Stupefacenti: come usufruire della riforma


Anche chi ha subito una condanna divenuta definitiva potrà beneficiare della nuova disciplina
Stupefacenti: come usufruire della riforma
Le recenti pronunce in materia di stupefacenti hanno ridisegnato nuovi scenari più favorevoli sia per gli imputati dei reati di spaccio, sia per chi è già stato condannato con sentenza definitiva per i medesimi reati. In particolare, con la sentenza n. 32 del 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità, tra l’altro, anche della legge n.49/2006 (conosciuta come legge Fini-Giovanardi) che aveva abolito la distinzione tra droghe leggere e droghe pesanti, precedentemente sussistente ed utilizzata dai Tribunali prevalentemente come criterio per la determinazione della pena.

Senza addentrarci inutilmente sui motivi di natura strutturale (relativi ad un ritenuto abuso della decretazione d’urgenza da parte del Governo) che hanno portato alla suddetta pronuncia, sta di fatto che quale immediata conseguenza della citata sentenza della Corte Costituzionale, la L. 49 del 2006 non è più in vigore e riprende così applicazione l’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990, nel testo anteriore alle modifiche (legge Jervolino-Vassalli), con conseguente ripristino della relativa distinzione giuridica tra "droghe leggere" e "droghe pesanti". Tale effetto (a norma degli artt. 136 Cost. e 3, comma 3, L. 11 marzo 1953, n. 87) si produce dal giorno successivo alla pubblicazione, nella specie avvenuta il 5 marzo 2014 (G.U. n. 11, 1 Serie Speciale). In concreto, l’intervento della Corte ha reintrodotto un regime sanzionatorio maggiormente gravoso per le cd. "droghe pesanti", di cui alle tabelle I e III dell’art. 14 del d.P.R. 309/90 (la previsione sanzionatoria reintrodotta dalla pronuncia della Corte Costituzionale fissa un minimo edittale della pena detentiva in otto anni, a differenza dei sei anni previsti dalla disposizione dichiarata incostituzionale) ma più favorevole per le cd. "droghe leggere" (quelle indicate nelle tabelle II e IV), per le quali la reintrodotta disciplina stabilisce la pena della reclusione da due a sei anni, oltre che la multa da 5.146 a 77.468 euro. Se questo è indubbio per chi commetta un reato inerente agli stupefacenti a partire dal 06 marzo 2014, ci si chiede, invece, quale trattamento sanzionatorio debba riservarsi a chi abbia commesso un reato dello stesso genere dal 27 febbraio 2006 al 06 marzo 2014. In caso di successione di leggi penali nel tempo si applica, in ogni caso, la norma più favorevole al reo fra quelle del tempo in cui il reato è stato commesso e quelle successive.

Nel caso di specie:
- se il reato riguarda droghe pesanti, per chi dal 2006 al 2014 abbia coltivato, prodotto, fabbricato, raffinato, estratto, venduto, ceduto (anche regalato), commerciato, esportato, importato, procurato ad altri, inviato, consegnato o comunque detenuto, sussiste, dunque, il diritto di fruire anche della normativa dichiarata incostituzionale perché più favorevole (pena minima di sei anni)
- se il reato riguarda droghe leggere si applica sempre la normativa abrogata nel 2006 e reintrodotta dalla pronuncia della Corte Costituzionale (pena minima di due anni)

Un’ulteriore conseguenza, forse la più interessante, delle modifiche di cui sopra si è avuta nell’appena trascorso maggio 2014, allorquando è intervenuta la Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su una questione più generale rispetto alle norme in materia di stupefacenti ovvero "se la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale diversa da quella incriminatrice, ma che incide sul trattamento sanzionatorio, comporti una rideterminazione della pena in sede di esecuzione, così vincendo la preclusione di giudicato".
La Corte di Cassazione si è espressa a riguardo in termini affermativi, così fissando il principio generale secondo cui l’illegittimità di una norma travolge anche le condanne già diventate definitive, principio che ha assunto particolare importanza all’indomani della bocciatura della legge Giovanardi - Fini. In sostanza, è stato riconosciuto l’effetto retroattivo, sulle condanne definitive, del pronunciamento della Corte Costituzionale, con la conseguenza che chi si trova attualmente in carcere per effetto della decaduta legge 49/2006 (ad eccezione dei detenuti condannati in via definitiva per spaccio di droghe pesanti connesso con l’associazione a delinquere), potrà chiedere di rivedere la propria condanna per sopraggiunte ragioni normative. Ciò significa che detenuti e condannati potranno rivolgersi ai giudici dell’esecuzione mediante istanze che di fatto imporranno di riaprire il processo per procedere ad una nuova quantificazione della pena, come già successo nei Tribunali di Trento, Mantova e Pisa. Fonti dell’amministrazione penitenziaria, infatti, stimano essere tra i tremila ed i quattromila i detenuti che potrebbero beneficiare della predetta sentenza. Per ogni ulteriore delucidazione e chiarimento richiedete pure la consulenza gratuita.

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di Avvocato Stefano Antenucci

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