Infedeltà e separazione


Addebito della separazione per violazione dell’obbligo di fedeltà
Infedeltà e separazione
Il combinato disposto degli artt. 3 e 29 della Costituzione sancisce il principio di eguaglianza dei coniugi all’interno della famiglia, i quali contraendo matrimonio, assumono i medesimi doveri, compreso l’obbligo di reciproco di fedeltà, assistenza morale e materiale.

Questi obblighi sono inderogabili (art. 160 c.c.), quindi sottratti alla disponibilità delle parti; diverso è l’aspetto relativo alla loro valenza sociale ed all’interpretazione giuridica che ne viene data.

Partendo da quest’ultimo aspetto è di agevole constatazione che provare un credito in giudizio allegandone gli elementi costitutivi (contratto, fatture ecc.) è un discorso, mentre di tutt’altro tenore è la dimostrazione della consumazione di un adulterio, poiché molto spesso la produzione di documentazione in siffatte situazioni può ottenersi solo commettendo altre violazioni, gravi, forse, quanto quelle che si vuole dimostrare (si pensi alla violazione della "privacy" ex D.L. 196/2003).

Di conseguenza, l’adulterio deve provarsi per presunzioni gravi, precise e concordanti, non essendo consentite prove dirette, quali la sorpresa in flagranza o riprese fotografiche (1).

Di grande rilevanza è anche il comportamento esteriore tenuto in pubblico, tale da generare nei familiari e nei terzi sospetti di infedeltà, configurabili quali "adulterio apparente" a prescindere dall’attuazione dello stesso, comportamento che offenda la sensibilità ed il decoro dell’altro coniuge (2) (sulla nozione di infedeltà apparente si veda CASS. 11.6.2008 n. 15557).

Dopo aver delineato brevemente i caratteri dell’obbligo di fedeltà occorre chiedersi se la violazione dell’obbligo di fedeltà possa costituire ragione per l’addebito della separazione.

Al riguardo occorre riportare il consolidato orientamento giurisprudenziale a mente del quale: "L’inosservanza dell’obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce di regola, circostanza sufficiente a giustificare l’addebito della separazione al coniuge responsabile, sempre che non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale, e quindi la mancanza di legame eziologico tra l’infedeltà e la crisi coniugale ".

Il principio astratto in esame deve, però, essere rapportato alla vicenda concreta in cui sarà compito del Giudice adìto valutare se il tradimento di uno dei coniugi sia stato l’elemento determinante la frattura dell’unione coniugale, oppure se la fine dell’unione sia il risultato di un deterioramento progressivo del rapporto nel suo complesso, generato dai comportamenti di entrambi i coniugi.

Effettuata tale valutazione, recentemente La Corte d’Appello di Milano (3) si è pronunciata su una tale fattispecie, riformando la sentenza di primo grado che vedeva l’addebito della separazione alla moglie, a causa di una precedente relazione intrattenuta con un altro uomo.

La Corte adìta, nel caso concreto, ha accertato che il tradimento è stato conseguenza del deterioramento del "rapporto di coppia", che aveva indotto la moglie a sporgere denuncia per maltrattamenti nei confronti del marito, maltrattamenti confermati anche dai figli, e non la causa della separazione.

Giuseppe LIBUTTI
Avvocato in Roma.
http://www.studiolegalelibutti.com/

1 Sul punto si veda CASS. PEN., Sez. V, 23.5.1994 , in Giust. Pen. 1995,II, 293.
2 CASS. CIV. 17.9.1999, n. 9472, in Giust. Civ. 1999,I,2600.
3 Corte D’Appello Milano, Sez. Minori e Famiglia, 4.4.2016 n. 1285.

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di Avv. Giuseppe LIBUTTI

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