La differenza tra terapia, counselling e coaching


In base a quali elementi scegliere una figura professionale piuttosto che un’altra per lavorare su noi stessi e quali sono le differenze e gli aspetti
La differenza tra terapia, counselling e coaching
Carla ha 58 anni, una bella casa con giardino, una attività lavorativa di piena soddisfazione e la grande passione del canto. Fa parte di un coro che le fa vibrare le corde del cuore. Quando canta è come se volasse, racconta, e non potrebbe farne a meno. Ha solo un piccolo sogno nel cassetto: quello di cantare da solista. Il gruppo non sembra però accettare questa sua idea.
Si sente non compresa e isolata: non solo non riesce a far sì che il suo assolo venga organizzato, ma anche gli amici non sembrano cogliere l’importanza del fatto. Decide di rivolgersi ad un counsellor.
Si sente impotente e demoralizzata: come riuscire a trovare una strada verso un assolo? Un coach è quello che ci vuole per lei.

Sente ancora una volta che la sua preparazione non è all’altezza: ecco perché le hanno detto di no, il rifiuto sembra essere la fine scontata della solita storia della sua vita. Forse sarebbe meglio uno psicoterapeuta?
Carla dovrebbe rivolgersi ad un counsellor, un coach o ad un psicoterapeuta?

La scelta dipende da una serie di fattori, legati all’origine del malessere, al tempo che si vuole impiegare, ai soldi che si possono spendere e alla relazione con il professionista.
A meno di problemi legati a patologie, dove la scelta è forzata verso il terapista o lo psichiatra, per situazioni che comunque hanno un impatto sul benessere della persona la scelta può essere fatta tra diverse figure.
Quella più tradizionale è lo psicoterapeuta (con relativa scuola e stile di appartenenza, che sia psicodinamico, umanistico, cognitivo-comportamentale, etc.), che le farà fare un lavoro di analisi del passato: quale sia la possibile origine del suo malessere, legato a quale periodo della sua vita, come può avere appreso un comportamento disfunzionale, dove applica delle strategie distorte e da dove vengono, quali sono le cause dei sentimenti di angoscia o di bassa autostima, perché? È un percorso che dura generalmente almeno un paio di anni e gli incontri sono su base settimanale.
La figura del counsellor nasce dall’esigenza di poter ricevere un aiuto più snello, che porti la persona a riconquistare il benessere lavorando su qui e ora, sulla situazione, sulle emozioni e sulle relazioni. Le sessioni sono circa 14 e portano ad una migliore comprensione di sé, delle proprie dinamiche emotive e relazionali e quindi ad una riflessione su dove si può agire per un cambiamento.
Il coach vuole essere un professionista che lavora più strettamente sull’obiettivo della persona nel momento presente, aiutandola ad individuare quali risorse può mobilitare per il raggiungimento del risultato voluto, quali elementi si profilano come ostacoli e come poterli superare. Consiste in un percorso di circa 7 sessioni.
Elementi comuni sono il setting, con incontri individuali presso lo studio del professionista (o da remoto al telefono), la riservatezza degli incontri e la relazione con quest’ultimo. La relazione è la componente cardine: grazie al rapporto di fiducia che si instaura, il cliente percepisce la sessione come un momento per aprirsi, permettendo così l’esplorazione e la conoscenza di sé stessi, proponendo nuove strade da percorrere e esaminando dubbi e debolezze. Tutti fattori che nascono e crescono nel dialogo con l’altro, superando così la specializzazione della figura professionale.
Quindi Carla sceglierà con cura la figura a cui rivolgersi e poi sarà grazie alla sua volontà di aprirsi e lavorare su se stessa che otterrà, sempre e comunque, dei benefici e delle nuove possibilità.

Il cambiamento è il processo con il quale il futuro invade le nostre vite. Alvin Toffler.

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di Barbara Fossi

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