Regole certe per le cartelle di pagamento via pec


Le cartelle notificate tramite PEC sono illegittime e devono essere annullate se contengono, come allegato, un file conformato .pdf e non .m7p.
Regole certe per le cartelle di pagamento via pec
Secondo l’elaborazione della Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia (sentenza n.204/2017) solo il file in formato .mp7 garantirebbe le garanzie tipiche della raccomandata tradizionale.
Come noto, già dal 1.06.2016, in virtù di quanto originariamente previsto dall'art. 38 D.L. 31.05.2010, n. 78, la notifica degli atti di riscossione destinati a imprese individuali o costituite in forma societaria e ai professionisti iscritti in albi o elenchi (ed alle persone fisiche, in via facoltativa) potrà avvenire esclusivamente via PEC , all'indirizzo risultante dall'Indice nazionale degli indirizzi di Posta elettronica certificata (INI-PEC).
Nel caso in cui il tentativo di notifica tramite PEC non vada a buon fine, l'atto della riscossione dovrà essere depositato (preferibilmente in formato elettronico) presso la Camera di Commercio territorialmente competente. Tale adempimento dovrà essere accompagnato dalla pubblicazione di un avviso sul sito Internet del medesimo ente camerale.
La nuova normativa, che prende spunto dalle regole dettate dal Codice dell’amministrazione digitale (CAD) di cui al D.Lgs. 7.03.2005, n. 82, è stata trasfusa nell'ambito dell’art. 26, c. 2 D.P.R. 29.09.1973, n. 602, rubricato "Notificazione2 ella cartella di pagamento" che quindi può essere eseguita, con le modalità di cui al D.P.R. 11.02.2005, n. 68. La Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia, con la sentenza 31.07.2017, n. 204, ha annullato 12 cartelle esattoriali notificate tramite la posta elettronica certificata contenenti come allegato, un file con formato .pdf e non .m7p.
Nel caso di specie il file della cartella di pagamento scelto dall'agente della riscossione era infatti un file ".pdf" motivo per cui la Commissione, non risultando avere anche l’estensione ".p7m" (tipica dei file firmati digitalmente) ha ritenuto non valida la notificazione per posta elettronica certificata della cartella di pagamento non essendo questa firmata digitalmente.
Nell'interpretazione elaborativa dei giudici reggiani "non solo l’integrità e l’immodificabilità del documento informatico, ma anche, per quanto attiene alla firma digitale, l’identificabilità del suo autore e conseguentemente la paternità dell’atto, è garantita solo attraverso l’estensione del file ".p7m".
Infatti, con la notifica via PEC, in formato "pdf" non viene prodotto l’originale della cartella, ma solo una copia elettronica, senza valore perché priva di attestato di conformità da parte di un Pubblico Ufficiale... solo l’estensione che rappresenta la cosiddetta "busta crittografica" contenente al suo interno il documento originale, l’evidenza informatica della firma e la chiave per la sua verifica, può attestare la certificazione della firma. In difetto di detta estensione del file, la notificazione via PEC ... non è valida con annullamento derivato delle cartelle stesse".
La pronuncia del collegio emiliano riproduce l’impostazione interpretativa espressa da altre Corti di merito tra cui C.T.P. Milano, sentenza 13.12.2016, n. 1023, pubblicata il 3.02.2017 ed anche C.T.P. Savona, sent. 26.01.2017, nn. 100 e 101. La Commissione ligure, in quella occasione, ha aderito alle conclusioni raggiunte da perizia tecnica di parte, non contestata dall'Ente di Riscossione secondo la quale era stato attestato che i documenti inviati via PEC, fossero " del tutto carenti di quelle procedure atte a garantire la genuina paternità, nonché mancanti della firma informatica e/o digitale".

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di Studio Bitetti - Tributario

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