Contratto a termine, nuova formulazione


Il contratto a termine, recentemente, ha subito diverse modifiche. La più rilevante è data dalla possibilità di stipulare contratti privi di causa
Contratto a termine, nuova formulazione
Con la legge L. 16 maggio 2014 n. 78 (Gazzetta Ufficiale n. 114 del 19 maggio 2014) il contratto a termine ha subito diverse modifiche:
- abolizione delle causali giustificatrici dell'apposizione del termine e delle ragioni oggettive per la proroga
- previsione di una durata massima triennale del contratto
- possibilità di proroga fino a cinque volte nell'arco del triennio
- previsione di un limite massimo legale al numero complessivo di contratti a termine instaurati da ciascun datore di lavoro

Di sicuro la più rilevante è data dalla possibilità di stipulare contratti a temine acausali, il che sta ad indicare che non è più necessario indicare le ragioni tecniche organizzative, produttive, sostitutive a giustificazione del termine.
Vi è da dire che, in precedenza, proprio la necessità di indicare dette ragioni ha portato a un contenzioso considerevole spesso a danno del datore di lavoro che, ingenuamente e mal consigliato, si limitava semplicemente a indicare ad es. ragioni produttive o organizzative e null’altro, vedendosi così trasformare il rapporto a termine in rapporto a tempo indeterminato.

Altra novità è data dalla durata massima del contratto, pari a 36 mesi, mentre nulla cambia sull’obbligo della stipula per iscritto del contratto.
Se riferita alla stessa attività lavorativa non è più necessario specificare le ragioni della proroga, fermo restando il periodo massimo di 36 mesi del contratto. Il contratto può essere prorogato sino a 5 volte, anziché una sola.

L’imprenditore non può assumere lavoratori a termine oltre la percentuale del 20% dei lavoratori in forza con contratto a tempo indeterminato, il limite del 20% non si applica però alle assunzioni effettuate dagli enti di ricerca che godono di flessibilità maggiore.
Se tale limite indicato viene superato sono applicate sanzioni di carattere pecuniario.
In pratica se il numero degli addetti a tempo determinato supera il 20%, ma non supera il 21% dell'organico, la sanzione è pari al 20% dello stipendio dei dipendenti in eccesso. Se lo sforamento va oltre il 21%, la sanzione sarà pari al 50% delle retribuzioni.
I sindacati maggiormente rappresentativi possono individuare soglie diverse attraverso le c.d. clausole di contingentamento.

Nulla si dice sulla reintegra lasciando in tal modo aperta la possibilità che il dipendente, diciamo in esubero sulla percentuale indicata, possa richiedere ed ottenere dal giudice del lavoro il riconoscimento di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.
Sarebbe essenziale un chiarimento su tale aspetto da parte del Ministero del lavoro.



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di Avv. Vito Manfredi

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