Equa riparazione


La decorrenza del termine di gg.30 per la notifica del decreto ingiuntivo
Equa riparazione
La controversia giunta sino all’esame del Supremo Collegio prende origine da un decreto ingiuntivo per equa riparazione emesso dalla Corte d’appello di Lecce che viene opposto dal Ministero della Giustizia al fine di far valere l’eccezione di inefficacia a norma dell’art.5 comma 2 Legge n.89/2001, per tardiva notifica del provvedimento in quanto asseritamente avvenuta oltre il termine di gg.30 dal deposito del provvedimento medesimo. La difesa dell’opposto resisteva sostenendo che il termine in questione era stato rispettato perché decorrente dalla comunicazione a mezzo pec della cancelleria, non potendosi identificare il dies a quo con la data di deposito del decreto ingiuntivo (tra l’altro cartaceo e non in formato elettronico), tanto desumendosi dagli artt. 16 D.L. 179/2012 e 45 comma 4° disp. att. cpc e dell’orientamento espresso dal Ministero della Giustizia nella nota Circolare esplicativa resa in data 28 ottobre 2014, oltre che in virtù del principio di affidamento sulla tempestiva (come di regola avviene) comunicazione a mezzo pec del provvedimento da parte della cancelleria.
La Corte di merito leccese accoglie l’opposizione del Ministero, e per di più condanna la parte opposta anche alle spese di lite in ragione di €2.000,00.
Avverso detto provvedimento ricorre per cassazione la soccombente parte opposta denunziando, a motivi del ricorso, l’omesso esame di un fatto decisivo e discusso tra le parti ex art.360 n.5, id est la ritardata comunicazione a mezzo pec del decreto ingiuntivo da parte della cancelleria, e la violazione dell’art.16 D.L. 179/2012 e 45 comma 4° disp. att. cpc nonché del principio di affidamento.
La Suprema Corte con sentenza n.7185/2017 del 21.3.2017 da ragione alla parte ricorrente, cassando con rinvio il provvedimento gravato, sul rilievo che "sebbene l’art.5, comma2, legge n.89/01 preveda che il decreto diventi inefficace qualora la notificazione non sia eseguita nel termine di trenta giorni dal deposito in cancelleria del provvedimento, deve ritenersi che tale termine decorra dalla comunicazione del decreto stesso alla parte ricorrente. Ciò si desume sia dal 4° comma della stessa norma, in base al quale il decreto che accoglie la domanda è altresì comunicato al procuratore generale della Corte dei conti e ai titolari dell’azione disciplinare, sia dalla sostanziale continuità normativa rispetto al testo precedente del medesimo art.5, che prima delle modifiche apportate dal D.L. n.83/12 disponeva espressamente che il decreto fosse comunicato, oltre che alle parti, alle suddette autorità...". La Corte ha, dunque, svolto un’interpretazione dell’art.5 comma 2 di cui non constano precedenti e che va pleno iure condivisa. Ciò nondimeno si aggiungono alla soluzione prospettata dalla Corte di legittimità altre considerazioni degne di interesse, poste a base del ricorso per cassazione, inerenti al processo telematico. Infatti, la singolarità del caso e l’assenza di precedenti costituivano la premessa per rappresentare la necessità di adeguare e coordinare norme preesistenti al processo civile telematico (PCT), come per l’appunto l’art.5 L. n.89/01, con le regole da quest’ultima realtà operativa introdotte e rese vincolanti per gli operatori, con ogni conseguenza anche in tema di principio di affidamento ingenerato nell’utente, come l’avvocato.
Premesso che ai sensi dell’art.3 della precitata legge, la domanda di equa riparazione si propone con ricorso, il cui deposito può avvenire in forma cartacea, è pur vero che la cancelleria, in conformità con il quadro normativo che presiede al PCT, provvede alla formazione del fascicolo informatico in cui, infatti, confluiscono tutti i correlati eventi ed atti successivi all’iscrizione a ruolo. Infatti, l’art. 9 del D.M. 44/2011 (c.d. "regole tecniche del processo telematico") significativamente dispone che il fascicolo informatico contenga non solo gli atti, i documenti, gli allegati, le ricevute di posta elettronica certificata e i dati del procedimento medesimo da chiunque formati, ma anche, per quanto qui maggiormente rileva, «le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo».
A questo punto si è posta la quaestio iuris, poi culminata nella pronunzia della Corte di Cassazione, consistente nel fatto controverso se il termine di gg.30 di cui all’art.5 comma 2° L. n.89/2001, ai fini della tempestività della notifica del decreto ingiuntivo, dovesse computarsi dal suo deposito in cancelleria (indipendentemente se cartaceo o firmato digitalmente dal magistrato d’appello designato) ovvero dalla comunicazione del biglietto di cancelleria trasmesso a mezzo pec con il corredo dell’allegato provvedimento integrale (che allo stato è l’unico strumento con cui, in ossequio alle norme in materia di PCT, il provvedimento depositato viene rettamente portato a conoscenza del c.d. soggetto abilitato esterno).
La questione non poteva risolversi sbrigativamente e rigorosamente sulla base del dato testuale dell’art.5 comma 2° L.89/01, escludendone ogni operazione ermeneutica, come aveva sostenuto la Corte salentina, visto che, come detto, il Supremo Collegio ha invece ricercato l’enunciata soluzione attraverso un’interpretazione logico-teleologica dell’intera norma, non limitandosi al solo secondo comma.
A ben vedere la suddetta norma, immaginata nel vigore del processo "analogico", non poteva certo automaticamente coordinarsi con le sopravvenute regole ed obblighi nascenti dal PCT e dalla conseguente dematerializzazione degli atti, onde era necessaria, diversamente da quanto opinato dalla Corte leccese, una "operazione ermeneutica" di carattere evolutivo.
Con l’entrata in vigore ed a regime del PCT anche in ordine ai procedimenti di competenza delle Corti d’appello, sono mutate non solo le prassi, ma anche le regole di funzionamento e di rapporto delle cancellerie, in special modo per quanto concerne le comunicazioni relative al fascicolo telematico.
Con precipuo riferimento ai procedimenti per equa riparazione, le cancellerie delle corti d’appello hanno dovuto recepire le regole tecnico-normative afferenti al fascicolo telematico, conformandosi al disposto di cui all’art.15 comma 4° D.M. 21.2.2011 n.44 (nonché all’art. 16, comma 3°, delle specifiche tecniche del p.c.t. del 16 aprile 2014) che così recita: ".....Se il provvedimento del magistrato è in formato cartaceo, il cancelliere o il segretario dell’ufficio giudiziario ne estrae copia informatica nei formati previsti dalle specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34 e vi appone la sua firma digitale, ove previsto."
Non v’è dubbio, pertanto, che in applicazione degli artt.16 D.L. 179/2012 e 45 comma 4° disp. att. cpc, secondo cui le comunicazioni prescritte dalla legge verso un soggetto abilitato esterno (Avvocati e Ctu) dotato di pec sono eseguite dal cancelliere esclusivamente attraverso la casella di posta elettronica certificata dell’ufficio giudiziario mittente, in base all’art. 16 comma 2° stesso D.M. il cancelliere deve provvedere alla relativa comunicazione della copia informatica del provvedimento a mezzo pec all’avvocato abilitato, in perfetta analogia con quanto avviene per i decreti ingiuntivi ordinari a mente dell’art.16 bis, comma 4 del D.L. 179/2012.
A confermare l’obbligatorietà di tali adempimenti è intervenuto anche il Ministero della Giustizia nella nota Circolare resa il 23 ottobre 2015 (edita su www.giustizia.it, Strumenti, Decreti, circolari, provvedimenti e note) la quale, aggiornando e sostituendo le precedenti circolari della Direzione Generale della Giustizia Civile del 27.6.2014 e del 28.10.2014 in materia di PCT, costituisce un "testo consolidato" che al paragrafo n.10, intitolato "Comunicazione integrale dei provvedimenti del giudice", prevede che "Nelle ipotesi in cui il giudice depositi un provvedimento su supporto cartaceo, è necessario che la cancelleria ne acquisisca copia informatica al fine di adempiere all’obbligo di cui all’art. 45 disp. att. c.p.c., come modificato dall’art. 16 d.l. n. 179/2012. La norma richiamata, infatti, così dispone: "Il biglietto contiene in ogni caso l’indicazione dell’ufficio giudiziario, della sezione alla quale la causa è assegnata, dell’istruttore se è nominato, del numero del ruolo generale sotto il quale l’affare è iscritto e del ruolo dell’istruttore, il nome delle parti ed il testo integrale del provvedimento comunicato". Solo l’integrale acquisizione di copia informatica del provvedimento cartaceo del giudice consente, infatti, l’invio del biglietto telematico di cancelleria contenente copia integrale del provvedimento, in modo da far decorrere i termini per l’impugnazione. Si ricorda, a tal proposito, che l’art. 45, lett. b), d.l. n. 90/2014, ha modificato la formulazione dell’art. 133 c.p.c., introducendo l’obbligo di dare notizia alle parti del deposito della sentenza mediante biglietto contenente non più il solo dispositivo, ma il testo integrale della sentenza medesima, così armonizzando le due disposizioni in questione."
In coerenza con il richiamato impianto normativo, anche da tale circolare, risulta, quindi, confermato che l’integrale acquisizione di copia informatica del provvedimento del giudice (laddove questo sia nativamente cartaceo, come è stato nella fattispecie) implica l’obbligo ("è necessario") dell’invio del biglietto telematico di cancelleria contenente copia integrale del provvedimento al soggetto abilitato esterno (id est avvocato) destinatario della comunicazione.
È, dunque, ragionevole ritenere che, nel sistema del processo telematico, solo a far data dall’espletamento di tale incombente da parte della cancelleria (e non invece dal momento, antecedente, del mero deposito cartaceo in cancelleria) possa prendere a decorrere per la parte ricorrente il termine per la notificazione del ricorso e del pedissequo decreto "Legge Pinto" alla controparte, a dispetto del tenore letterale dell’art. 5 l. 89/2001, norma dettata nel vigore del processo esclusivamente analogico.
A ragionare diversamente, infatti, si dovrebbe immaginare l’esistenza di un gravosissimo onere di verifica giornaliera da parte dell’avvocato, il quale sarebbe costretto a recarsi fisicamente in ciascuna cancelleria dell’ufficio giudiziario in cui opera, onde verificare se siano stati emessi provvedimenti in controversie nelle quali è costituito.
Si tratta, come è agevole comprendere, di un onere inesigibile, non solo perché si tradurrebbe in un regime notevolmente deteriore per l’avvocato rispetto a quello vigente nel procedimento di ingiunzione - ove il difensore riceve immediata comunicazione telematica del decreto, al fine di provvedere per tempo ai successivi incombenti - ma anche perché si porrebbe in contrasto con la ratio del processo telematico, volta a semplificare le incombenze meramente materiali (es.: depositi degli atti, code in cancelleria) a tutto vantaggio delle attività più qualificanti (consistenti ad es. nella redazione degli atti).
In definitiva, nel sistema introdotto con il processo telematico, dall’onere in capo alla cancelleria di provvedere alla trasformazione in digitale dei provvedimenti giudiziari depositati in formato cartaceo ed alla loro immediata comunicazione alle parti costituite, discende che il primo momento di oggettiva conoscibilità del provvedimento giudiziario (depositato in cancelleria in formato analogico) è quello della sua comunicazione; comunicazione, sulla cui tempestività il difensore può nutrire un ragionevole affidamento.
A tal ultimo riguardo, infatti, proprio in virtù delle norme sopra esaminate che impongono alla cancelleria, nell’ipotesi in cui il giudice depositi un provvedimento su supporto cartaceo, di acquisirne copia informatica al fine di adempiere all’obbligo di cui all’art. 45 disp. att. c.p.c., come modificato dall’art. 16 d.l. n. 179/2012, e quindi alla comunicazione del biglietto di cancelleria all’avvocato abilitato e munito di pec, deriva il ragionevole affidamento di quest’ultimo soggetto a ricevere detta comunicazione ed a computare da essa il termine per la notifica del caso.

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di Angelo Frabasile

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