Il nesso di causalità tra errore chirurgico ed evento letale


E` configurabile l`interruzione del nesso causale se l`evento letale è sopraggiunto per un rischio successivo tipico e prevedibile
Il nesso di causalità tra errore chirurgico ed evento letale
"E’ configurabile l’interruzione del nesso causale tra condotta ed evento quando la causa sopravvenuta innesca un rischio nuovo e incommensurabile del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta".

Nella fattispecie la Corte (Cass. Pen., Sez. IV – n- 25689/16) ha ritenuto immune da censure la decisione che aveva affermato la sussistenza del nesso causale tra l’errore chirurgico originario, che aveva ridotto la paziente in coma profondo, ed il decesso della medesima per setticemia contratta durante il lungo ricovero presso l’unità di terapia intensiva, rilevando come "l’infezione nosocomiale" sia uno dei rischi tipici e prevedibili da tener in conto nei casi di non breve permanenza nei reparti di terapia intensiva, ove lo sviluppo dei processi infettivi è tutt’altro che infrequente in ragione delle condizioni di grave defedazione fisica dei pazienti.

La massima ha ad oggetto l’interruzione del nesso causale, rilevante ex art. 41 c.p., tra condotta ed evento, nel caso in cui intervenga un ulteriore fattore, che inneschi un rischio nuovo, rispetto a quello originario attivato dalla condotta.

La Corte Suprema, in tema di concorso di cause ex art. 41 c.p., aderisce all’innovativo orientamento giurisprudenziale che vede la causalità, in particolar modo il concorso di cause, come una interazione di fattori di rischio, la cui teorica mira a limitare ed a separare le sfere della responsabilità (in tal senso Sez. IV n. 15493/16, in C.E.D. Cass., n. 266786).

La moderna lettura dell’art. 41 c.p. alla luce della categoria del rischio ha portato la Cassazione a determinare che la causa sopravvenuta sia sufficiente a spezzare il nesso causale tra azione ed evento, qualora l’azione del terzo inneschi un rischio nuovo, autonomo e di entità superiore rispetto al precedente: tale posizione è figlia della teoria della causalità umana. Nel caso di specie, la Corte non ha ritenuto che l’infezione nosocomiale fosse un fattore causale atipico ed eccezionale, quanto piuttosto un prevedibile, tipico rischio da tenere in considerazione nel caso di un prolungato periodo di ricovero in reparti di terapia intensiva, viste le gravi condizioni di defedazione fisica dei pazienti. Dunque non si rinviene, visti i parametri considerati dalla giurisprudenza, l’innesco di un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto all’originario.

Articolo del:


di Studio Legale Avv. Olindo P. PREZIOSI

L'autore dell'articolo non è nella tua città?

Cerca un professionista con le stesse caratteristiche a te più vicino.

Cerca nella tua città o in una città di tuo interesse