Debito con la banca: quando non si deve pagare!


Se la banca chiede il pagamento del saldo di un c/c, nel giudizio deve produrre tutti gli estratti conto dalla data di apertura del conto corrente.
Debito con la banca: quando non si deve pagare!
Nel caso in cui la banca asserisca di vantare un credito nei confronti del correntista e ottenga un decreto ingiuntivo per recuperare le somme, è opportuno sapere che i debitori hanno la possibilità di fare opposizione, imponendo alla banca l’onere di provare l’intero rapporto.

La precisazione non è di poco conto, atteso che tale prova potrebbe non essere del tutto agevole. Infatti, l’istituto di credito, per ottenere la condanna del correntista al pagamento del saldo, deve:

1. da un lato, allegare tutti gli estratti conto dall’inizio del rapporto con la dichiarazione di un suo dirigente, che certifichi la conformità dell’estratto conto alle scritture contabili della banca [1], e ciò anche se l’apertura del conto corrente è risalente nel tempo [2].
Sicchè, viene respinta la tesi secondo cui la banca è obbligata a produrre solo gli estratti conto degli ultimi dieci anni, in forza del disposto dell’art. 119, co. 4, T.U.B, che dà diritto al cliente di richiedere e ottenere "copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi dieci anni".
Infatti, la ratio di tale ultima disposizione affonda le radici nell’obbligo di buona fede e correttezza che le parti sono tenute a rispettare durante tutte le fasi del rapporto contrattuale. Si tratta, quindi, di una norma avente natura squisitamente sostanziale, da cui non è consentito trarre regole processuali in tema di limitazione dell’onere della prova.
2. dall’altro lato, dimostrare di aver comunicato preventivamente al giudizio ognuno degli estratti conto alla scadenza concordate con il cliente (normalmente annuale, ma anche semestrali, trimestrale....) in modo da permettere a quest’ultimo di effettuare le contestazioni entro i 60 giorni previsti dalla legge[3].
Al riguardo, dovrebbe ritenersi insufficiente una comunicazione mediante lettera semplice, prassi seguita spessissimo dagli istituti di credito, in quanto solo la sottoscrizione per ricevuta sull’estratto conto, la lettera raccomandata o, eventualmente, anche la P.E.C. può costituire adeguata garanzia del ricevimento della comunicazione da parte del correntista.
Se ciò non avviene, un recentissimo arresto della Cassazione[4] ritiene insussistente la prova di tutti gli elementi costitutivi del credito, con la conseguenza che, anche in questo caso, la banca soccomberà in giudizio per non aver assolto il proprio onere probatorio.

La decisione sembrerebbe apportare ulteriori tutele ai correntisti in caso di violazione dell’obbligo di comunicazione degli estratti conti da parte della Banca. Infatti, in tali evenienze il correntista potrebbe risultare privo di strumenti processuali per contestare un addebito effettuato molti anni addietro, giacché potrebbe non aver conservato la documentazione e/o i ricordi necessari a far valere le proprie ragioni.

Riassumendo, quindi, mentre il decreto ingiuntivo può essere emesso sulla base di una documentazione relativamente scarna, quali l’estratto di saldaconto o il più attuale ed analitico estratto di conto corrente [5], il processo instaurato con l’opposizione deve necessariamente seguire gli ordinari principi in tema di onere della prova, giacché in tale sede non si riscontrano quelle esigenze di celerità e speditezza tipiche del procedimento monitorio e tali da giustificare le sue eccezionali regole probatorie.

Ciò è giustificato dal fatto che il correntista che si oppone al decreto non assume le vesti di attore sostanziale ma rimane di fatto un convenuto [6], con la conseguenza che è la banca opposta, ai sensi dell’art. 2697 c.c., che deve provare i fatti costitutivi del credito vantato, mentre l’opponente ha soltanto l’onere di contestare specificamente - o anche solo genericamente, laddove il decreto ingiuntivo si fondi sul mero estratto di saldaconto - le pretese della banca (art. 115 c.p.c.).

[1] Art. 50 T.U.B.
[2] ex multis, Cass. sent. n. 21466/13 del 20.09.2013; Cass. ord. n. 14887/14 del 10 luglio 2014.
[3] Tale obbligo di comunicazione preventiva è imposta dall’art. 119 T.U.B.
[4] Cass., Ord. n. 14887/2014
[5] I quali, secondo il pacifico orientamento giurisprudenziale, ben soddisfano i requisiti di prova scritta ex art. 633 e ss. c.p.c.
[6] Cass., Sez. VI, 11 marzo 2011, n. 5915; Cass., Sez. III, 3 marzo 2009, n. 5071; 17 novembre 2003, n. 17371.

Articolo del:


di Avv. Enrico Abis

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