Il lavoratore in malattia: attività consentite


Quali sono le attività consentite al lavoratore durante la malattia al fine di evitare il licenziamento o altra contestazione disciplinare.
Il lavoratore in malattia: attività consentite
Premessa
La giurisprudenza degli anni ‘80 era caratterizzata da un favor verso il lavoratore per cui le attività da egli svolte durante la malattia non erano tali da giustificare il licenziamento se rese a favore di familiari o se di tipo ludico. Successivamente si sono ammessi i controlli da parte del datore di lavoro, ammettendo quelli investigativi sulle attività svolte dal dipendente in malattia senza che ciò possa costituire una violazione della privacy, né degli artt. 5 e 8 dello Statuto dei Lavoratori. Una svolta in senso rigorista si è avuta tra la fine degli anni ‘90 e il primo decennio degli anni 2000. Di particolare rilevanza in tal senso sono Cass. Sez. Lav. n. 10706/2008 e n. 14046/2005 la quale ultima ha affermato che: "Lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può giustificare il recesso del datore di lavoro, in relazione alla violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, dimostrando, quindi, una fraudolenta simulazione, anche nel caso in cui la medesima attività, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione e il rientro in servizio, con conseguente irrilevanza della tempestiva ripresa del lavoro alla scadenza del periodo di malattia" (Conf. Cass. n. 17128/2002, n. 15621/2001, n. 15827/2000). La recentissima sentenza n° 5989/2016 ha confermato questo orientamento.

Cosa può fare il lavoratore in malattia?
Dunque i parametri fondamentali affinché il lavoratore possa svolgere attività in malattia sono fondamentalmente tre: 1) la veridicità della malattia: se l’attività svolta è incompatibile con la malattia, ne consegue la licenziabilità del lavoratore per violazione degli obblighi di fedeltà; 2) l’obbligo del lavoratore di astenersi da tutte quelle attività che possano compromettere o ritardare la sua guarigione; 3) l’attività svolta dal lavoratore in malattia non deve essere utile al datore di lavoro; il che implica che se il lavoratore è in grado di svolgere attività di una certa gravosità per i propri interessi o svaghi, altrettanto egli può prestare le sue residue capacità lavorative in favore del datore di lavoro.

Come valutare il comportamento del lavoratore?
Ogni valutazione non può che essere di tipo medico-legale e ogni accertamento sarà ex post, come ribadito in ultimo anche da Cass. n. 4237/2015.
La Corte di Cassazione ribadisce il principio per il quale, nell’ordinamento, non esiste alcuna espressa preclusione all’esercizio, da parte del lavoratore assente per malattia, di attività lavorativa o ludica, seppur con i tre limiti visti sopra. La Corte però afferma che il lavoratore al quale sia contestato in sede disciplinare di avere svolto un altro lavoro durante un'assenza per malattia, ha l'onere di dimostrare la compatibilità dell'attività con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa contrattuale e la sua inidoneità a pregiudicare il recupero delle normali energie psicofisiche, restando peraltro le relative valutazioni riservate al giudice del merito all'esito di un accertamento da svolgersi non in astratto ma in concreto. Lo svolgimento di altra attività, infatti, sia essa ludica, sia essa lavorativa, può costituire indice della simulazione fraudolenta dello stato di malattia tutte le volte in cui sia incompatibile con la patologia che giustifichi la assenza dal posto di lavoro.
Anche il mero pericolo di aggravamento delle condizioni di salute o di ritardo nel recupero dell’integrità psicofisica del lavoratore sono indici di un grave inadempimento contrattuale.
Una parte della giurisprudenza onera il datore di lavoro di dimostrare che l’attività posta in essere dal lavoratore durante la malattia abbia compromesso o ritardato la guarigione del dipendente assente; un’altra parte onera invece il lavoratore. La giurisprudenza più recente si colloca nel solco di questo secondo orientamento e sottolinea che il lavoratore al quale sia stato intimato il licenziamento per aver svolto un altro lavoro durante il periodo di assenza per malattia, ha l’onere di dimostrare la compatibilità di tale attività con la malattia impeditiva della prestazione lavorativa contrattuale e la sua inidoneità a pregiudicarne il pieno recupero.

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di avv. Simone Barni

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