Sfratto per morosità


Opposizione dell'intimato e condanna al pagamento dei canoni pregressi
Sfratto per morosità

NEL PROCEDIMENTO PER CONVALIDA DI SFRATTO, L’OPPOSIZIONE DELL’INTIMATO AI SENSI DELL’ART. 665 C.P.C. DETERMINA LA CONCLUSIONE DEL PROCEDIMENTO A CARATTERE SOMMARIO E L’INSTAURAZIONE DI UN NUOVO E AUTONOMO PROCEDIMENTO A COGNIZIONE PIENA, ALLA CUI BASE VI E’ L’ORDINARIA DOMANDA DI ACCERTAMENTO E DI CONDANNA, E’ CONSENTITO AL LOCATORE DOMANDARE CON LA MEMORIA DI CUI ALL’ART. 426 C.P.C. LA CONDANNA AL PAGAMENTO DEI CANONI PREGRESSI IL CUI MANCATO PAGAMENTO NON E’ STATO DEDOTTO NELL’INTIMAZIONE DI SFRATTO PER MOROSITA’ (CASS. ORD. 23/03/2017 N° 7430).
Questo è il principio affermato dalla Cassazione nell’Ordinanza della III Sezione Civile del 231/03/2017, n° 7430, che trae origine dalla controversia insorta tra locatore e conduttore ove con al memoria integrativa, ex art. 426 c.p.c. il locatore ha domandato il pagamento di canoni pregressi non dedotti nell’intimazione di sfratto.
La domanda inizialmente accolta in primo grado è stata successivamente respinta in appello, ma la Cassazione, con la sentenza in commento, accogliendo il secondo gravame, cassava la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, rinviando la causa ad altra sezione della Corte d’Appello di Torino e enunciando i principi suddetti.
Punto nodale della vicenda sono i limiti posti all’integrazione degli atti introduttivi mediante la memoria prevista dall’art. 426 c.p.c., a seguito dell’opposizione dell’intimato ai sensi dell’art. 665 c.p.c.. che, secondo l’evoluzione della giurisprudenza della Corte, determina la conclusione del procedimento a carattere sommario e l’instaurazione di un nuovo e autonomo procedimento a cognizione piena, alla cui base vi è l’ordinaria domanda di accertamento e condanna, e nel quale le parti possono esercitare tutte le facoltà connesse alle rispettive posizioni, ivi compresa per il locatore la possibilità di proporre una domanda nuova.
La norma di cui all’art. 426 c.p.c. contempla il passaggio al rito speciale con riferimento a cause relative ad uno dei rapporti previsti dall’art. 409 c.p.c., promossa con rito ordinario, ma in materia di locazione il significato della norma muta, tant’è che trova applicazione in quanto applicabile, come prevede l’art. 447 - bis. Il mutamento del rito previsto dall’art. 667 c.p.c. attiene non ad una causa già introdotta (con rito ordinario invece che con rito del lavoro) e s’impone prechè, essendo la controversia locatizia, retta dal rito lavoristico, il giudizio prosegue nelle forme speciali.
In tal senso la prosecuzione deve essere intesa come chiusura del procedimento a cognizione sommaria ed apertura di un giudizio a cognizione piena e le preclusioni del rito lavoristico scattano, non dall’ordinanza di mutamento del rito, ma dal deposito della memoria integrativa ex art. 426 c.p.c., che non può e non deve essere letta nel senso di rimedio alla irregolarità di una controversia di lavoro introdotta nelle forme ordinarie, ma segna il passaggio dal procedimento sommario alla controversia locatizia.
Lo sbarramento di cui all’art. 420, 1° comma c.p.c., sulla possibilità di modificare le domande, si riferisce non all’originaria domanda di cui all’intimazione di sfratto, ma alla domanda così come cristallizzata nella memoria ex art. 426 c.p.c.
Pertanto nel procedimento per convalida di sfratto, l’opposizione dell’intimato dà luogo alla trasformazione in un processo di cognizione, destinato a svolgersi nelle forme di cui all’art. 447 - bis c.p.c., con la conseguenza che, non essendo previsti specifici contenuti degli atti introduttivi del giudizio, il thema decidendum risulta cristallizzato solo in virtù della combinazione degli atti della fase sommaria e delle memorie integrative ex art. 426 c.p.c., potendo l’originario intimante, in occasione di tale incombente, non solo emendare le sue domande, ma anche modificarle.

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di Avv. Edoardo Nesci

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