Convivenza more uxorio. Tutela patrimoniale


Quali sono le tutele patrimoniali dell`ex convivente in caso di cessazione della convivenza? Tutele della famiglia di fatto
Convivenza more uxorio. Tutela patrimoniale
Il fenomeno sociale della convivenza senza matrimonio è in continua crescita.
Ciò nonostante, il legislatore italiano non abbia ancora disciplinato in alcun modo la convivenza more uxorio.

Anche in questa delicata materia, è stata la giurisprudenza a precedere il legislatore e ad introdurre alcune forme di tutela a favore dei conviventi.
Così, ad esempio, la Corte Costituzionale ha sancito il diritto di un cittadino extracomunitario di ricongiungersi all’altro genitore di un minore, anche se non coniugato col primo. Sempre la Corte Costituzione ha esteso anche al convivente il diritto di succedere nel contratto di locazione del defunto intestatario.

Numerose sono invece le sentenze che attribuiscono il godimento esclusivo dell’abitazione familiare alla mamma, in caso di presenza di minori.
Anche alcune norme hanno previsto alcune forme di tutela in favore dei conviventi.
Si pensi all’art. 249 cpc che estende la facoltà di astensione dalla testimonianza al convivente. L’art. 681 cpp che estende al convivente la facoltà di presentare la domanda di grazia.

Nonostante le suddette norme e decisioni, ancora oggi nel nostro ordinamento non si può equiparare la famiglia di fatto a quella legittima.

In dottrina il dibattito si è infiammato sul tema della risarcibilità del danno a seguito della fine della convivenza. Una parte di essa ha individuato nell’art. 129 cc, il matrimonio putativo, lo strumento attraverso il quale attribuire al giudice il potere di porre a carico di uno dei due soggetti conviventi, l’obbligo di corrispondere una somma di danaro in favore dell’altro. La condizione di un soggetto che ha fatto affidamento su un matrimonio poi annullato, viene equiparata a quella del soggetto che abbia ritenuto la convivenza protratta nel tempo simile ad un rapporto coniugale di fatto. In entrambi i casi, siamo nell’ambito dei doveri di solidarietà tutelati dall’art. 2 della costituzione .

Parte della dottrina è giunta ad ipotizzare l’estensione analogica della disciplina dell’assegno divorzile.
Altri studiosi hanno individuato uno strumento di tutela nell’estensione dell’art. 80 cc, che prevede la restituzione dei doni fatti a causa della promessa di matrimonio, anche al convivente che abbia subito una rottura unilaterale del rapporto di convivenza sul quale aveva fondato un progetto di vita.

La sfera in cui maggiormente si risente dell’assenza di una disciplina organica è quella relativa alle conseguente derivanti dalla cessazione della convivenza.
Già negli anni ottanta, i giudici escludevano che una prolungata relazione fosse idonea a produrre fra le parti diritti di alcun genere.
Ma a parte il diritto all’assegnazione della casa, oggi unanimemente riconosciuto come un diritto del minore e non del convivente, i giudici di merito hanno continuato a negare qualsivoglia diritto in favore dell’ex convivente.
La giurisprudenza ribadisce che all’ex convivente more uxorio non compete nemmeno la restituzione a titolo di indebito delle somme da questi elargite al convivente.

Pur censurando la condotta morale del convivente fedifrago, i giudici genovesi hanno negato anche l’obbligo di risarcimento nell’ipotesi di cessazione della convivenza conseguente ad una relazione estranea alla convivenza durante il periodo in cui la compagna si sottoponeva a cure per la procreazione. Importante sottolineare che il giudice di merito non ha ravvisato alcun illecito nella condotta fedifraga del vincolo sentimentale. Infatti, nella convivenza more uxorio mancherebbe un valore giuridicamente riconosciuto del reciproco impegno di fedeltà. Anzi, il giudice aggiunge che perfino nell’ambito del matrimonio, la giurisprudenza è riluttante a qualificare come illeciti casi simili.

Degno di nota, invece, è il caso giuridicamente interessante del convivente che abbia promesso di contrarre matrimonio al solo fine di vincere la resistenza sessuale della donna, con la chiara intenzione di non mantenere fede alla promessa. In questo caso, si configura la fattispecie di illecito extracontrattuale che assurge a fonte di responsabilità diversa e distinta da quella prevista per la rottura della promessa di matrimonio.

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di Avv. Giampaolo Pisano

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