La capacità di agire in giudizio del condomino


Il singolo condomino può agire in giudizio o appellare una sentenza sfavorevole nel caso in cui l'assemblea vi abbia rinunciato?
La capacità di agire in giudizio del condomino
Il Condominio viene qualificato, in dottrina e giurisprudenza, quale "ente di gestione", organismo che che non ha una personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, la cui attività è gestita attraverso l'impulso dell'amministratore che è l'organo preposto, salvo obbligo di rendiconto all'assemlblea.
Ci si è posto il problema se il singolo condomino possa, per la tutela dei propri diritti, agire individualmente sia iniziando un giudizio, sia appellando una eventuale sentenza che si stata sfavorevole per il condominio.
La risposta è sicuramete affermativa, la Corte di Cassazione si è più volte soffermata sul punto (fra le tante si segnala la sentenza n.25288 del 2015) arrivando ad affermare che anche nel caso in cui l'assemblea condominiale abbia transatto la lite, il condomino dissenziante possa proporre l'azione o l'appello, senza bisogno di impugnare la delibera che abbia approvato la transazione.
Il diritto del condomino ad agire in giudizio, ovvero ad appellare la sentenze e persino ricorrere in Cassazione, non può essere compresso dalla volontà dell'assemblea.
La delibera che abbia approvato la transazione della lite non è, quindi, vincolante nei confronti dei condomini dissenzianti, i quali non hanno bisogno di impugnarla per venificarne gli effetti, che si attuano nei confronti dei soli condomini consensienti, ed esonerano quindi l'amministratore da ogni responsabilità per non aver agito in giudizio, ovvero impugnato la sentenza sfavorevole.
Il condomino quindi potrà impugnare la sentenza, anche quando il condominio sia rimasto contumace nel primo grado di giudizio, e ciò per la stessa struttura della compagine condominiale che, come si è detto, è un ente di gestione e quindi non si sovrappone al diritto del singolo condomino ad impugnare.
Chiarisce la Suprema Corte nella sopra citata sentenza che:
E' stato altresì affermato che il condomino di un edificio conserva il potere di agire a difesa non solo dei suoi diritti di proprietario esclusivo, ma anche dei suoi diritti di comproprietario "pro quota" delle parti comuni, con la possibilità di ricorrere all'autorità giudiziaria nel caso di inerzia dell'amministrazione del condominio, a norma dell'art. 1105 c.c., dettato in materia di comunione, ma applicabile anche al condominio degli edifici per il rinvio posto dall'art. 1139 c.c.; ha inoltre il potere di intervenire nel giudizio in cui la difesa dei diritti dei condomini sulle parti comuni sia stata già assunta legittimamente dall'amministratore, nonchè di esperire i mezzi di impugnazione necessari ad evitare gli effetti sfavorevoli della pronuncia resa nei confronti di tale organo rappresentativo unitario; conseguentemente il condomino può, a tutela dei suoi diritti di comproprietario "pro quota", agire in giudizio e resistere alle azioni da altri promosse anche allorquando gli altri condomini non intendano agire o resistere in giudizio, avendo il suo potere carattere autonomo (Sez. 2, Sentenza n. 8479 del 06/08/1999 Rv. 529205).
Il potere del condomino di agire in giudizio non trova, quindi, limiti nel comportamento degli altri condomini o dell'assemblea, fatto salvo il caso in cui la delibera condominiale regoli interessi diettamente collettivi e diretti al funzionamento corretto dei servizi condominiali (ad esempio la nomina dell'amministratore), in qual caso il condominio dissenziante dovrà impugnare la delibera rappresentando eventuali cause di nullltà e/o annullabilità ( Cass.Sez.Unite n.19663 del 2014).

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di Avv. Giovanni Cigliola

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