Anoressia, bulimia, obesità: cause psicologiche?


Le cause di questi disturbi sono psicologiche: per curarli occorre rivolgersi a uno psicologo esperto nel campo
Anoressia, bulimia, obesità: cause psicologiche?
Anoressia, bulimia e obesità non sempre vengono considerati disturbi aventi qualcosa in comune. Tuttavia l'esperienza clinica mostra che in tutti e tre questi disturbi si ritrova una causa di ordine psicologico. E in tutti e tre si riscontra, dietro un'apparenza di normalità, una profonda sofferenza psicologica e sensibili difficoltà nella possibilità di stabilire relazioni affettive soddisfacenti.
L'anoressia, e la bulimia che, giustamente, viene considerata il rovescio della medaglia dell'anoressia, sono accomunate da una particolare sensibilità verso il corpo, la sua cura, la sua estetica. Questa cura dell' aspetto esteriore nasconde però un vissuto profondo di inadeguatezza.
Il proprio corpo è ritenuto brutto, e, in particolare nelle donne, non desiderabile per un eventuale partner.

Nell'obesità, che in alcuni casi può avere un'origine organica - ad esempio una disfunzione endocrinologica - l'incidenza dei fattori psicologici è ampiamente sottostimata (mentre gioca un ruolo significativo), il corpo sembra invece trascurato, in qualche modo dimenticato.
In tutti e tre i casi si è lontani dal poter accedere ad una identificazione di genere che permetta l'entrata nella dimensione del desiderio sessuato.
In tutti questi casi, pur con le dovute differenze, ci si trova, potremmo dire, un passo prima dell'assunzione di un corpo sessuato, femminile o maschile, adulto.
La questione in gioco è precedente: qualcosa ha interrotto il percorso, un percorso psicologico oltre che fisico, verso l'assunzione di un'identità sessuale adulta.

Il punto che riguarda l'accettazione del proprio corpo, della sua piacevolezza, un punto che ha una rilevanza psicologica precisa, specie per le donne, è un punto ancora in sospeso, come se il soggetto non potesse compiere un passo in avanti perché chiuso, trattenuto, da un vissuto di sofferenza indicibile, che, letteralmente, non può dirsi.
Una sorta di barriera si è innalzata per separare il soggetto dagli altri: la sua sofferenza, e l'impossibilità di accettare il proprio corpo vedendone la piacevolezza, si è come congelata, riportando a un comportamento che tocca la prima delle funzioni di contatto con l'Altro: l'alimentazione.
Alimentarsi è infatti il primo modo di rapportarsi all'Altro, l'Altro delle cure materne in particolare: non è solo un mezzo per soddisfare un bisogno fisiologico vitale, è anche il veicolo delle prime comunicazioni d'amore tra il bambino e la madre che nutre.

Il nutrire e l'essere nutriti rimandano quindi a significati profondi e vitali: il soggetto sofferente di disturbi alimentari deve arrivare a confrontarsi con questi significati, sostenuto in questo percorso da un esperto nel campo, per poter fare un passo decisivo sulla via di una cura veramente efficace.

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di dott.ssa Silvia Busnelli

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