Oggi parliamo di DSA


Il Disturbo Specifico di Apprendimento: l'iter da seguire per la Prima Diagnosi Certificata e gli interventi scolastici e rieducativi
Oggi parliamo di DSA
Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA): indica difficoltà scolastiche, che, ragazzi o bambini con buone o sufficienti - o anche ottime (v. Leonardo da Vinci) - capacità intellettive, incontrano sin dalle prime classi elementari, e spesso anche nelle Scuole Superiori e Facoltà Universitarie. Riguardano la Lettura e la Scrittura (Dislessia, Disgrafia) e il calcolo matematico (Discalculìa). Lettura: possono verificarsi inversioni delle parole (cimena, anziché cinema), modificazioni di una singola parola (palato in petalo), o in molti altri modi: comporta un maggior affaticamento del lettore, nonché un’ansia rispetto a eventuali letture in classe. Nell’economia di più pagine, un testo da studiare può creare difficoltà. Disgrafia: errori commessi nell’elaborazione di un testo o sotto dettatura; riguarda generalmente l’uso, e la percezione, delle "doppie", degli accenti, della lettera h. E /o altri tipi di errori, di caso in caso riscontrabili sul singolo soggetto. La discalculìa è una difficoltà operativa nell’esecuzione di un calcolo matematico: lo studente sa benissimo - generalmente - quale strategia usare per la soluzione di un problema, o di un’espressione, ma commette errori operativi, di calcolo, tipo un segno meno può diventare, strada facendo, un segno più, e viceversa. Oppure l’incolonnamento delle cifre in una moltiplicazione -per esempio- non avviene nel modo giusto, con conseguente danno del risultato finale. La discalculìa è difficoltà operativa e non di comprensione: ripeto, il soggetto sa come muoversi e dove andare, ma commette errori operativi nel suo cammino. Che non sono di distrazione o di disattenzione, sono proprio errori tecnici DSA. Le cause che stanno a monte del DSA non sono, a tutt’oggi, molto note, nonostante le ricerche aumentino nel corso degli anni: il DSA è fenomeno in crescita nella popolazione scolastica mondiale. Nemmeno questo aumento della diffusione è stato davvero compreso nelle sue cause. Ma qui voglio parlare più del fenomeno che non delle sue cause. E affronto, per prima cosa, il tema, a parer mio complesso, della: diagnosi, rieducazione e gestione scolastica. Tre argomenti questi, che vanno letti a partire da un tema di fondo: l’autostima del bambino/ragazzo con DSA. Cioè, la ricaduta che, in termini psicologici prima ancora che didattici, può avere il DSA sulla personalità. È facilmente immaginabile: ne va di mezzo l’efficienza scolastica, il rapporto con i compagni di scuola, il rapporto con sé stesso, la percezione di autoaffidabilità rispetto alle consegne scolastiche, e molte altre cose. Tuttavia, a me pare che questo aspetto, non tecnico ma molto umano, del DSA venga preso poco in considerazione. E, invece, deve occupare un ruolo di primaria importanza nella mente degli operatori scolastici e sanitari, nonché dei ricercatori.
Ma partiamo dall’inizio. Il sospetto della presenza di un possibile DSA in un bambino inizia nelle prime due classi elementari. Ma le prime posssibili avvisaglie possono presentarsi anche nella scuola materna, attraverso le attività psicomotorie o della didattica prescolastica. Gli insegnanti ne parlano, allora, con i genitori. Si decide quindi di approfondire il problema, interpellando una truttura pubblica o privata, psicologi o neuropsichiatri infantili, per valutare la situazione. Da cui emergerà la scelta di sottoporre -o non sottoporre- alcuni test al bambino. La possibilità di non passare ai test viene presa quando e se si considera che il presunto DSA possa non esserci, oppure che un determinato periodo di intervento dello psicologo, in collaborazione con la scuola, possa risolvere il problema emerso, o, ancora, che si debba rinviare il test, ecc. I test, comunque, possono essere sottoposti solo da équipe accreditate dalle ASL locali. L’équipe è composta da uno Psicologo, un Neuropsichiatra Infantile, un Logopedista, ed emette una Prima Diagnosi Certificata di DSA, tramite: 1. Visita del Neuropsichiatra Infantile, 2. Test Wechsler Intelligence Scale for Children-IV, sottoposto al bambino e valutato dallo Psicologo, 3. Test per la valutazione della disgrafia, dislessia, discalculia, sottoposti e valutati dal Logoterapista. Da qui emergerà, appunto, la Diagnosi Certificata di DSA, che verrà, poi, utilizzata dalla Scuola del bambino o ragazzo per redigere un Piano Didattico Personalizzato (PDP), basato sulla didassi di competenza della classe frequentata, ma con possibili strumenti compensativi (la calcolatrice, il computer, ecc) o dispensativi (un tempo maggiore per gli elaborati, la possibilità di non leggere ad alta voce in classe, di non prendere appunti, ecc.). Questo PDP dovrà essere approvato e firmato dai Genitori del bambino interessato. Come si vede, un percorso piuttosto lungo e burocratizzato, certamente pensato a favore del bambino e della scuola: il DSA non deve danneggiare il rendimento e l’apprendimento scolastico, la scuola deve essere garantita rispetto alla reale presenza del DSA. L’obiezione da fare, però, è che con questa diagnosi si fotografa una situazione, ma non vi è cenno alcuno alla rieducabilità del DSA, cenno alcuno agli strumenti operativi da fornire alla scuola e alla famiglia. Non vi è cenno alcuno alla personalità del bambino, o ragazzo, coinvolto. Io credo, invece, che si debba lavorare, e molto, su questi aspetti. La mia critica non va quindi alla necessità della Prima Diagnosi Certificata, nella quale credo e per la quale il mio Studio è abilitato, ma al rischio che dopo tale diagnosi, per altro anche onerosa per le famiglie, si voglia far prevalere il pensiero secondo cui il DSA non è rieducabile, tutto viene lasciato nelle mani delle sensibilità singole degli insegnanti, la famiglia ha solo un ruolo di supporto al proprio figlio. Perché così non è. Nel prossimo articolo parlerò più diffusamente della rieducazione del DSA e del coinvolgimento della scuola, anche in tale percorso extrascolastico. Qui termino indicando nell’autostima del bambino il vero e unico parametro cui fare riferimento da parte di chi opera in questo settore (psicologi e insegnanti): il DSA è un disturbo, una difficoltà. La sua percezione da parte del soggetto deve essere vissuta in termini non limitanti, in una visione di continua stimolazione, interna ed esterna, e attiva partecipazione. Per giungere a una visione serena delle proprie capacità, e non solo delle difficoltà. La rieducazione del DSA non può essere solo tecnica rispetto alla fisiologia dell’apprendimento, ma pensata nel più ampio orizzonte della costruzione personologica. Per esempio, lo strumento del problem solving è adattissimo mezzo per questo tipo di terapia/rieducazione. Al prossimo articolo, grazie!

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di Roberto De Pas

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