Usura, cumulabilità degli interessi pagati


Ai fini del calcolo del tasso usuraio, gli interessi corrispettivi sono cumulabili con i tassi di mora
Usura, cumulabilità degli interessi pagati
L’ordinanza n. 23192 del 4 ottobre della Corte di Cassazione (VI sezione civile) afferma un principio importantissimo ad appannaggio della tutela dei cittadini, professionisti o imprese che stipulano un contratto di mutuo fondiario con le banche.
Il caso preso in esame dalla Suprema Corte è stato emblematico per affermare che, ai fini del calcolo del tasso usuraio, gli interessi corrispettivi sono cumulabili con i tassi di mora. Utilizzando altre parole, se il totale dei tassi pagati dal cliente alla banca (tra corrispettivi e di mora) superano il tasso soglia legale, allora quanto pagato a titolo di interessi risulta a titolo usuraio e, in base all’art. 1815, comma 2, del codice civile, nessun interesse è dovuto si dovrà restituire alla banca solo il capitale prestato.

Prima di entrare nel merito dell’ordinanza, è bene fare chiarezza su alcuni concetti.
Innanzitutto va delineata la differenza tra tassi corrispettivi e tassi di mora.
I tassi corrispettivi sono quei tassi che vengono applicati dalle banche al richiedente un mutuo fondiario a titolo di compenso in ragione del "prestito di liquidità" che viene poi restituito all’istituto di credito attraverso le rate mensili.
Il tasso di mora è quel tasso applicato dalla banca sulle somme dovute e restituite in ritardo dal richiedente il mutuo fondiario.

Altro concetto da chiarire è la differenza tra usura originaria e usura sopravvenuta.
L’usura originaria si ha quando il tasso (corrispettivo e/o di mora) concordato e applicato in sede di stipula di contratto di mutuo supera il tasso soglia legale ed è, quindi, usuraio.
L’usura sopravvenuta, invece, si ha quando il tasso (corrispettivo e/o di mora) inizialmente applicato era inferiore al tasso soglia legale, ma poi, durante il rapporto contrattuale del mutuo, ha superato il tasso legale.

E’ importante, infine, citare, l’articolo 1815 del codice civile che, al secondo comma, recita: "Se sono convenuti interessi usurari (in sede di stipula di contratto di mutuo fondiario, nda) la clausola è nulla e non sono dovuti interessi". Dunque, se il contratto di mutuo prevede un tasso al di sopra di quello legale, il richiedente dovrà ridare alla banca solo il capitale preso in prestito al netto degli interessi.

Detto ciò, il punto è: è necessario che il singolo tasso (corrispettivo o di mora) sia superiore al tasso legale per poter applicare l’articolo 1815 c.c. oppure si deve fare riferimento alla somma dei tassi?
Ecco, la Cassazione ha chiaramente affermato la seconda ipotesi per il calcolo del tasso usuraio. E dunque, la somma degli interessi versati non devono essere superiori al tasso legale.

Per dovere di cronaca, nel caso esaminato dagli Ermellini, una banca chiedeva di essere ammessa al passivo del fallimento di una società con la quale aveva stipulato un mutuo fondiario adducendo che il tasso applicato aveva superato il tasso legale durante il corso del rapporto contrattuale (cioè si trattava di un caso di usura sopravvenuta). Invece, sia il Tribunale di merito che la Cassazione hanno stabilito che il caso rientrava nel caso di usura originaria e hanno rigettato il ricorso della banca. E appunto, è stato specificato dalla Suprema Corte il principio sopra enunciato.
Nell’ordinanza, infatti, si legge: "il ricorso è manifestamente infondato; come ha già avuto modo di statuire la giurisprudenza di legittimità «è noto che in tema di contratto di mutuo, l'art. 1 della I. n. 108 del 1996, che prevede la fissazione di un tasso soglia al di là del quale gli interessi pattuiti debbono essere considerati usurari, riguarda sia gli interessi corrispettivi che quelli moratori (Cass. 4 aprile 2003, n. 5324). Ha errato, allora, il tribunale nel ritenere in maniera apodittica che il tasso di soglia non fosse stato superato nella fattispecie concreta, solo perché non sarebbe consentito cumulare gli interessi corrispettivi a quelli moratori al fine di accertare il superamento del detto tasso» (Cass. ord. 5598/2017; con principio già affermato da Cass. 14899/2000)".

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di Dott. Marco Buzzavo

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