Merchandising, ovvero sfruttare il marchio noto


E' possibile far conoscere il proprio marchio, sfruttando l'immagine di un attore, un atleta, una locandina di film?
Merchandising, ovvero sfruttare il marchio noto
Il merchandising, com’è noto, è una tecnica di marketing e pubblicità: consiste nella possibilità di avvalersi dello sfruttamento commerciale di un marchio, soprattutto se segno noto ed affermato, per sfruttare la sua notorietà, diffusione e popolarità, simpatia, fama nel pubblico dei consumatori, ed entrare in un determinato settore di mercato.

I primi casi si sono affermati negli anni ’60, con la divulgazione dei pupazzi di Charlie Chaplin e di Micky Mouse (su un’agenda di scuola). Successivamente si è diffuso, con lo sfruttamento dell’immagine o del nome di star del cinema e della radio, o di affermati stilisti per il settore della moda, in quanto il tipo di contratto consente di affermare guadagni ingenti, utilizzando marchi famosi, personaggi di fantasia notori, il nome, l’immagine di una persona.

Dopo questi primi approcci a questa nuova tematica, per anni il fenomeno merchandising si è trovato di fronte ad un’ importante questione: ossia la giustificazione della propria esistenza dal punto di vista giuridico, perché non era ancora diffuso il concetto del marchio come valore di scambio in sé e per sé. La tutela giuridica di qualsiasi marchio era infatti essenzialmente legata alla propria natura di segno distintivo di una merce o di un servizio facente capo a una determinata impresa.

Un primo passo verso la risoluzione della questione è venuto, come spesso succede, dalla giurisprudenza. Ricostruendo il concetto di marchio, si è ammessa l'esistenza di quelli che, per la loro fama presso il pubblico o la loro capacità di creare ed influenzare il gusto e la moda, fossero meritori di tutela pur se utilizzati in settori diversi da quelli per i quali erano stati registrati in prima battuta. Questo principio è stato il punto di partenza per lo sfruttamento in chiave economica del marchio stesso tramite la pratica del merchandising.

Lo strumento giuridico e pubblicitario è particolarmente diffuso oggi; moltissimi produttori cinematografici o televisivi, prevedendo la notorietà del film o di uno dei personaggi, tutelano il nome del film, del personaggio rilevante, depositandolo come marchio o come logo, in modo da avere i diritti di privativa garantiti dalla legge e da poter essere certi di produrre e commercializzare il "merchandise" rilevante. Un esempio per tutti, in questo senso "Violetta" della Disney.

Avendo come base di diritto l'insieme delle disposizioni dettate dal codice civile in merito al contratto in generale, l'oggetto del contratto di merchandising di fatto assume una notevole varietà di forme. Dal disegno al personaggio cinematografico, al logo della squadra di calcio, fino al cartone animato.

Da un lato quindi il licenziatario sfrutta il valore simbolico, per esempio, del marchio per commercializzare i propri prodotti, dall'altro il licenziante trae vantaggio dal valore insito nello stesso ottenendo un compenso economico dal licenziatario. Tale compenso di norma è previsto sotto forma di percentuali sui guadagni del licenziatario in riferimento ad un determinato periodo contrattuale, documentati tramite puntuali e appositi rendiconti. Nell'ambito del rapporto fra le due parti vengono fissate delle regole o delle prassi a garanzia del rispetto degli obblighi contrattuali: il contratto può, infatti, prevedere dei compensi minimi garantiti per il titolare, mettendolo al riparo da eventuali fatturati insoddisfacenti prodotti dal licenziatario e delle condizioni vantaggiose di fornitura al licenziante stesso, qualora quest'ultimo abbia interesse ad acquistare, per propri fini commerciali, i prodotti commercializzati dal licenziatario; inoltre, il proprietario del marchio si riserva di attuare una serie di forme di audit sui prodotti che verranno commercializzati al fine di preservare l'alto livello della qualità dei prodotti stessi e dei servizi di consegna.

Il diritto di merchandising però è temporalmente giovane, e si interfaccia con altri diritti che vanno necessariamente acquisiti, per non apparire come uno dei tanti "imbroglioni da bancarella" nel momento in cui viene commercializzato l’articolo di merchandise.

Ad esempio, se si volesse fare una linea di abbigliamento riproducente attori/attrici famose, dovremmo necessariamente acquistare il diritto di riprodurre la loro foto, dal fotografo, nonché il così detto "prezzo del consenso" allo sfruttamento commerciale della loro immagine pubblica o anche della loro "maschera scenica", ovvero il personaggio interpretato (ad esempio: Don Matteo"). La protezione viene estesa anche ai suoi capi di abbigliamento portati con costanza assoluta dal personaggio notorio.

Più problematica, poi, l’ipotesi in cui si voglia ricavare merchandise da un fotogramma di film: qui verranno in gioco i diritti del produttore sul fotogramma, ove previsti anche per il merchandising, unitamente al consenso all’uso dell’immagine dei singoli interpreti.

Infine, l’art. 8 del Codice di proprietà industriale prevede che i segni notori, e tra questi il nome, l’immagine, il ritratto di una persona o altri segni notori distintivi, possono essere registrati come marchi solo dall’avente diritto, e non da terzi.

Alcuni "imprenditori" ritengono che sia possibile utilizzare l’immagine di personaggi notori, posterizzandola, ma non è così. Il personaggio famoso, o i suoi eredi, hanno sempre diritto ad opporsi allo sfruttamento commerciale della propria immagine, e va quindi sempre acquisito il prezzo del consenso.

Analogamente accade quando si pensa di poter modificare lievemente fotogrammi di film: non dovrà trattarsi di una semplice posterizzazione, ma di una vera e propria elaborazione dell’opera, ispirandosi al fotogramma.

Nel 2003, ad esempio, un’importante sentenza ha ammesso la tutela di bozzetti pubblicitari in via autonoma, in quanto elaborazione originale ed artistica ("rectius" creativa,), per scelta di colori, tecnica di pittura, valorizzazione dei contrasti, scelta di un particolare atteggiamento del protagonista nell’immagine di un film (nello specifico si trattava di Rambo che imbracciava un fucile mitragliatore lanciarazzi).

Ma già qui i confini del contratto di merchandising cominciano a farsi sempre meno netti e si entra, più che nel mondo dei segni distintivi, in quello delle creazioni d’autore, con nuovi problemi e nuove prospettive.

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di Annaluce Licheri

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