Lista Falciani, secco no da oltralpe


Con l'arresto dello scorso 31 gennaio la Court de Cassation de Paris, confermando la sentenza resa l'8 febbraio 2011 dalla Cour D'Appel de Paris, ha chiarito che il furto non può essere utilizzato né dal Fisco né dalla Giustizia.
Lista Falciani, secco no da oltralpe
L'efficacia dell'azione di contrasto alla cd. evasione fiscale internazionale è spesso strettamente connessa alla disponibilità di informazioni ed alla cooperazione con le Autorità internazionali.

I governi e le Amministrazioni finanziarie degli Stati, al fine di intensificare l'azione congiunta di contrasto, hanno nel tempo acconsentito alla limitazione della sovranità esercitata sul rispettivo territorio al fine di predisporre una disciplina comune idonea a garantire a ciascuno l'accesso alle informazioni in possesso degli Altri.

In linea generale, le informazioni ottenute per il tramite di procedure di scambio di informazioni sono utilizzabili in processi pendenti in altri Stati solo allorchè l'indagato sia stato messo in condizione di far valere i propri diritti e interessi sia in seno alla procedura di richiesta e acquisizione dei dati, sia in quella del successivo utilizzo dei medesimi da parte dell'Autorità richiedente.

Il potere di disporre di informazioni, per esempio bancarie, relative ai rapporti intrattenuti da un cittadino di uno Stato in un altro Stato, postula il corretto impiego degli accordi che regolano i rapporti tra i due Paesi.
L'istituto del cd. scambio di informazioni trova il proprio riconoscimento giuridico all'interno dell'ordinamento sia nell'art. 26 delle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni ispirate al Modello Ocse, sia, in ambito comunitario, dalla direttiva n. 77/799/CEE.

I recenti episodi che hanno coinvolto taluni intermediari elvetici negli ultimi anni hanno arricchito di un nuovi capitoli i rapporti tra la Svizzera e Paesi dell'Ue in materia di scambio di informazioni.

Ci si riferisce in particolare alla cd. "Lista Falciani", lista contenente dati bancari della HSBC Private Bank di Ginevra, sottratta da parte di un dipendente di tale istituto e successivamente sequestrata dalle Autorità francesi e trasmessa alle Autorità fiscali europee in ottemperanza alla citata direttiva 77/799/CEE.

La vicenda ha preso le mosse nel gennaio 2009 quando, a seguito di una perquisizione disposta dal Procuratore della Repubblica francese nei confronti dell'informatico Hervè Falciani, dipendente della sede di Ginevra della HSBC Private Bank, furono scoperti e sequestrati file e documenti con informazioni segrete su centoventisettemila conti corrente, letteralmente rubati da quest'ultimo. Si è posta conseguentemente la questione dell'utilizzabilità processuale di dette informazioni, illegittimamente sottratte dall'informatico.

La Cour de Cassation di Parigi, intervenuta sull'argomento con una sentenza del 31 gennaio 2012, ha confermato la sentenza resa l'8 febbraio 2011 dalla Cour D'Appel de Paris e ribadito che il furto non può essere utilizzato né dal Fisco né dalla giustizia. Le prove raccolte illegittimamente risulterebbero conseguentemente inutilizzabili sia dalle Autorità fiscali d'oltralpe sia dalle Amministrazioni finanziarie degli altri Paesi ed in particolare di quella italiana, che abbiano ricevuto tali informazioni ai sensi dell'art. 26 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra i due Paesi , ovvero ai sensi della direttiva 77/799/CEE.

Come chiarito dalla Suprema Corte italiana (in tal senso cfr. sentenza n. 16570 del 20 luglio 2011), infatti, l'illegittimità dei dati e delle notizie posti alla base dell'emissione di un atto impositivo, pur non essendo idonea a provocare di per sé sola l'annullamento dello stesso per "illegittimità derivata" (vitiatur sed non vitiat), comporta senz'altro l'inutilizzabilità processuale di tali dati. Tale conclusione è peraltro in linea con l'orientamento espresso dal Tribunale di Pinerolo che, in una sentenza del 4 ottobre 2011, non solo ha ritenuto inutilizzabile la Lista Falciani in quanto "formata attraverso la raccolta illegale di informazioni", ma ha altresì ritenuto applicabile l'articolo 240 c.p.p. e, quindi, disposto la distruzione della stessa. .La giurisprudenza tributaria di merito, del resto, pare essersi attestata sulle medesime posizioni espresse dal Tribunale di Pinerolo. Con la sentenza n. 188/1/11, infatti, la Commissione Tributaria Provinciale di Como, ha annullato un atto impositivo trasmesso dall'Amministrazione finanziaria italiana ad un contribuente ricompreso nella lista in quanto "fondato esclusivamente su documenti dei quali è stata disposta la distruzione, in quanto illecitamente acquisiti all'origine".

Le informazioni de quibus, relative a depositi e conti corrente detenuti presso una Banca svizzera, sarebbero infatti dovute pervenire alle Autorità fiscali italiane in ragione di altri canali convenzionali, pena la commissione di un treaty abuse (Convenzione per evitare le doppie imposizioni del 9 marzo 1973 tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera e Accordo CE - Svizzera del 26 ottobre 2004, tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera).

Ciononostante non si può far a meno di registrare che la Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 27736 del 12 luglio 2012, in parziale contrasto con quanto sin qui affermato, ha sostenuto l'inapplicabilità della disciplina sulla rogatoria internazionale ai documenti acquisiti all'estero dalla Guardia di finanza. Un simile principio, ove confermato anche dalla giurisprudenza tributaria, potrebbe agevolare l'acquisizione dei dati relativi alle liste di evasori (Vaduz e Falciani).

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di Avv. Giancarlo Marzo

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