Nuovi confini fra truffa ed estorsione


La rilevanza penale alla crescente richiesta di parenti, compagne, amanti ed amici cari di percepire soldi e vantaggi simulando mali immaginari
Nuovi confini fra truffa ed estorsione
Lo sviluppo della realtà sociale pone l’esigenza di fornire, con una evoluzione giurisprudenziale che sia sorretta su un’attività ermeneutica non racchiusa in schemi perentoriamente ripetitivi, soluzioni adeguate a condotte che generano profonda sofferenza nelle vittime. In particolare si valutino quelle condotte, con le quali gli agenti, minacciando di subire o di poter subire un gravissimo danno, invero inesistente, si procurano indebiti vantaggi in danno di persone care. Accade quando simulano di essere vittime di sequestratori, usurai, estortori, di subire patologie gravissime, o di volersi suicidare, per carpire da genitori, coniugi, fratelli, sorelle, amanti ed amici cari somme o altri rilevanti vantaggi. Vi è un trend che ha assunto proporzioni notevoli e produce sconvolgimenti nelle vittime, con l’insorgenza di patologie cliniche e psicologiche derivate dall’ansia e dal panico.

In giurisprudenza - ed in dottrina - si è posta la necessità di una demarcazione netta fra la truffa e l’estorsione, anche quando la truffa si presenti con la prospettazione di un pericolo immaginario, per cui da più parti si è invocata una vera actio finium regundorum,vale a dire una definizione dei confini delle due diverse fattispecie. Nella giurisprudenza si era affermato che nella truffa il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, di talchè l’offeso non è coartato nella sua volontà ma si determina perchè tratto in errore dall’esposizione di un pericolo inesistente, mentre nell’estorsione il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri sicché l’offeso è posto nella ineluttabile alternativa di far conseguire all’agente il preteso profitto o di subire il male minacciato.
Ancor prima, negli anni 80 la distinzione tra truffa ed estorsione era delineata individuando nella truffa gli elementi dell’artifizio o raggiro e nell’estorsione quelli della violenza o minaccia. Tuttavia, nei tempi più recenti, paiono delinearsi nuovi orientamenti ermeneutici, ai quali poter attingere per un positivo sviluppo, che possa far ritenere concretato il delitto di estorsione ogniqualvolta l’agente simuli un gravissimo pericolo per sé, sia pure con raggiro, con una condotta che diviene sostanzialmente una minaccia per persone a sé care, che, dal prospettarsi l’avveramento del pericolo dell’altro, si prefigurano la propria sofferenza psichica, così cedendo a richieste di denaro o di altri vantaggi.

A tal proposito si consideri che, sia pure in ambito che presenta talune ontologiche differenze, si è ritenuto sussistere l’estorsione e non la truffa nella condotta di colui che si è presentato come dipendente di Equitalia, per costringere la vittima a versargli una somma (cfr Cass. sez. VI 28/5/14 n.27996), come estorsione è stata qualificata la condotta di chi ha costretto la vittima a farsi consegnare degli orecchini con la minaccia che altrimenti avrebbe rivelato la presenza di un amante (Cass.sez. II 27/01/15 n.7662) e ancor più significativamente si è ritenuto sussistere l’estorsione quando sia stata prospettata alla vittima la cessazione di un rapporto affettivo (Cass. sez. II sent 12/7/07 n.35484).
Appare calzante quanto fu affermato in una sentenza della II sez. penale dell’ 11/11/2002, "la connotazione di una condotta come minacciosa e la sua idoneità ad integrare l’elemento strutturale del delitto di estorsione devono essere valutate in relazione a concrete circostanze oggettive, quali l’ingiustizia della pretesa, la personalità sopraffattrice dell’agente, le circostanze ambientali in cui lo stesso opera, le particolari condizioni soggettive della vittima, vista come persona di normale impressionabilità...": qui si scolpisce la necessità che il Giudice, che sia chiamato a giudicare, valuti sempre le specifiche circostanze di ogni caso.

E’ auspicabile che le condotte sopra richiamate, di simulato pericolo per costringere ad indebiti esborsi una persona a sé cara, possano qualificarsi delitto di estorsione. Si aggiunge che è rilevante l’opera della difesa dell’avvocato della persona offesa, anche attraverso indagini difensive, per rappresentare al Pm, cui compete l’esercizio dell’azione penale e la qualificazione giuridica della condotta, quali siano gli elementi che possano far volgere alla imputazione di estorsione piuttosto che a quella di mera truffa.
La preparazione tecnica del difensore, coadiuvato se del caso da consulenze, assume rilievo essenziale per un corretto indirizzo delle indagini preliminari ed un felice esito del giudizio a tutela delle vittime.

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di Avv. Alfredo Guarino

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