Gli Enti di tipo associativo


Panoramica degli enti di tipo associativo (parte I)
Gli Enti di tipo associativo
Il settore del non profit comprende una vasta gamma di attività svolte da soggetti collettivi (societari, non societari, associativi, eccetera), non aventi finalità di lucro. Questi enti, per la loro natura "assistenziale" godono di agevolazioni fiscali rispetto alle categorie commerciali e di servizi.

Per considerarsi non profit, l'ente deve avere un oggetto esclusivo o principale non commerciale. L’attività svolta nei confronti dei soci e dei partecipanti, se esercitata nell'ambito delle finalità istituzionali e in assenza di corrispettivo specifico, è "intassabile". I contributi degli associati, finalizzati allo svolgimento dell'attività comune dell'associazione, sono simili ai conferimenti societari, la cui irrilevanza fiscale discende dal riconoscimento della loro natura non reddituale. L’attività esterna di tali associazioni, cioè quella rivolta ai terzi in genere, non associati o partecipanti, resta commerciale ed è esclusa dall’applicazione delle disposizioni agevolative.

Ai fini normativi ci si deve riferire:
- per le associazioni riconosciute (disciplinate congiuntamente alle fondazioni), agli articoli 14-35, cc;
- per le associazioni non riconosciute, agli articoli 36-38, cc.

Tuir:
- articoli da 143 a 147;
- la specifica disciplina di favore dell'articolo 148

L'articolo 148 del Tuir stabilisce che:
- non è considerata commerciale l'attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo;
- le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo; rientrano, invece, nell'esercizio di attività commerciali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari, determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto

Tali corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo:
- se le relative operazioni hanno carattere di abitualità, come componenti del reddito d'impresa;
- se le stesse prestazioni sono occasionali, come redditi diversi per le associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali, sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona

Le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un'unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati, non si considerano commerciali.

Disciplina IVA
L'articolo 5, comma 2, del Dl n. 460/1997, ha innovato la disciplina IVA degli enti associativi. In particolare, le modificazioni all'articolo 4, comma 4, del DPR n. 633/1972, hanno escluso dall'ambito della "commercialità" le cessioni di beni e le prestazioni di servizi "istituzionali", anche verso corrispettivo specifico, ai soci, associati, partecipanti a organizzazioni "affiliate", tranne che per l’organizzazione di viaggi e soggiorni turistici da parte delle stesse associazioni di promozione sociale. In base a quanto previsto dall’articolo 4, comma 5, lettera g), del DPR n. 633/1972 restano assoggettate ad IVA grazie alla presunzione assoluta di commercialità disposta.

Articolo del:


di Angelo Facchini

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse