Archiviazione dei reati di minore gravità


I reati sanzionati fino a 5 anni di reclusione o puniti con la pena pecuniaria saranno adesso considerati di minore gravità e archiviati
Archiviazione dei reati di minore gravità
I reati sanzionati fino a 5 anni di reclusione o puniti con la pena pecuniaria saranno adesso considerati di minore gravità e archiviati. E’ quanto ha deciso il Consiglio dei Ministri con il decreto legislativo approvato in via definitiva che prevede delle importanti modifiche al codice penale e al sistema sanzionatorio.

Sarà a breve inserito nel codice di rito il nuovo articolo 131 bis c.p. in cui si dispone l’archiviazione per i reati di minor gravità.
Non verrà meno la tutela dell’offesa, poiché questa verrà garantita in sede civile. Il giudice dovrà adesso valutare il fatto, l’entità dell’offesa, le circostanze di fatto, la personalità dell’autore e la natura del bene tutelato.

Sarà questo un nuovo "rito premiale" e la richiesta potrà farla sia il pubblico ministero che l’imputato, anche al termine del dibattimento. Non potranno usufruire di tale rito i delinquenti abituali, professionali o per tendenza e coloro che hanno commesso più reati della stessa indole ovvero hanno commesso un reato consistente in condotte plurime, abituali e reiterate (es. stalking e maltrattamenti in famiglia). Nessuna "depenalizzazione" sarà possibile se il reato è stato commesso per motivi abietti o futili o con crudeltà (anche verso gli animali).
Non si applica neppure nei casi in cui l’autore del reato ha approfittato delle condizioni della vittima impossibilitata o incapace di difendersi.

Quando il PM chiederà l’archiviazione del reato sia la parte offesa che l’indagato potranno opporsi in quanto tale archiviazione, di cui resterà traccia nel casellario per evitare che si possa usufruire più volte di questo istituto, sarà comunque un implicito giudizio di responsabilità. Si avrà un procedimento penale senza giudizio, perché si ritiene che in tal modo la definizione sarà rapida e semplificata. Si tratterà insomma di un altro rito premiale come l’applicazione della pena su richiesta delle parti che consente al giudice di pronunciarsi sul merito della imputazione al di fuori dello schema del giudizio giurisdizionale, esaurendo l’intero procedimento penale su base negoziale, con ambiti sottratti alla disponibilità delle parti, tra i quali la verifica sulla corretta qualificazione giuridica del fatto.

L’imputato che propone una sanzione non ammette il fatto e non dichiara la sua colpevolezza: l’istanza della parte è soltanto l’atto d’impulso di un rito che conduce ad una pronuncia giudiziale allo stato degli atti. Nel patteggiamento la richiesta non comporta ammissione di colpevolezza in quanto non c’è un formale procedimento che approdi ad un giudizio di reità. Il patteggiamento è caratterizzato dalla mancanza di ogni attività di accertamento del fatto contestato; l’imputato chiede l’applicazione della pena o aderisce alla richiesta del pubblico ministero e si limita a manifestare la rinuncia a far valere le proprie difese e le proprie eccezioni alla tesi accusatoria, per cui al tempo stesso, egli si astiene dal provare la propria innocenza ed esonera l’accusa dalla prova della sua colpevolezza. Quindi, già nel patteggiamento la sentenza che applica la pena non può tecnicamente contenere l’accertamento della responsabilità, dato che ciò che manca è proprio l’accertamento da parte del giudice, dovendo egli limitarsi ad esaminare se, allo stato degli atti sia da escludere l’evidenza della prova della innocenza. Nel procedimento ex art. 444 c.p.p. e ss. si ha l’applicazione di una pena senza giudizio. Nel patteggiamento non è possibile equiparare la volontà dell’imputato di applicazione della pena ad un riconoscimento della propria colpevolezza o ritenere che la stessa possa costituire un surrogato dell’accertamento pieno di responsabilità affidato al giudice, trattandosi di una scelta processuale riconducibile all’alea dell’ordinario processo e che può trovare legittima giustificazione nei più disparati motivi personali.

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di Avv. Pierluigi Diso

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