Debiti dell'azienda ceduta: chi ne risponde?


Cessione di azienda e responsabilità della cessionaria per i debiti dell'azienda ceduta
Debiti dell'azienda ceduta: chi ne risponde?
L'ipotesi di trasferimento d'azienda ricorre non solo nei casi espressamente contemplati della vendita, dell'affitto e della concessione in usufrutto dell'azienda, ma anche nelle ipotesi in cui, ferma restando l'organizzazione del complesso dei beni destinati all'esercizio dell'impresa e, quindi, immutato il suo oggetto e la sua natura obiettiva, si sia realizzata la sostituzione della persona del titolare, quale che sia il mezzo giuridico attraverso il quale detta sostituzione si attua e relativamente alla cessione di beni aziendali realizzati attraverso atti negoziali distinti di trasferimento in proprietà, affitto o a titolo di comodato, facenti parte di un disegno unitario (Cass. civ., 09/10/2009, n. 21481).

In qualunque modo si realizzi il trasferimento dell'azienda, la conseguenza è l’applicabilità alla fattispecie della disciplina di cui all’art. 2560 c.c., a mente del quale da un lato l'alienante non è liberato dai debiti inerenti all'esercizio dell'azienda ceduta, anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito e, dall’altro, risponde dei debiti suddetti anche l'acquirente della azienda, se essi risultano dai libri contabili obbligatori.

L’iscrizione dei debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta nei libri contabili obbligatori è elemento costitutivo della responsabilità dell’acquirente dell’azienda e, data la natura eccezionale della norma (art. 2560, comma 2, c.c.) che prevede tale responsabilità, non può essere surrogata dalla prova che l’esistenza dei debiti era comunque conosciuta da parte dell’acquirente medesimo (Cass. civ., 10.11.2010 n. 22831; Cass. civ., 9.10.2009 n. 21481; Cass. civ. 30/06/2015 n. 13319).

A proposito della conoscenza o conoscibilità dell’esistenza dei debiti della cedente, va richiamata la recentissima sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 5054 del 28 febbraio 2017, la quale, ha stabilito un importante principio in merito all’applicazione dell’art. 2560, comma 2, c.c.

È pacifico in giurisprudenza che ogni qual volta sia configurabile un trasferimento di azienda, si applica la disciplina di cui all’art. 2560, comma 2, c.c.

La Corte di Cassazione ha negato possa essere seguita la tesi per cui sarebbe sufficiente, ai fini della configurabilità della responsabilità solidale della cessionaria per i debiti della cedente, la conoscibilità, tramite i libri contabili obbligatori, del precedente rapporto contrattuale intrattenuto dal cedente, pur se ormai esaurito, dal quale è poi scaturito il debito, all’epoca non conosciuto né conoscibile, in quanto futuro e meramente ipotetico, derivante dall’esperimento dell’azione poi intrapresa.

Ciò perché ritenere che la conoscenza, risultante dai libri contabili obbligatori, dell’esistenza di un pregresso rapporto contrattuale della cedente, significhi conoscibilità di tutti i possibili rapporti debitori futuri derivanti da azioni giudiziarie intraprese da terzi sulla base di quei rapporti contrattuali (e quindi, aggiungeremmo, anche di eventuali azioni risarcitorie derivanti dai rapporti contrattuali in questione), dilata a dismisura l’ambito di applicazione dell’art. 2560, comma 2, c.c.

Difatti, tale interpretazione include nella previsione di solidarietà obbligazioni non ancora venute alla luce, sulla sola base di un documentato fatto genetico mediato (cioè il rapporto contrattuale a monte) e, dunque, finisce per includere nella solidarietà stessa anche il mero rischio di sopravvenienza passiva anziché un debito già maturato ed annotato nei libri contabili, come testualmente previsto dalla norma.
Si deve, invece, ricondurre la responsabilità del cessionario-avente causa nell’alveo dell’evidenza diretta, risultante dai libri contabili obbligatori dell’impresa, a tutela del suo legittimo affidamento, essenziale per il corretto svolgimento della circolazione di beni di particolare rilievo commerciale.
Infatti, sempre secondo la Suprema Corte, la chiara dizione della rubrica ("Debiti relativi all’azienda ceduta") e del testo dell’art. 2560 c.c., non consente di ritenere estensivamente inclusa nel trasferimento dell’azienda commerciale anche una situazione non già di debito, bensì di soggezione ad una successiva azione giudiziaria (nel caso esaminato dalla Suprema Corte, una revocatoria promossa dal curatore del fallimento del solvens).

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di Avv. Lucia Desiderio

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