Come e perché affrontare un percorso personale


Esiste un segnale che ci fa sentire pronti a lavorare su di noi? C'è una misura di malessere che ci porti a muoverci alla ricerca di una soluzione?
Come e perché affrontare un percorso personale
Molti anni fa, quando ero poco più che ventenne, conobbi un medico, tutt’oggi un caro amico, che mi lasciò interdetto con una frase che capii soltanto diversi anni dopo proprio in seguito al mio percorso e ai miei studi. Quelle parole suonavano all’incirca così: la malattia è veramente tale solamente quando ti dà fastidio e non quando insorge. E proprio sulla base di questa misteriosa affermazione dalla quale toglieremo il termine "malattia" scambiandolo con qualcosa che ci toglie benessere, vi domando:
quante persone che conoscete avrebbero bisogno di un aiuto? O di qualcuno che li accompagni a vedere con più lucidità alcune delle cose che vivono con così tanta fatica o pesantezza? Quante persone che conoscete vi riversano problemi più o meno gravosi e che toccano tutte le sfere della loro vita e che, nonostante i vostri ripetuti consigli, continuano imperterriti a darsi sempre le stesse identiche risposte mantenendo in essere le stesse criticità di sempre?
Fino a qualche anno fa, se si poneva alle persone la domanda sul perché ci potesse essere bisogno di intraprendere un percorso su se stessi, la maggior parte di loro avrebbe risposto in maniera alquanto sbrigativa, svelando una vecchia credenza che faceva pensare ad una "patata bollente", un tema caldo impossibile da prendere in considerazione. E infatti parrebbe essere proprio così, anche se è soltanto un’illusione o un preconcetto ereditato da qualche parte. Andiamo quindi ad esplorare in termini - anche se in maniera un po’ troppo generica - come ci si può destreggiare nell’affrontare il sicuro miglioramento della propria vita.
Per alcune generazioni precedenti è stato un luogo comune pensare che chi lavora su sé stesso deve avere qualcosa di brutto all’interno della propria storia o non essere completamente normale: tocchiamo quindi ferro per esorcizzare e allontanare da noi queste prime due opzioni. Andiamo quindi a mescolare fra loro la visione del professionista con quella del cliente per trarre una sintesi che potrebbe incoraggiare chi è ancora in bilico su questa difficile e amletica decisione. Dalla parte del professionista per motivare la presa in carico del "perché farlo", e per permetterci invece come clienti di avere una qualsiasi forma di risultato, necessita di partire con una domanda, un obiettivo o quella che potremmo definire una criticità che si desidera - di conseguenza - andare a modificare o a risolvere. Assodato questo elemento che dovrebbe muoverci verso una qualche soluzione, si parte alla ricerca di una corrente o di un professionista che faccia al caso nostro - e questo è un elemento fondamentale se non il più importante. Ho citato "una corrente" perchè non necessariamente si deve trattare di relazioni one to one ma anche corsi di crescita o altro di stimolante per la persona. Che cosa significa questo? Il cliente, esattamente come accade ad ogni persona, è portato a desiderare di vedere risolto il problema in meno tempo possibile (il motto è meno sto male e meglio è) e molto spesso questo elemento di "bisogno" gli suggerisce che il primo professionista che gli capita e che gli promette una soluzione, può già andare bene. È questa, quindi, la soluzione migliore o l’iter che ogni persona dovrebbe seguire? Beh, dipende dai punti di vista. Un proverbio dice che c’è un coperchio per ogni pentola o che ogni allievo ha l’insegnante che si merita e probabilmente è vero ma posso dire che se come clienti aggiungiamo alcune caratteristiche alle nostre selezioni, è possibile che qualcosa di maggiormente aderente alle nostre esigenze lo possiamo trovare. Tornando quindi al "perché", un percorso con un professionista non porta soltanto a sciogliere la criticità con la quale vi si è giunti ma si tende ad allargare comunque la visione generale delle cose, a migliorare altri spazi della propria vita poiché la nostra mente non è un insieme di compartimenti stagni e se posso disegnarvelo con una metafora, basta cambiare un solo tassello ad un puzzle che il disegno originario non sarà più lo stesso. Allo stesso modo, il tassello che avremo sciolto nella nostra vita ci porterà ad adeguare tutto il resto alla nuova modalità di visione che solitamente sarà più ampia e più morbida rispetto a quella precedente. In poche parole, lavorare su sé stessi è un vero toccasana, innanzi tutto per sé e accompagnandovi perfino a scoprire quali benefici porterà a tutte le relazioni che vi coinvolgono.

Articolo del:


di Piero Mazza

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