Titoli tecnologici nella morsa fiscale in Europa
Aumento della tassazione in Europa per le multinazionali hi-tech. Ripercussione sui titoli? Rischio bolla?
Le società tecnologiche, data l'immaterialità del business, sono in grado di spostare i ricavi verso paesi a tassazione ridotta riuscendo anche a nascondere il luogo di produzione degli utili; questo ha determinato un tax rate medio per tali aziende ben al di sotto del 20%.
La Commissione Europea sta lavorando alla proposta di una web tax, che va nella stessa direzione della convenzione OCSE contro il profit shifting, per colpire le multinazionali digitali (Apple, Amazon, Alphabet/Google, Facebook) che sono dedite a pratiche fiscali aggressive. La proposta prevede una tassazione in base al fatturato indipendentemente dal luogo di produzione degli utili.
Alla luce di questo possibile inasprimento fiscale e considerando che i colossi digitali hanno avuto una crescita delle valutazioni in borsa dal 2000 (anno della famosa bolla dot.com) ad oggi pari al 56% ed anche in virtù delle problematiche legate all'antitrust, è lecito porsi la domanda se ci sia un rischio di storno per il settore e se si debba adottare la tutela massima negli acquisti.
A onor del vero, per completare il quadro generale, va ricordato l'aiuto che la riforma fiscale di Trump ha fornito alle multinazionali per il rimpatrio dei capitali. Tali aziende infatti oltre a beneficiare dell'abbassamento dell'aliquota dal 35% al 20% usufruiscono anche di uno sconto del 50% sulle attività tassate negli Stati Uniti (quindi, in soldoni, pagherebbero il 10%).
Tessendo le fila del ragionamento, rischi di quotazioni elevate e possibilità di correzioni non sono da escludere, ma il ripetersi di ciò che è tristemente avvenuto nel 2000 appare allo stato delle cose piuttosto improbabile.
La Commissione Europea sta lavorando alla proposta di una web tax, che va nella stessa direzione della convenzione OCSE contro il profit shifting, per colpire le multinazionali digitali (Apple, Amazon, Alphabet/Google, Facebook) che sono dedite a pratiche fiscali aggressive. La proposta prevede una tassazione in base al fatturato indipendentemente dal luogo di produzione degli utili.
Alla luce di questo possibile inasprimento fiscale e considerando che i colossi digitali hanno avuto una crescita delle valutazioni in borsa dal 2000 (anno della famosa bolla dot.com) ad oggi pari al 56% ed anche in virtù delle problematiche legate all'antitrust, è lecito porsi la domanda se ci sia un rischio di storno per il settore e se si debba adottare la tutela massima negli acquisti.
A onor del vero, per completare il quadro generale, va ricordato l'aiuto che la riforma fiscale di Trump ha fornito alle multinazionali per il rimpatrio dei capitali. Tali aziende infatti oltre a beneficiare dell'abbassamento dell'aliquota dal 35% al 20% usufruiscono anche di uno sconto del 50% sulle attività tassate negli Stati Uniti (quindi, in soldoni, pagherebbero il 10%).
Tessendo le fila del ragionamento, rischi di quotazioni elevate e possibilità di correzioni non sono da escludere, ma il ripetersi di ciò che è tristemente avvenuto nel 2000 appare allo stato delle cose piuttosto improbabile.
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