L'insoddisfazione cronica. Quando preoccuparsi?


Capita a tutti di avere momenti di insoddisfazione nella vita per vari motivi: qualità di vita migliore, più soddisfazione, un lavoro diverso ecc...
L'insoddisfazione cronica. Quando preoccuparsi?
L’insoddisfazione cronica.

"Dottoressa nella mia vita non va più bene niente, mi piacerebbe provare più soddisfazione in quello che faccio, avere più vita sociale...".

Questa può essere una situazione emotiva nella quale ognuno di noi si può trovare in particolari momenti della vita. L’insoddisfazione non è necessariamente una condizione negativa, specialmente quando ci spinge verso il cambiamento e ad utilizzare le risorse che abbiamo per migliorare o modificare la vita. La possiamo percepire come un segnale che indica che qualcosa non va: forse stiamo vivendo in un modo diverso da quello che avremmo voluto, magari abbiamo obiettivi che non sono propriamente quelli che desideriamo, stiamo vivendo un rapporto disfunzionale con il proprio partener o con gli amici ecc... In ogni caso, il senso d’insoddisfazione che proviamo, ci avverte che dobbiamo cambiare qualcosa dentro o fuori di noi, per poter raggiungere uno stato di maggiore pienezza di vita. Il lato positivo dell’insoddisfazione è quello di spingere per attivare un cambiamento.
La situazione cambia e diventa più complessa quando lo stato d’insoddisfazione dura da troppo tempo e coinvolge intere giornate, procurando una sensazione di dispiacere, sofferenza, immobilità, assenza di speranza. In questi casi non si è in grado di vivere a pieno il presente, i pensieri e le emozioni s’influenzano negativamente a vicenda e il cambiamento non si attiva.
L’autostima inizia a diminuire, non ci si sente integrati nell’ambiente o con se stessi, non c’è soddisfazione in ciò che si è, in quello che si fa o per gli obiettivi raggiunti e le critiche verso se stessi sono all’ordine del giorno. Il rischio in questi casi è di entrare e restare dentro un "labirinto" che nei casi più gravi porta alla depressione.

Cosa fare per migliorare l’insoddisfazione cronica?
1) Chiedersi se si è disposti ad uscire dalla cosiddetta "zona confort" cioè da quelle situazioni che anche se non sono soddisfacenti danno sicurezza perché conosciute. Questo atteggiamento autorizza il continuo lamento e fossilizza.
2) Non continuare a rimandare o evitare il cambiamento ma sostituire l’atteggiamento passivo con quello attivo in questo modo si cercherà di capire quale nuova strada si potrà percorrere.
3) Imparare a riconoscere e dare valore alle conquiste fatte, agli obiettivi raggiunti e utilizzarli come risorse per il cambiamento.
4) Può diventare buona abitudine confrontare la percezione che si ha di se stessi con l’idea di persona che si desidererebbe essere utilizzando questo esercizio come mappa che indichi la direzione da seguire.
5) Quando l’insoddisfazione percepita è davvero tanta da rovinare la qualità della vita, pensare se può essere utile farsi aiutare da un terapeuta per cercare di superare le difficoltà.

Dott.ssa Carmen Scantamburlo

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di Carmen Scantamburlo

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