Il Complesso Meccanismo del Reverse Charge


Breve excursus relativo al complesso meccanismo del sistema del reverse charge, la nascita e la sua evoluzione
Il Complesso Meccanismo del Reverse Charge
Il termine reverse charge (proveniente dall'inglese) indica il meccanismo dell’inversione contabile.
Per comprendere questo meccanismo è opportuno fare un brevissima analisi del meccanismo dell’iva.
Tutti noi sappiamo che nel nostro sistema fiscale l’iva mira a colpire esclusivamente il consumatore finale e che per tutti i passaggi intermedi il meccanismo si basa su due principi cardini la rivalsa e la detrazione che garantiscono la neutralità dell’imposta, per tale motivo infatti l’iva è definita una partita di giro.
Il soggetto passivo che effettua l’operazione imponibile ha l’obbligo di addebitare in fattura l’iva a titolo di rivalsa ed il cessionario o il committente, a sua volta, ha il diritto di detrarre dall’imposta relativa alle operazioni imponibili, dallo stesso effettuate, l’IVA assolta a titolo di rivalsa.
Va evidenziato come a differenza di tutte le altre imposte e tasse vi sia una scissione tra la figura del soggetto che manifesta la propria capacità contributiva generando l’imposta (consumatore finale) ed il soggetto che è tenuto agli adempimenti tributari, individuato dalle norme nella figura degli operatori economici.
Il meccanismo del reverse charge, (che costituisce un eccezione) è applicabile solo tra due soggetti iva, quindi in tutte le operazioni business to business.
Con tale meccanismo il cedente emette fattura senza iva e con l’indicazione che è soggetta al regime del reverse charge ai sensi dell’art.17 del DPR 633/72. Competerà all’acquirente integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e dell’imposta propria del bene o servizio ricevuto.
Il documento così integrato deve essere registrato sia nel registro delle fatture emesse che in quello degli acquisti. In questo modo l'operazione sarà resa agli effetti dell'imposta.
In pratica, il venditore non deve procedere al versamento dell'imposta, l’acquirente, invece, non deve pagare l'IVA in fase di acquisto e procederà al versamento dell’iva all’erario solo dopo che il bene sarà stato venduto al mercato finale.
Questo meccanismo ha origini lontane ed in ambito nazionale è regolamentato dall’art 17 del D.P.R. n.633/72.
Tuttavia esso iniziò ad assumere importanza ed il suo utilizzo si diffuse sempre di più dopo l’abbattimento delle frontiere europee. Infatti con la nascita del mercato unico europeo è stata emanata la direttiva comunitaria n. 680 del 1991 che ha eliminato le barriere fiscali tra gli stati membri e rivisto il concetto di territorialità.
Questa Direttiva ha introdotto la tassazione nel paese d'origine per le cessioni ai consumatori finali ed ha previsto per gli scambi tra soggetti iva ( business to business ) l'applicazione dell’ imposta nel paese di destinazione del bene e non in quello d'origine dove il bene viene detassato.
Proprio perché la tassazione deve avvenire nel paese di destinazione e non in quello di origine viene applicato il sistema del reverse charge. Cosicché il cedente intracomunitario emette fattura senza addebitare l’imposta che sarà, invece, applicata dal cessionario attraverso l’integrazione della fattura e seguendo tutta la procedura su esposta.
E’ importante sottolineare che il predetto regime sarebbe dovuto essere transitorio ma in effetti ancora oggi, dopo tutti questi anni, malgrado il susseguirsi di svariate normative e direttive, continua ad essere vigente poiché gli Stati membri hanno difficoltà ad accettare il sistema definitivo che prevede il trattamento dell’imposta al pari delle operazioni effettuate all’interno di ciascuno stato.
La, enunciata, direttiva 680 è stata recepita dal nostro ordinamento italiano con il famoso D.L. 331 del 1993, che per l’appunto regolamenta le operazioni intracomunitarie nel nostro stato.
Quello descritto sino ad ora viene definito reverse charge esterno.
Nel nostro sistema nell’ultimo decennio si è sviluppato sempre più anche quello interno, quest’ultimo, a differenza di quello esterno che è generalizzato a tutte le operazioni intracomunitarie tra soggetti iva, rappresenta un eccezione alla regola generale dell’applicazione dell’iva basata sul meccanismo di detrazione-rivalsa e proprio perché non generalizzato soggiace a delle norme particolari non sempre di facile interpretazione, motivo per il quale più volte l’Agenzia delle Entrate è dovuta intervenire con apposite circolari.
Utilizzato inizialmente nel nostro ordinamento solo per taluni casi ove era necessario emettere autofattura, quale per esempio in presenza di omessa fatturazione del cedente, esso venne introdotto in Italia con la Legge n. 7 del 2000, per le cessione di oro industriale e solo attraverso apposita opzione anche per le cessioni di oro da investimento con lo scopo di liberare gli operatori del settore dall’ ingente onere finanziario dovuto al pagamento della relativa all'imposta.
Successivamente l’applicazione del reverse charge fu esteso ad altre tipologie di operazioni al fine di combattere il fenomeno delle frodi Iva.
E’ importante sottolineare, che in considerazione del fatto che esso costituisce una deroga al normale regime iva che é un tributo armonizzato anche l'istituto del reverse charge deve trovare fondamento a livello europeo.
Per tale motivo la problematica dell'eventuale ampliamento del sistema dell'inversione contabile, al fine di combattere i crescenti fenomeni fraudolenti ed evasivi, ha interessato la Commissione Europea che è intervenuta con più Direttive.
La prima Direttiva n. 2006/69/CE del 24 luglio 2006 ha lasciato la facoltà agli Stati membri, di applicare l'inversione contabile per i settori maggiormente a rischio di evasione. Successivamente è intervenuta la direttiva 2006/112/CE che è stata ulteriormente modificata attraverso l’introduzione delle direttive 42 e 43 del Consiglio dell’Unione Europea del Luglio 2013.

Articolo del:


di Dott.ssa Anna Marchese

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