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Cessione dei crediti di imposta: lo stato attuale del mercato


Oggi non esistono ricette preconfezionate, ma singole opportunità che, di volta in volta, possono essere colte
Cessione dei crediti di imposta: lo stato attuale del mercato

Nonostante le promesse politiche, le rassicurazioni ed i proclami elettorali, lo stato attuale del mercato dei crediti di imposta è preoccupante.
Le imprese si trovano spesso impantanate e tentano di percorrere molte vie che, purtroppo, solo in alcuni casi, consentono di trovare una reale soluzione al problema della monetizzazione.

Anche quando si trova la soluzione al problema, però, al cessionario viene conferito un grande potere contrattuale che rende squilibrato il sinallagma. Tutto ciò è la conseguenza delle scelte politiche cha hanno sacrificato gli interessi delle imprese e dei condomini, che hanno fatto affidamento sulle disposizioni di diritto emanate da un legislatore il quale, in un secondo momento, in maniera arbitraria, ha deciso di dare un colpo di spugna e di venire meno a quel patto sociale sul quale quegli stessi cittadini avevano fatto affidamento.

La conseguenza è il crollo dei prezzi: oggi, un cassetto fiscale verticale da superbonus è valutato una media che si pone fra il 76% e l’80% del valore nominale, al lordo di una moltitudine di commissioni e fee commerciali.

Tutto ciò impone un’attenta analisi delle diverse soluzioni a disposizione dell’impresa che, navigando in questo mare in tempesta, deve cercare di cogliere l’opportunità che più si adegua alle proprie scelte commerciali ed economiche.
La regola d’oro è: tentare di contenere i danni, cercando di ottenere il più possibile, facendo di necessità virtù.
Le strade, sebbene siano strette e complicate, esistono ancora.

L’opportunità che consente di ottenere il prezzo maggiore è quella di cedere solo la prima o le prime annualità a privati o ad altri enti.
Le prime annualità sono, difatti, quelle che consentono una monetizzazione ad un prezzo migliore: siamo intorno al 90% del valore nominale del credito. L’aspetto positivo di questa soluzione è, pertanto, costituito dal prezzo maggiore al quale viene acquistato il credito d’imposta.

Gli aspetti negativi sono che:

  1. ciò che si vende non è l’intero cassetto verticale bensì le sola prime annualità: ne consegue che la vendita delle annualità successive sarà molto più difficile, quanto meno, nell’immediatezza;
  2. si realizza, nei fatti, l’immobilizzazione di un investimento che genera liquidità solo in un secondo tempo;
  3. si genera incertezza nella gestione della società: nessuno può sapere se e quando le altre annualità (che non sono oggetto di cessione immediata) potranno essere oggetto di cessione futura. Ne consegue che nessuno sa se, effettivamente, l’investimento potrà essere monetizzato.

Se le prime problematiche sono, sostanzialmente, irrisolvibili, la terza, a volte, una soluzione la trova perché, sul mercato, operano alcuni soggetti che acquistano la prima annualità di credito e si impegnano ad acquistare, ora per allora, le annualità successive, ad un dato prezzo ed a una certa scadenza.
E’ opportuno, però, fare attenzione a due aspetti: il primo è che il prezzo delle annualità successive alla prima sarà molto inferiore rispetto a quello a cui è pagata la prima annualità. Per dare un’idea concreta di ciò su cui si sta discutendo, recentemente, ad esempio, mi è capitato di esaminare proposte contrattuali che prevedevano il pagamento di un prezzo pari:

- al 91% del valore nominale del credito per i crediti compensabili nel  2023;

- all’85% del valore nominale del credito per i crediti compensabili nel 2024;

- all’82% del valore nominale del credito per i crediti compensabili nel 2025;

-  all’82% del valore nominale del credito per i crediti compensabili nel 2026.

Come si può notare (al lordo delle commissioni da pagare ad eventuali intermediari), stiamo parlando di una differenza di quasi 10 punti percentuali.

Il secondo aspetto da considerare è che si tratta, spesso, di una scommessa sull’andamento dell’economia del nostro Paese e sul fatto che il promittente cessionario continuerà ad essere “solido”. Se il cessionario, difatti, negli anni successivi non avrà più capienza fiscale sufficiente, il rischio di inadempimento sarà concreto. Questa è di fatto (più che in diritto) la problematica più importante con la quale il consulente e l’impresa devono confrontarsi allorquando vadano a scegliere il soggetto cessionario. E’ vero che sarà possibile agire per ottenere il corretto adempimento del contratto ma, come scritto sopra, spesso, i contratti di monetizzazione che prevedono una cessione, ora per allora, delle annualità successive alla prima, sono redatti dal cessionario che si trova in di una posizione di forza maggiore rispetto al cedente e, pertanto, prevedono clausole di salvaguardia che consentono al cessionario di recedere dal contratto stesso senza andare in contro ad inadempimento.
Prendendo in considerazione, poi, i potenziali soggetti cessionari, oltre ai privati, sul mercato, operano anche alcune banche d’affari che intermediano i crediti, acquistando l’intero cassetto verticale e rivendendolo (interamente od anno per anno) ad imprese che hanno sufficiente capienza fiscale.

In questo caso, il prezzo del credito patisce il peso del costo dell’intermediazione della banca che, naturalmente, ottiene il proprio profitto proprio grazie all’intermediazione.
Dal lato dell’offerta, questa soluzione ha come aspetto positivo, l’immediato realizzo dell’intero investimento mentre l’aspetto negativo risiede nel fatto che il prezzo è di gran lunga inferiore, rispetto alle percentuali sopra enunciate. Come scritto sopra, siamo ad una percentuale che oscilla fra il 76% e l’80% ed è in costante discesa. Consideriamo che, sulla quotazione del prezzo, incidono anche le commissioni degli intermediari ed il costo della comfort letter rilasciata da una delle c.d. Big four che consente al cessionario di riversare su quest’ultima la responsabilità, a seguito dell’esito positivo della due diligence (che spesso assume le sembianze di una “corsa ad ostacoli”, con richieste di documenti ridondanti e ripetitive). Come detto, la banca, in questo caso, funge da mero intermediario perchè non conserva i crediti per sé stessa ma li cede a terzi che scelgono se acquistare l’intero credito ovvero le singole annualità, La banca, pertanto, deve garantire la propria posizione non solo relativamente al rischio di contestazione del credito da parte dell’Agenzia delle Entrate ma anche rispetto alle eventuali contestazioni di inadempimento da parte dei successivi cessionari ai quali rivende i crediti.

Quanto, infine, ai crediti futuri, le uniche società che si impegnano, oggi, ad acquistare crediti futuri, sono le SPV che fungono da veicoli per le cartolarizzazioni. Come già scritto, in altri contributi, lo Scrivente è sempre stato favorevole a detto strumento per la cessione dei crediti di imposta, però, all’atto pratico, bisogna dare atto, con onestà intellettuale, che il processo di cartolarizzazione si sta rivelando un processo lungo anche a causa della burocraticizzazione del procedimento nel quale intervengono organi terzi, come Banca d’Italia, con le proprie procedure interne (che rendono il processo lento e difficile). Vi è, poi, un problema al quale non sembra che le varie SPV abbiano prestato adeguata attenzione: la cartolarizzazione dei crediti futuri ha per oggetto crediti che non sono certi perchè il rischio non riguarda solo la procedura di formazione (asseverazione, visto di conformità e tutto quanto ben conosciuto dagli operatori) ma si presta anche al rischio conseguente all’eventuale mancata conclusione dei lavori ovvero al fatto che le opere siano difformi rispetto a quelle oggetto di appalto. Si badi: questo può avvenire anche per ragioni diverse dalla mala fede o dolo del cedente o di chi comunque esegue le opere di manutenzione straordinaria. Ciò può accadere, ad esempio, nel caso di opere che non siano realizzabili tecnicamente oppure nel caso in cui, per completare i lavori (a regola d’arte), si renda necessaria l’esecuzione di ulteriori opere rispetto a quelle preventivate nel contratto di appalto. Sempre con riferimento alla cartolarizzazione, si pone il problema della conclusione dei lavori, oggetto di cartolarizzazione e dell’effettivo insorgere del credito.

In ultimo, si segnala che sul mercato operano alcuni fondi di investimento che, attraverso società che, in base alla normativa vigente, possono cedere a terzi i crediti acquistati, operano in modo simile alla cartolarizzazione. Relativamente a questi soggetti, sulla cui affidabilità e solidità è sempre opportuno un rigoroso sindacato, sussistono, quanto ai credit futuri, le medesime problematiche segnalate per la cartolarizzazione e, quanto agli altri crediti, sapone l’accendo sugli stessi aspetti segnalati sopra.

Tirando le somme, si può affermare che il mercato dei crediti di imposta è sicuramente un mercato che si sta attestando su prezzi molto più bassi rispetto a quelli di uno o due anni orsono. Vi operano soggetti più o meno affidabili sui quali bisogna indagare per comprenderne la solidità economica e la capacità di portare a termine l’operazione economica. 
Non esistono, oggi, ricette preconfezionate ma singole opportunità che, di volta in volta, possono essere colte, tenendo conto delle proprie scelte economiche, della propria propensione al rischio e delle esigenze di liquidità.

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