Cyberbullismo e tutela della dignità del minore


La legge sul cyberbullismo, introducendo un nuovo termine nella legislazione restituisce, all’art. 2, significato alla originaria dignità del minore
Cyberbullismo e tutela della dignità del minore
Nella seduta del 17 maggio 2017, l’Aula della Camera ha approvato, in quarta lettura ed in via definitiva (con 432 voti favorevoli, nessuno contrario ed un solo astenuto) la proposta di legge n. 3139-B recante "Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo", già approvata con modifiche dal Senato lo scorso 31 gennaio 2017.
La legge ha innanzitutto il pregio di avere definito, all’art. 1, a) il «cyberbullismo» come «qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo»; b) il «gestore del sito internet» come «il prestatore di servizi della società dell’informazione, diverso da quelli di cui agli articoli 14, 15 e 16 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, che, sulla rete internet, cura la gestione dei contenuti di un sito in cui si possono riscontrare le condotte di cui al comma 2».
Ma, soprattutto, indica, quale oggetto di tutela, all’art. 2, la «Dignità del minore» che, quando abbia «abbia subito taluno degli atti di cui all’articolo 1, comma 2» della legge appena approvata, «può inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore».
I dati ISTAT descrivono, già nel 2014, il fenomeno come relativo a poco più del 50% degli 11-17enni che ha subito qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze nei 12 mesi precedenti. Il 19,8% è vittima di bullismo più volte al mese. Per il 9,1% gli atti di prepotenza si ripetono con cadenza settimanale. Hanno subito ripetutamente comportamenti offensivi, non rispettosi e/o violenti più i ragazzi 11-13enni (22,5%) che gli adolescenti 14-17enni (17,9%); più le femmine (20,9%) che i maschi (18,8%). Tra gli studenti delle superiori, i liceali sono in testa (19,4%); seguono gli studenti degli istituti professionali (18,1%) e quelli degli istituti tecnici (16%). Le vittime assidue di soprusi raggiungono il 23% degli 11-17enni nel Nord del paese. Le ragazze sono più di frequente vittime di Cyber bullismo (7,1% contro il 4,6% dei ragazzi). Le prepotenze più comuni consistono in offese con brutti soprannomi, parolacce o insulti (12,1%), derisione per l’aspetto fisico e/o il modo di parlare (6,3%), diffamazione (5,1%), esclusione per le proprie opinioni (4,7%), aggressioni con spintoni, botte, calci e pugni (3,8%). Il 16,9% degli 11-17enni è rimasto vittima di atti di bullismo diretto, caratterizzato da una relazione vis a vis tra la vittima e bullo e il 10,8% di azioni indirette, prive di contatti fisici. Tra le ragazze è minima la differenza tra prepotenze di tipo "diretto" e "indiretto" (rispettivamente 16,7% e 14%). Al contrario, tra i maschi le forme dirette (17%) sono più del doppio di quelle indirette (7,7%). Il 23,6% degli 11-17enni che si vedono raramente con gli amici è rimasto vittima di prepotenze una o più volte al mese, contro il 18% riscontrato tra chi incontra gli amici quotidianamente.
La norma, tutelando esplicitamente la dignità del minore, incide sull’aspetto più dannoso della diffusione on line di contenuti che costruiscano una lesione della stessa, ossia la loro sostanziale inamovibilità sine die dal web. Inoltre il valore della dignità è finalmente attribuito in via immediata al minore, oltre che all’adulto unico destinatario, sino ad oggi, nella legislazione previgente a quella appena approvata, dell’attribuzione di quel rispetto che il medesimo sente nei confronti di sé stesso e che costituisce il sostrato di comportamenti adeguati, il che ne esprime la rilevanza anche sociale.
Al minore viene riconosciuta la possibilità di tutela di un valore ben definito dal vocabolario Treccani come derivato dal latino «[dal lat. Dignĭtas - atis, der. di dignus «degno»; nel sign. 3, il termine ricalca il gr. ἀξίωμα, che aveva entrambi i sign., di «dignità» e di «assioma»]: Condizione di nobiltà morale in cui l’uomo è posto dal suo grado, dalle sue intrinseche qualità, dalla sua stessa natura di uomo, e insieme il rispetto che per tale condizione gli è dovuto e ch’egli deve a sé stesso».
Di particolare valore la tutela giuridica attribuita alla dignità del minore che, quale soggetto in una fase di formazione della sua personalità, necessita di una tutela preventiva che contrasti le condotte che agiscono sulla percezione nel minore del rispetto dovutogli e che cresce di pari passo con la crescita della sua maturità psicoaffettiva.

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di Giuseppe Mazzotta

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