atto della sottoscrizione del ricorso quale irrevocabile, perché una volta prestato assurge a fonte di negozio giuridico autonomo e perfetto, cui la successiva omologazione assume esclusivamente la funzione di condizione sospensiva della produzione degli effetti giuridici delle pattuizioni stipulate tra i coniugi (Cass. 17607/2003; 10932/2008), e che considera l’accordo di separazione come un negozio perfezionato già nel momento in cui il consenso è espresso, sia pure sottoposto per la sua efficacia alla condicio juris dell’omologazione, bisogna comunque verificare quando e come il consenso detto si può considerare validamente prestato.

Pertanto, si ritiene che indipendentemente dalla natura di detto consenso, occorra individuare se e quando il consenso possa dirsi validamente prestato: a tale proposito soccorre la norma dell’art. 711, comma III, c.p.c., che individua detto momento in sede dell’udienza presidenziale di comparizione dei coniugi della separazione, e non anche all’atto del deposito del ricorso per separazione consensuale, ciò in quanto all’udienza presidenziale, appunto, detto consenso si manifesta all’esterno e viene cristallizzato a mezzo del verbale dell’udienza presidenziale appunto, con le forme ivi previste per la sua efficacia, onde: "la separazione trova la sua unica fonte nel consenso manifestato dai coniugi dinanzi al Presidente del Tribunale (Cass. 17607/2003).

Conseguentemente, se all’udienza presidenziale di comparizione dei coniugi della separazione consensuale, uno dei coniugi comparsi non confermi il consenso alla separazione consensuale già prestato all’atto della sottoscrizione del ricorso, la separazione non può essere legittimamente omologata, ciò in quanto, a rigore, non si deve parlare di revoca del consenso, bensì addirittura di consenso mai prestato, nei termini e nelle forme previste dalla legge, venendo, in tale fattispecie a mancare, sotto il profilo sostanziale, il negozio di separazione consensuale validamente stipulato tra le parti, ed al contempo, sotto il profilo processuale, venendo meno la condizione di procedibilità avuto riguardo al ricorso per separazione consensuale sottoscritto e depositato dai coniugi, con conseguente impossibilità di pronunciare alcun decreto di omologa.

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di Avv. Anna Polifroni

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