Liberi di credere. Liberi di testimoniare


La libertà religiosa è la base per la convivenza sociale; infatti permette di guardare l’altro con rispetto e con spirito di collaborazione
Liberi di credere. Liberi di testimoniare
La libertà religiosa è il culmine delle libertà ed attiene profondamente all’animo umano.

Nello Stato Italiano hanno diritto di convivere, in uguaglianza di libertà, fedi, culture e tradizioni diverse. La Costituzione Italiana, considera tra i diritti inviolabili dell’uomo, la libertà religiosa nei suoi aspetti individuali, collettivi ed istituzionali.

DIMENSIONE INDIVIDUALE
Come diritto individuale dell’uomo essa è garantita a tutti, con una formula ampia e comprensiva.

Art. 19. Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

Quindi, dal punto di vista giuridico la libertà religiosa è definita come il diritto garantito dallo Stato a tutti gli individui di scegliere e professare liberamente la propria credenza e comprende i tipici elementi della libertà di coscienza e di libertà di culto.

- Libertà di coscienza si esercita nella forma positiva tramite l’adesione ad una fede e nella forma negativa da parte del non credente.

In questo si sostanzia il principio della laicità, che costituisce un valore supremo dell'ordinamento costituzionale, avente priorità assoluta e carattere fondante, "La laicità dello Stato italiano costituisce un principio supremo, emergente dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 Cost." e, dunque, "uno dei profili della forma di Stato delineata dalla Carta costituzionale della Repubblica", (così C. cost., sentenza 12 aprile 1989, n. 203) e nel quale "hanno da convivere, in uguaglianza di libertà, fedi, culture e tradizioni diverse" (C. cost., sentenza 18 ottobre 1995, n. 440).

Altro principio correlato è l’uguaglianza davanti alla legge e la pari dignità sociale tra gli individui: con l’art.3 la persona non può essere discriminata o privilegiata per la religione professata; ovvero a ciascun individuo si riconosce la piena libertà di professare la propria fede religiosa, includendovi anche la professione di ateismo o di agnosticismo, il fatto cioè che un cittadino voglia essere libero di non professare alcuna religione.

DIMENSIONE COLLETTIVA
La dimensione collettiva della libertà religiosa si combina e si integra con gli altri diritti di libertà garantiti dalla Costituzione con i quali forma sistema. In particolare il diritto di riunirsi e il diritto di associarsi liberamente.

Art. 20. Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.

Per motivi religiosi nessuno può essere discriminato, ma lo Stato deve comunque esercitare un controllo là dove si ha la pretesa di fondare delle "istituzioni ecclesiastiche" che potrebbero porsi in alternativa a quelle statali o che potrebbero esercitare delle funzioni che minacciano l'integrità o la sicurezza di uno Stato.

DIMENSIONE ISTITUZIONALE
Quanto alla dimensione istituzionale, la libertà religiosa è garantita art. 7 e 8 dall’uguale libertà di tutte le confessioni religiose, dal riconoscimento della Chiesa cattolica e dall’autonomia delle altre confessioni , secondo una impostazione pluralistica e in linea con il principio di laicità dello Stato.

Art. 8. Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge.

Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano.

I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.

Quale riflesso del principio di laicità (successivamente ribadito dalla Corte costituzionale con le sentenze nn. 259/1990, 195/1993 e 329/1997), e, più specificatamente, dell'uguaglianza di tutti i cittadini senza distinzione di religione (art. 3 Cost.) e dell'eguale libertà davanti alla legge di tutte le confessioni religiose (art. 8 Cost.), "l'atteggiamento dello Stato non può che essere di equidistanza e imparzialità" nei confronti di ogni fede, "senza che assuma rilevanza alcuna il dato quantitativo dell'adesione più o meno diffusa a questa o a quella confessione religiosa (sentenze nn. 925/1988, 440/1995 e 329/1997) " (così C. cost., sentenza 20 novembre 2000, n. 508).

I rapporti con le confessioni diverse da quella cattolica, sono regolati da leggi dello Stato emanate sulla base di una previa intesa con le rappresentanze delle varie confessioni ormai presenti.

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di Avv.Tecla Trotta

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