Respingimento illegittimo. Quale il nuovo status?


Quali i requisiti che devono accompagnare il provvedimento di respingimento emesso nei confronti dello straniero dalla Questura? E quale nuovo status?
Respingimento illegittimo. Quale il nuovo status?
Nel nostro ordinamento giuridico, le persone straniere sprovviste delle condizioni necessarie per entrare e soggiornare nel territorio dello Stato italiano vanno respinte alla frontiera ovvero espulse.

Architrave normativo di tale principio generale è rappresentato dell'articolo 10 del testo unico sull'immigrazione del 1998 (d.lgs.286/1998 emesso in attuazione della legge delega 06.03.1998 n. 40), il quale - rubricato "Respingimento" - dispone in particolare al 4° comma quanto segue:

(omissis)

4. Le disposizioni dei commi 1, 2 e 3 e quelle dell'articolo 4, commi 3 e 6, non si applicano nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari.

(omissis)

Nell'esaminare il procedimento di espulsione, assume rilevanza il 4° comma del suddetto articolo laddove si evidenzia come l'accertamento dei requisiti utili per la concessione dell'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato e l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari rappresenti impedimento all'applicazione delle disposizioni in materia di espulsione/ respingimento alla frontiera.

Il Tribunale di Trapani (in sede di ricorso avverso un provvedimento di respingimento alla frontiera e relativo ordine di esecuzione emessi dalla Questura di Trapani) ha accolto le censure formulate dal ricorrente in ordine alla violazione del principio costituzionale di libertà personale e di solidarietà (rispettivamente tutelati e garantiti dagli articoli 13 e 2 della Carta Costituzionale). Più in generale, è stata riconosciuta dal Giudice la sussistenza di vizio motivazionale del provvedimento (cfr.: Tribunale di Trapani, ordinanza n. 8.255/2017 del 18.07.2017 - R.G. 842/2017).

Nello specifico delle censure accolte, merita attenzione il fatto che, in relazione alla motivazione di un qualsiasi atto amministrativo (ex art. 3 Legge 241/1990), essa "deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria". La motivazione del provvedimento impugnato aveva richiamato il solo ingresso del ricorrente su suolo italiano effettuato sottraendosi ai controlli di frontiera aggiungendosi un generico richiamo all'insussistenza dei motivi elencati all'articolo 104 del d. lgs. 286/1998 (ripetesi: asilo politico; riconoscimento dello status di rifugiato ovvero adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari).

Una siffatta motivazione, stringata e generica impedisce oggettivamente di cogliere le ragioni di fatto e di diritto sottese alla decisione dell'amministrazione di escludere la sussistenza dei motivi di cui all'articolo 104 d.lgs. 286/1998. Ne consegue che un siffatto contegno motivazionale assunto dalla pubblica autorità finisce per compromettere - violandoli apertamente - i principi costituzionali di solidarietà di cui all'articolo 2 Costituzione e di libertà personale di cui all'articolo 13 Costituzione: pertanto il provvedimento finale di respingimento alla frontiera ed annesso ordine di esecuzione vanno annullati. Le spese sono compensate.

Il ricorrente, privo di fatto di alcun documento, (esibendo in copia conforme solo la statuizione giudiziale che ha accolto il suo ricorso) dovrà attivarsi per ottenere un permesso di soggiorno rimanendo nel contempo in attesa del riconoscimento di protezione internazionale. A tal proposito risultano fondate le perplessità relative al rilascio di una eventuale carta di identità a favore di chi risulti ancora in attesa di risposta in ordine allo status di protezione, considerato che tale documento - carta di identità - avendo durata decennale potrebbe continuare ad essere esibito per le più varie necessità ed esigenze presso gli uffici pubblici e privati anche - in ipotesi - dopo che la Commissione territoriale abbia negato al richiedente l'invocata protezione. Si rileva come risulti opportuno valutare (in ottica de iure condendo) strumenti alternativi alla carta di identità, pur nel rispetto della Convenzione di Ginevra.

Lo scrivente (anche in considerazione delle attuali dimensioni dell'ondata migratoria) ritiene sia opportuno rilasciare - quanto meno nella prima fase di accoglienza -, un documento di validità inferiore a 10 anni, così come attualmente previsto per le carte di identità ed i passaporti per i minorenni. In questo modo, alla scadenza di validità, sarebbe possibile verificare l'effettiva situazione del richiedente. In alternativa si potrebbe ipotizzare l'adozione di un documento - ponte, una sorta di certificato personale munito di fotografia, valido esclusivamente nella prima fase della procedura di riconoscimento della protezione, analogo in sostanza a quello che le anagrafi comunali emettevano su richiesta delle autorità scolastiche al fine del'iscrizione dei minorenni ovvero al fine del riconoscimento dei quattordicenni alla guida dei ciclomotori. Le perplessità dello scrivente sono evidenziate da molti Sindaci in materia di rilascio della carta di identità ai richiedenti asilo.

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di Avv. Roberto Zanchetta

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