La riforma dell'ordinamento penitenziario (parte 2)


Semplificazione di procedimenti. Eliminazione di preclusioni ed automatismi
La riforma dell'ordinamento penitenziario (parte 2)
Gli articoli 4 e 5 dello schema di decreto legislativo per la riforma dell’ordinamento penitenziario provvedono a modificare o ad abrogare norme in materia di procedimenti per la concessione di permessi ai detenuti, ricoveri in strutture sanitarie, liberazione anticipata per buona condotta, richieste volte a scontare la pena con una misura alternativa alla detenzione. Se e quando entrerà a regime la riforma, questi procedimenti saranno notevolmente semplificati e la loro durata ridotta, in quanto competente per l’adozione dei relativi provvedimenti sarà il Tribunale di Sorveglianza in composizione monocratica e non più collegiale; sarà abolito il reclamo come mezzo di impugnazione e ammesso solo il ricorso per Cassazione nei casi previsti dalla legge; sarà data all’Amministrazione Penitenziaria la facoltà di stare in giudizio dinanzi al Magistrato di Sorveglianza personalmente senza necessità dell’intervento dell’Avvocatura dello Stato, con conseguente notevole contenimento dei costi.
E’ anche uniformato il limite massimo di pena al di sotto del quale possono essere concessi la sospensione dell’esecuzione per motivi di salute e l’accesso alle misure alternative: questo limite sarà, in tutti i casi, pari a quattro anni.
Viene altresì ridotto il carico burocratico relativo all’attività dei volontari ammessi a cooperare con gli istituti di pena, così come il numero degli adempimenti a carico degli uffici per l’esecuzione penale esterna (UEPE).
Il successivo articolo 7 elimina molte delle preclusioni e degli automatismi che finora hanno impedito l’accesso ai benefici previsti dalle leggi in materia di trattamento penitenziario a condannati per reati di notevole gravità e allarme sociale indicati dall’art. 4 bis ord. pen., quali: omicidio volontario, associazione a delinquere di tipo mafioso, terroristico, eversivo o finalizzata al narcotraffico, sequestro di persona a scopo di estorsione, violenza sessuale, pornografia minorile, riduzione in schiavitù, tratta di persone. La regola valida finora prevedeva che questi condannati, a parte la liberazione anticipata trascorsi i termini e verificatisi i presupposti di legge, non potessero accedere ad alcun beneficio, per il fatto di essere stati condannati per quelle tipologie di reato, salvo che decidessero di collaborare con la giustizia. Questa regola resterà valida per coloro dei quali sia dimostrato il permanere di un legame con associazioni mafiose, terroristiche o eversive, oltre che, naturalmente, per quelli che ricoprano ruoli di vertice all’interno delle organizzazioni stesse. Ne deriva che tutti gli altri, quindi anche chi era appartenuto in passato ad associazioni siffatte, ma rivestiva un ruolo di gregario e/o si dimostri che abbia definitivamente "tagliato i ponti" con quella consorteria criminale, potranno chiedere ed ottenere i benefici di legge alle stesse condizioni previste per i condannati per reati meno gravi.
Gli articoli 8 e 9 sopprimono preclusioni ed automatismi in materia di concessione di permessi premio, salvi i limiti imposti dal citato art. 4 bis ord. pen. E’ resa meno severa la normativa in materia di concessione di permessi premio ai recidivi reiterati, che ora devono scontare una parte di pena molto superiore a quella imposta ai rei primari o recidivi semplici che chiedano lo stesso beneficio: la riforma ridurrà notevolmente tale divario.
La ratio delle norme contenute in questa parte del decreto sta nella volontà del legislatore di potenziare la funzione rieducativa della pena costituzionalmente prevista, smussando l’ottica prevalentemente retributiva che fin qui ha guidato la disciplina del trattamento penitenziario applicabile ai colpevoli di reati gravi ed infamanti.
(continua)

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di Cristina De Marchi

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