PSICHE E SOMA: le parole del corpo


Malesseri, dolori, disfunzioni, sono segnali che il nostro corpo invia per dirci qualcosa. Facciamo i conti con la somatizzazione?
PSICHE E SOMA: le parole del corpo
Quando ci guardiamo allo specchio vediamo l’immagine del nostro corpo: ogni parte con ogni dettaglio, eppure vedere il "dietro" non è facile, né possiamo vederne l’interno, i pensieri o le emozioni; il nostro corpo però contiene ed esprime anche tutto ciò, lo fa in ogni momento, ed è proprio per queste sue miracolose capacità che non dovrebbe essere scontato ciò che ha da dire. Invece il più delle volte noi investiamo il nostro corpo di compiti solo "estetici", valutandolo in base a questi stessi parametri. Ciò fino a quando non si "rompe".

Malesseri, dolori, incidenti, malattie, disfunzioni, fobie, comportamenti compulsivi, ecco solo alcuni dei segnali che il nostro corpo invia per dirci qualcosa, per richiamare la nostra attenzione su ciò che non è affatto soltanto un involucro.

Così spesso siamo costretti da sintomi fisici a dedicare attenzione a parti del nostro corpo o ad esso nella sua interezza, ed altrettanto frequentemente ci troviamo a fare i conti con due parole: psicosomatico e somatizzazione.

In entrambi i casi si tratta di termini che rimandano ad un collegamento potente, che lega il corpo al resto di noi, che ne fa un tutto unico, che funziona, sente, ricorda e parla attraverso segnali che troppo spesso siamo disposti ad ascoltare solo se urlano a gran voce.

Consideriamo ad esempio la pelle, essa dice moltissimo, perciò diventa molto interessante prenderne in esame le diverse funzioni in qualità di mediatore tra l'organismo e il mondo esterno, consideriamone alcune.

Protezione: in quanto barriera anatomica, confine, la pelle costituisce la prima linea di difesa dell'organismo contro le aggressioni esterne. In ottica comunicativa, ovvero uscendo dalle maglie di una strettissima logica medica, tutto ciò che si manifesta in termini di eruzione o avvallamento potrebbe pertanto intendersi sia in direzione fuori-dentro, quindi come ciò che rivela una reazione del corpo in opposizione a ciò che proviene dal mondo ed è percepito invadente o corrosivo, e sia in direzione dentro-fuori, quindi come ciò che rivela una reazione del corpo rispetto a ciò che si cova dentro, che macera, ribolle e che, essendo trattenuto, NON è espresso al mondo in modo diretto. Il luogo cutaneo in cui tutto ciò si manifesta, rendendo visibile, quindi esplicito il segno (ad esempio viso e mani) o nascosto (ad esempio l’inguine), può fornire ulteriori elementi di auto esplorazione e divenire occasione di consapevolizzazione, che è poi la condizione attraverso la quale si può arrivare ad una più sana strategia di affermazione delle proprie istanze.

Sensibilità: funzione che media il senso del tatto, ovvero pelle come luogo del contatto con il mondo che, in forma sensoriale, viene tradotto in morbido, liscio, ruvido, pungente, caldo, freddo ecc. In ottica comunicativa tutto ciò che si manifesta come iper o ipo sensibilità cutanea può essere letto anche per "misurare" quale potere ha il contatto con ciò che proviene dal mondo; ad esempio potrebbe essere interessante chiedersi se ci sono fattori ai quali fino ad ora abbiamo dato poca importanza, come, ad esempio, quale peso assuma un tocco altrui, se una carezza è "letta" diversamente in termini di sensibilità quando essa, pur essendo analoga come tipo di contatto, provoca piacere in taluni casi, fastidio in altri, oppure se essa è ricercata o evitata. Ancora potrebbe essere interessante soffermarsi sul concetto di soglia del dolore.

Controllo dell'evaporazione: la pelle è una barriera asciutta, relativamente impermeabile, contro la perdita di liquidi, che regola l'escrezione di elettroliti tramite la sudorazione. Anche la quantità di liquido emesso, nonché il suo connotato olfattivo, oltre che il luogo in cui la sudorazione è incongrua (mani, piedi, volto, ascelle, busto ecc.), possono essere riletti in chiave comunicativa, l’iperidrosi ad esempio, ovvero una sudorazione che supera la quantità necessaria all'organismo per mantenere costante la temperatura corporea, potrebbe rivelarsi idonea a riconsiderare alcuni messaggi quali, per fare un esempio, il divario che c’è tra ciò che si vorrebbe realmente e ciò che si propone agli altri. In altre parole sarebbe interessante domandarsi: quale messaggio potrebbe sottostare in chi soffre di iperidrosi palmare e si sente "costretto" a dare spesso la mano?

Attrazione sessuale: negli animali la pigmentazione cutanea spesso è associabile a segnali di comunicazione sessuale nonché di difesa, il colore rosso ad esempio, propone messaggi analoghi in diverse specie animali, perciò è interessante approcciarsi alla cute umana in questa ottica, riferendosi cioè alla sua pigmentazione come ad un segno di comunicazione afferente all’area delle emozioni non solo contestuali (come il rossore delle guance in caso di imbarazzo), ma durature, ovvero messaggi profondi affidati al rivestimento del corpo. La vitiligine, per fare un esempio, è una malattia non contagiosa, caratterizzata dalla comparsa sulla cute, sui peli o sulle mucose, di chiazze non pigmentate, ovvero di zone dove manca del tutto la fisiologica colorazione dovuta alla melanina, il bianco è il colore che la contrassegna. La vitiligine trasforma l’aspetto del manto cutaneo e ciò consente di guardarlo in modi diversi, ovvero: come una copertura che si sta aprendo (squarci in una corazza), come una copertura che sta tornando virginale (purificazione), come una muta (similar-mente ai serpenti), come una espressione tribale (simbologia rituale) ecc. Anche in questo caso il luogo corporeo in cui si esprime la pigmentazione, dunque la sua visibilità, come il filtro della cultura di appartenenza (familiare e sociale) e, non ultimo, l’assetto religioso che modula il pensare e l’agire, sono tutti elementi che possono essere riconsiderati, perciò resi utili a sviluppare con se stessi e per se stessi un vocabolario nuovo, meno superficiale e scontato.

Gli esempi potrebbero continuare, ma ciò che resta evidente è che ogni persona ha il suo tallone d’Achille, ovvero zone corporee più delicate, soggette ad indebolimenti e danneggiamenti, aree che si sensibilizzano per prime, però frequentemente noi NON ci fermiamo a pensare che esse possano essere anche indicatori che si accendono per avvisare di un malfunzionamento, un po’ come accade con le spie dell’automobile.

Spesso infatti prestiamo più attenzione alla nostra macchina che al nostro corpo.

È vero che per la prima abbiamo in dotazione un libretto di istruzioni che ci aiuta a decodificarne i segnali, ma questa non è una buona ragione per dimenticare che per il secondo abbiamo l’esclusivo onore/onere di scriverne uno, unico come noi. Un manuale per ogni individuo, il cui incipit è un monito che recita: "Occorre essere in armonia con l’identità fisica che ci contiene e ci esprime, e bisogna accettare che il corpo usa parole che spesso la mente fatica a comprendere".

Inevitabile è allora porsi una domanda: qual è il vantaggio secondario che abbiamo nel seguitare a far finta di niente?



Riferimenti bibliografici dell’articolo:

Ulnik Jorge, La pelle in psicoanalisi, Astrolabio, Roma 2011

Fausto Agresta, Il linguaggio del corpo in psicoterapia, Alpes Italia, Roma 2010

Giuseppe Sacco, Donato Testa, Biofeedback e psicosomatica, Franco Angeli, Milano 2012

Articolo del:


di Dr.ssa Paola Ancarani

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