Regime forfetario: è sempre conveniente?


Ci sono situazioni nelle quali l'applicazione della tassa piatta del regime risulta meno conveniente rispetto alla tassazione ordinaria
Regime forfetario: è sempre conveniente?
Il termine tassa piatta deriva dall’inglese flat tax e indica un sistema fiscale non progressivo in cui si definisce una sola aliquota indipendentemente dal livello del reddito.

Un esempio di applicazione di tassa piatta nel nostro ordinamento fiscale è rappresentato dal cosiddetto regime forfetario, introdotto nel 2015 della legge 190/2014 (Finanziaria 2015). Il sistema fiscale in oggetto, dopo varie modifiche e aggiustamenti, si presenta con una sola aliquota del 15% applicata sul reddito netto (5% per i primi cinque esercizi nel caso di impresa neo costituita e in presenza di ben definite circostanze).

Il regime in esame è destinato alle persone fisiche che esercitano attività di impresa o di lavoro autonomo con volume d’affari contenuto ed è un regime naturale: quindi può essere applicato anche ai soggetti già in attività. Non prevede un unico limite di ricavi, ma limiti diversi in base all’attività effettivamente svolta. Solo per citare alcuni esempi, il limite di ricavi per un commerciante all’ingrosso è di euro 50.000, mentre un professionista deve rimanere entro la soglia di euro 30.000 e un edile non può superare euro 25.000.

Altra peculiarità del regime consiste nel fatto che il reddito non viene determinato come differenza tra ricavi e costi, ma come risultato dell’applicazione, ai ricavi conseguiti, di una percentuale di redditività (fissata ex lege). A tale grandezza si sottraggono i contributi previdenziali effettivamente versati e alla differenza viene applicata l’aliquota del 15% (o del 5%) per determinare l’imposta dovuta. Ne consegue, all’atto pratico, che i costi sostenuti per lo svolgimento dell’attività risultano del tutto ininfluenti per la determinazione del reddito.

Il regime non prevede la gestione dell’IVA: di conseguenza le operazioni attive vengono addebitate senza applicazione dell’IVA, ma di riflesso l’IVA sugli acquisti non potrà essere portata in detrazione. Sono previste poi una serie di agevolazioni fiscali e contabili come il non essere soggetti agli studi di settore, la non assoggettabilità all’IRAP e alle addizionali e il venir meno dell’obbligo della tenuta dei registri obbligatori.

Trattandosi di un regime naturale, in questo periodo vicino alla fine dell’esercizio potrebbe risultare utile valutare la possibilità di accedervi dal 2018, previa verifica dei requisiti necessari. E’ bene tuttavia tenere presente che il regime in oggetto, prevedendo l’applicazione di una tassa piatta che sostituisce Irpef, Irap e le addizionali, chiude la porta a tutte le detrazioni (come ad esempio familiari a carico, interessi su mutui per acquisto prima casa, spese mediche). Per questo motivo, soprattutto coloro che hanno già un’attività e che ritengono di avere i requisiti per accedervi, devono porre particolare attenzione alle detrazioni d’imposta di cui non potranno più usufruire. Se, da un lato, il regime si accompagna a semplificazione ed aliquota fiscale contenuta, dall’altro potrebbe risultare meno conveniente di un regime ordinario, qualora l’ammontare delle detrazioni spettanti fosse di un importo tale da azzerare le imposte o, comunque, di determinarle in misura inferiore di quella risultante nel caso di applicazione del regime forfetario. Occorre, quindi, ponderare la scelta tenendo in considerazione anche la situazione familiare e "privata", evitando di lasciarsi guidare esclusivamente dal solo fatto di applicare un’aliquota inferiore.

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di Dott. U. Rondanini

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