Too big to fail, come ripetere gli stesi errori


Cambiano gli attori, ma i problemi di gigantismo aziendale ritornano
Too big to fail, come ripetere gli stesi errori
Sembra un destino, ma, a partire dai tempi dello scoppio della bolla Internet del 2000, ogni crisi che si è succeduta sui mercati ha avuto dimensioni sempre più grosse, coinvolgendo sempre più attori di mercato e Paesi, fino alla crisi del 2008, non proprio secoli fa, quando a seguito dello scoppio della bolla sui mutui sub-prime negli Stati Uniti, si ebbe la sensazione che il mondo fosse sull’orlo del baratro della più disastrosa crisi finanziaria.

Gli interventi tempestivi e coordinati delle Banche Centrali a livello globale ed in particolare l’attivismo della FED e del Tesoro americano, impedirono l’implosione del sistema finanziario globale. Furono iniettati miliardi di Dollari nel capitale di Banche, Assicurazioni, Agenzie Federali, garanti di mutui, ma anche in società automobilistiche come FORD, GENERAL MOTORS e CHRYSLER, i tassi del mercato monetario portati a zero e si inaugurò la stagione del diluvio di liquidità.

Non fu evitata la recessione globale, ma, questa fu, per fortuna, poco duratura e poco profonda. E’ vero che le scorie di questa crisi si sono poi fatte successivamente sentire in altre aree del mondo, in Europa, ad esempio, dove la recessione globale ha messo in evidenza gli squilibri macro economici di alcuni Paesi dell’area Euro. Dall’Irlanda, passando alla Grecia, che ha trascinato nella crisi dei debiti sovrani: Portogallo, Spagna ed Italia. Il "whatever it takes" nel famoso discorso di Mario Draghi del luglio 2012, è stato l’inizio della fine della prima, e si spera ultima, crisi che ha messo in dubbio la stessa sopravvivenza dell’Euro e dell’Unione Europea.

Nel 2008 furono immediatamente individuati alcuni punti cardine che avevano aggravato una crisi, che, per gli squilibri economici che si erano creati (eccesso di indebitamento privato, bolla sui prezzi immobiliari ed un settore finanziario senza particolari vincoli e controlli) sarebbe, prima o poi scoppiata. Il fallimento della Lehman Brothers, sesta banca americana, fu la miccia e rese evidente che le dimensioni della Banche Americane in termini di volumi di bilancio erano talmente tanto elevati che in caso di crisi di economiche importanti, l’intero sistema era a rischio sopravvivenza. In sostanza le dimensioni degli Istituti Bancari erano "TOO BIG TO FAIL", erano, cioè, "troppo grandi per fallire", per cui qualsiasi intervento era necessario fare per salvarle, si doveva fare, pena la sopravvivenza del sistema stesso. L’argomento non è addirittura ancora superato per il sistema bancario europeo, ancora in mezzo al guado, alle prese con una regolamentazione strabica da parte della BCE sugli impieghi bancari.

Ma allora a che punto effetivamente siamo?

Se guardiamo i dati macroeconomici del 2017 la situazione è idilliaca. La crescita è buona e diffusa a livello globale, con un’inflazione che stenta a decollare, il che contribuisce a tenere ancora bassi i tassi di interesse.

Gli indici di borsa, in particolare quelli americani ai massimi storici, in grande salute. Dai minimi del marzo 2009, il più rappresentativo degli indici di borsa americano, lo S&P 500, ha avuto un rialzo di quasi il 400% ed i patemi della "Grande Crisi" sono scomparsi, tanto che la volatilità dei mercati è ormai da 18 mesi quasi inesistente.

Sembra materializzarsi il "goldilocks", quello che da noi si può tradurre nel bengodi economico e finanziario.

La realtà è più sottile, il livello di indebitamento negli Stati Uniti ha superato i livelli di pre-crisi e solo la persistente ed accomodante accondiscendenza delle Banche Centrale sta mantenendo le quotazioni dei mercati a livelli mai visti, creando nuovi giganti, potenziali "TOO BIG TO FAIL".

Se prendiamo, infatti, le capitalizzazioni dei titoli FACEBOOK, APPLE, AMAZON, ALPHABET (ex GOOGLE) e NETFLIX, raggiungeremmo un numero pari al PIL della Germania. La sola APPLE capitalizza 900/MLD di Dollari. Due volte l’intera capitalizzazione di tutti i titoli quotati alla Borsa Italiana.

E se, per un incidente di percorso, tali quotazioni non fossero più sostenibili?

Se, ad esempio, i prezzi delle azioni AMAZON ed APPLE tornassero anche solo ai prezzi del 2012, cosa succederebbe? Le perdite di valore degli investimenti azionari globali sarebbero per centinaia di miliardi di Dollari, con effetti pari od addirittura superiori a quelli della crisi del 2008.
Speriamo non accada mai e nel frattempo corriamo a comprare l’ultimo modello di telefonino, per esorcizzare la situazione. Per sempre panem ed internet.

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di Andrea Maramotti

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