Stalking: aspetti penali e procedurali


Introdotto nel 2009, il reato di stalking mira a tutelare le vittime di molestie, minacce e persecuzioni
Stalking: aspetti penali e procedurali
Il reato di stalking (tradotto dall'inglese "to stalk", ovvero "fare la posta") è un reato introdotto recentemente nel codice penale con il d.l. n. 11/2009 (convertito con legge n. 38/2009) che ha introdotto all'art. 612-bis c.p. il reato di "atti persecutori". La norma è stata introdotta al fine di tutelare le vittime degli stalker (soprattutto donne vittime di violenza e femminicidi) che, prima dell’introduzione del nuovo reato, venivano imputati con le accuse meno gravi di minaccia o violenza privata con conseguenti pene più lievi.
Al primo comma si afferma: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita".

Dalla norma di evince che presupposti del reato sono:
- le condotte reiterate: non è sufficiente un singolo caso isolato, seppur illegale, di minaccia o molestia, ma ripetuti comportamenti illeciti. Il delitto di stalking rientra, quindi, nella categoria dei reati abituali e secondo la Corte di Cassazione, affinché si parli di atti persecutori, sono sufficienti anche "due sole condotte di minaccia o molestia" (Cass. n. 45648/2013; Cass. n. 6417/2010).
- un fondato timore nella vittima, ovvero l’ansia e la paura per le conseguenze alla propria incolumità devono essere effettivamente dovute al comportamento illecito dello stalker che compie telefonate, minacce, molestie, pedinamenti, ecc...
- la modifica delle proprie abitudini di vita: la vittima, al fine di arginare il timore ed evitare conseguenze gravi per la propria incolumità modifica il proprio stile di vita e i propri quotidiani spostamenti

Il reato di stalking ha dei punti in comune con quello di maltrattamenti in famiglia, ma a differenza di quest’ultimo, il reato di stalking può essere compiuto anche da soggetti esterni alla famiglia e che non rientrano nella sfera affettiva della vittima. Spesso il comportamento illecito è posto in atto da ex coniugi o ex fidanzati, ma può essere perpetrato anche da soggetti sconosciuti dalla vittima. Per questo, il reato di stalking è definito comune, ovvero può essere posto in essere da chiunque, mentre il reato di maltrattamenti in famiglia è definito proprio, proprio perché può essere commesso esclusivamente da chi ha un legame familiare con la vittima.

Come affermato dal primo comma dell’art. 612-bis del codice penale, chi compie il reato di stalking è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni, salvo che il fatto non costituisca più grave reato. Ed è la stessa norma, nel secondo e terzo comma, che prevede due specifiche aggravanti:
1. Al secondo comma, il legislatore ha previsto l’aumento della pena fino a un terzo "se il fatto è commesso dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici"
2. Al terzo comma, il legislatore ha previsto l’aumento della pena "fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità"

Con riferimento agli aspetti procedurali, il quarto comma dell’art. 612-bis del codice penale afferma che il delitto è punito a querela della persona offesa, ovvero a fronte di una denuncia che deve essere effettuata entro i sei mesi successivi alla consumazione del reato. Si procede d’ufficio, però, nel caso in cui la vittima sia un minore o una persona con disabilità.
Un ulteriore strumento di tutela per la vittima, previsto dal nostro ordinamento, è la "procedura di ammonimento" alla quale si può ricorrere prima di querelare lo stalker e mira a prevenire la consumazione del reato di atti persecutori facendo desistere quest’ultimo dal compiere azioni illecite. Con l’ammonimento, la vittima chiede al questore di effettuare un avvertimento verbale nei confronti dell'autore delle condotte persecutorie allo scopo di interrompere il comportamento persecutorio. Dalla procedura di ammonimento derivano importanti e negative conseguenze per lo stalker poiché, oltre a eventuali sospensioni di autorizzazioni (come ad esempio la detenzione di armi e munizioni), nel caso questi continuasse a molestare la vittima, si vedrebbe aumentare la pena e si potrà procedere d’ufficio.

Il mio studio è disponibile a fornire ulteriori informazioni in merito e a dare assistenza legale in caso di necessità.

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di Avv. Maria Pia Di Maio

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