Validità dei contratti bancari "monofirma"


La recentissima sentenza della Cass. SS. UU. n. 898/2018
Validità dei contratti bancari "monofirma"
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 898 del 16.01.2018, in accoglimento del ricorso della Banca Popolare di Sondrio, hanno stabilito che "il requisito della forma scritta del contratto-quadro relativo ai servizi di investimento, disposto dall'art.23 del d.lgs. 24.02.1998, n. 58, è rispettato ove sia redatto il contratto per iscritto e ne venga consegnata una copia al cliente, ed è sufficiente la sola sottoscrizione dell'investitore, non necessitando la sottoscrizione anche dell'intermediario, il cui consenso ben si può desumere alla stregua di comportamenti concludenti dallo stesso tenuti".
In sostanza le Sezioni Unite hanno sottolineato che il citato art. 23 del d.lgs. 58/1998 è riferibile ai contratti-quadro e che la previsione della nullità è posta nell’interesse esclusivo del contraente debole (l’investitore), essendo volta "ad assicurare la piena indicazione al cliente degli specifici servizi forniti, della durata e delle modalità di rinnovo del contratto e di modifica dello stesso, delle modalità proprie con cui si svolgeranno le singole operazioni, della periodicità, contenuti e documentazione da fornire in sede di rendicontazione, ed altro come specificamente indicato, considerandosi che è l'investitore che abbisogna di conoscere e di potere all'occorrenza verificare nel corso del rapporto il rispetto delle modalità di esecuzione e le regole che riguardano la vigenza del contratto, che è proprio dello specifico settore del mercato finanziario".
Ergo il contratto bancario, essendo predisposto nell’interesse esclusivo del cliente, non necessita obbligatoriamente della sottoscrizione del delegato della banca, allorquando si sia già perfezionato con la consegna all’investitore e la sua firma.
Infatti, come già osservato da attenta dottrina, poiché il requisito della forma, ex art. 1325 n.4 c.c., deve essere inteso in senso "funzionale" ossia avendo riguardo alla finalità propria della normativa, ne deriva come corollario logico che il consenso della banca può essere anche tacito e risultare da semplici "comportamenti concludenti", quali l’invio di estratti conto o l’esecuzione di singoli ordini di addebito o di accredito. In quest’ottica e secondo la sentenza in commento, la sottoscrizione dell’intermediario (la banca) non appare in grado di "svolgere alcuna specifica funzione", una volta che il cliente abbia ricevuto dalla banca il modulo contrattuale e lo abbia sottoscritto.
Per quanto detto, la sentenza in commento si pone in giusto accordo non solo con la dottrina e la giurisprudenza nazionale, ma anche con le disposizioni dell'ordinamento europeo, che già con le direttive 2004/39/CE (Mifid 1) e 2014/65/UE (Mifid 2) hanno inteso razionalizzare la materia al fine di perseguire gli obiettivi di trasparenza e di tutela degli investitori.

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di Avv. Silvia Salomè

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