Successione ereditaria ed esecutore testamentario?


Successione ereditaria, somme di denaro all'esecutore testamentario, gestione del patrimonio, esclusione dell`erede dai rapporti con le banche
Successione ereditaria ed esecutore testamentario?

SUCCESSIONE EREDITARIA: I DEPOSITI IN DENARO ED I TITOLI ALL’ESECUTORE TESTAMENTARIO?

E’ sempre più frequente e diffuso che, in caso di decesso del correntista, l’Istituto di Credito con il quale il de cuius intratteneva rapporto di conto corrente, si rifiuti di consentire all’erede/eredi accesso ai conti se non dopo lunghe ed estenuanti richieste, non accontentandosi semplicemente della prova della qualità di eredi legittimi dei richiedenti.

La vicenda si complica ulteriormente se il defunto dispone con testamento del proprio patrimonio e nomina un esecutore testamentario. In questo caso gli Istituti Bancari privilegiano come unico interlocutore l’esecutore testamentario ad esclusione dell’erede/eredi arrogandosi il potere di interpretare la volontà testamentaria, anziché limitrsi a prenderne semplicemente atto, trattenendo arbitrariamente somme e titoli.

In realtà la figura dell’esecutore testamentario è disciplinata da poche norme del nostro codice civile, artt. dal 703 al 712 del cod. civ., che tratteggiano funzioni e figura in modo piuttosto generico, creando molti problemi interpretativi quanto ad obblighi e responsabilità dello stesso.

Con riferimento all’art. 703 c.c. rubricato "Funzioni dell’esecutore" ed alla dottrina ed alla giurisprudenza sviluppatasi in merito alla sua applicazione, si è ormai consolidato il principio secondo cui l’esecutore testamentario non acquista di diritto, con l’accettazione dell’incarico, il possesso dei beni ereditari dovendo richiederlo all’erede il quale lo acquista semplicemente con l’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, a decorrere dalla data di apertura della successione.

[Cass. Civ. Sez. II n. 995/1995; Trib. Napoli, Sez. Feriale, 2/8/2006].

Invero le disposizioni dell’art. 703 ss. cod. civ. sono poste in diretta correlazione con le previsioni di cui all’art. 485 cod. civ. per evitare che, tra il decesso del de cuius e l’accettazione del chiamato, resti vacante la titolarità del patrimonio relitto, ovvero limitare il periodo di vacatio hereditatis.

Ciò non si verifica quando il chiamato all’eredità accetti senza indugio, divenendo erede puro e semplice, acquistando in pieno diritto la titolarità del patrimonio ereditario. Riducendosi, in questo caso, la funzione dell’esecutore testamentario ad una attività di vigilanza, tendente ad impedire il compimento di atti pregiudizievoli per l’attuazione della volontà espressa nel testamento.

Peraltro il potere di amministrazione dell’esecutore è meramente strumentale all’esecuzione delle sole disposizioni testamentarie a titolo particolare, come si desume dalla lettura dell’art. 707 cod. civ. il quale ricollega il possesso della massa ereditaria e, con esso, la sua amministrazione, all’attuazione di disposizioni a titolo particolare. [P.Cendon, Commentario al Codice Civile, Artt. 456 - 712, pag. 1675].

D’altra parte l’esecutore non ha il potere di sostituirsi al titolare dell’interesse sostanziale in forza dell’art. 703 1° comma cod. civ., il quale gli affida la cura dell’esecuzione delle disposizioni di ultima volontà del defunto << in modo del tutto generico >> [Talamanca 1965,465] restando titolare del mero diritto di azione, nel senso del diritto di agire per far rispettare il dettato testamentario.

[P. Cendon Commentario al Codice Civile, Artt. 456-712, pag. n. 1677, Cuffaro 1997, 364].

E’ evidente l’errore interpretativo in cui incorre la Banca nel momento in cui riconosce legittimazione attiva al solo esecutore testamentario, eleggendolo a suo unico interlocutore con estromissione dell’erede, ad ottenere la disponibilità dei conti correnti.

L’amministrazione della massa ereditaria, così come l’eventuale possesso, competono all’esecutore in via meramente strumentale all’esecuzione delle volontà del de cuius ed esclusivamente a quel fine (art. 703 comma 2° cod. civ.), mentre possesso e disponibilità restano riservati all’erede.

Ancora più evidente l’atteggiamento erroneo quando si ritiene che sia riservato all’esecutore il compito di eseguire i tutti lasciti testamentari, ivi compresa la quantificazione e liquidazione della quota spettante all’erede o agli eredi se fra gli stessi non sorga conrasto in ordine alla quota ed ai beni ad essi assegnati dal testatore con l’atto di ultime volontà.

Si richiama ulteriormente la dottrina, anche più recente, che nell’individuare i limiti dei poteri dell’esecutore testamentario afferma che <>

[Manuale Notarile Tagliaferri, Preite, Carbone - Le Successioni- Gli Esecutori Testamentari - Pag. 573- Giuffré 2016].

Di conseguenza il limite dell’attività devoluta all’esecutore testamentario è individuato dalla legge e, in concreto, dalla volontà del testatore e non può essere desunto aliunde.

L’interpretazione della norma in esame non può che essere nel senso della strumentalità dei poteri attribuiti all’esecutore testamentario, dalla legge e/o dal testatore, vale a dire nel senso che l’amministrazione dei beni ereditari rappresenta un mezzo, al servizio del fine specifico dell’esecuzione, delle disposizioni testamentarie

[Bonillini, Degli esecutori testamentari, cit., p. 288; in questo senso, vedi anche G. Vicari, L’esecutore testamentario, cit., p.1325].

L’interpretazione dell’istituto di credito si appalesa, in queste fattispecie totalmente arbitraria ed antigiuridica, raggiungendo il solo scopo di ritardare per l’erede l’acquisizione del patrimonio ereditario e l’adempimento del proprio onere, ovvero la costituzione della fondazione.

Peraltro quando il patrimonio debba essere devoluto ad un unico erede, in assenza di uteriori destinatari di altre quote ereditarie, tali da doversi "neppure ipotizzare" un preventivo possesso ed attività di amministrazione dell’esecutore secondo il fine indicato dall’art. 703 comma 2° cod. civ., non avrebbe alcun senso immetterlo nella disponibilità dei beni caduti in successione, beni da riconsegnarsi poi all’unico erede né, ancor meno, nella disponibilità delle somme di denaro giacenti presso l’Istituto Bancario per poi restituirle all’erede "previa quantificazione e liquidazione della quota legittima", perché inutile passaggio.

Tale modalità operativa è dunque contraria al dettato legislativo, poiché deriva da una lettura incompleta ed erronea della norma citata, ed erige l’esecutore a possessore e amministratore incontrastato della massa ereditaria, senza neppure avere al riguardo alle concrete funzioni conferite dal de cuius al suddetto nell’atto di ultima volontà.

Avv. Debora Mura

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di Avv. Debora Mura

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