Il consumatore in stato di sovraindebitamento


Il consumatore in stato di sovraindebitamento salva la casa con dilazioni fino a 30 anni
Il consumatore in stato di sovraindebitamento
Nel panorama della composizione della crisi da sovraindebitamento, la possibile durata dei piani del consumatore o degli accordi di ristrutturazione costituisce un elemento determinante per ottenere il provvedimento di omologazione da parte del Giudice.
Il buon senso e la ragione, portano a considerare fattibili dilazioni significative, solitamente ancorate all’età del debitore e, dunque, parametrate alla durata media della vita.
In alcuni recenti decreti di omologa, sono state concesse dilazioni anche di 240, 300 ed addirittura 360 rate. In pratica rateazioni di 20, 25 o 30 anni.
Occorre evidenziare che i parametri per le dilazioni, basati su fattori empirici, sono stati spesso ricondotti a quelli previsti per le somme iscritte a ruolo, ritenendo di poter proporre rateazioni sino a 72 ovvero 120 rate come avviene ai sensi dell’articolo 19 del D.P.R. 602/1973 per la riscossione delle imposte erariali.
L’elemento da valutare attentamente è l’età del debitore, rapportata alla vita media degli uomini (79,3) o delle donne (84,6), così da concedere dilazioni che non vadano oltre l’aspettativa di vita dell’interessato.
L’altro elemento di grande interesse nelle sentenze in commento, è la possibilità lasciata al debitore di permanere nella propria abitazione. Gli effetti positivi, sia sotto il lato sociale che umano sono evidenti. La possibilità di vivere nella stessa casa, la possibilità di continuare a frequentare gli stessi luoghi ed amicizie, aiuta indubbiamente il sovraindebitato, e la sua famiglia, ad affrontare con maggiore serenità i problemi della vita quotidiana, evitando che la crisi economica si trasformi anche in crisi familiare.

Nel caso affrontato con il decreto 17.5.2016 dal Tribunale di Catania RG. 1671/2017, due coniugi risultavano proprietari, ciascuno in ragione del 50%, di un appartamento ed un garage del valore complessivo di € 108.816,00 nonché delle quote di 1/3 e 1/6 di quattro appartamenti e due terreni del valore complessivo di € 77 mila euro. Con riferimento agli immobili, il Giudice ha ritenuto che "l’alternativa liquidatoria non appare praticabile, considerata l’attuale situazione del mercato immobiliare ed in quanto il presumibile valore di realizzo del bene immobile intestato ai ricorrenti ed adibito alla casa di abitazione è di gran lunga inferiore all’ammontare del credito attribuito nel piano alla banca mutuante; a ciò si aggiunga che, senza l’abitazione la famiglia sarebbe costretta a spostarsi in altro immobile in locazione, contraendo così un nuovo debito mensile; infine, va sottolineato che nessuna falcidia è prevista per il creditore ipotecario, il quale vedrà le proprie ragioni integralmente soddisfatte. Per ciò che concerne gli immobili di proprietà si rileva che gli stessi non sono appetibili sul mercato, in considerazione dell’ubicazione e della tipologia e soprattutto che si tratta di mere quote (1/3 e 1/6 e 1/9), difficilmente vendibili anche in seno alle procedure esecutive (nelle quali dovrebbe comunque essere preventivamente avviato giudizio di divisione)".
Sono evidentemente considerazioni pragmatiche che hanno riguardato con oggettività vita residua del debitore e valori di liquidazione degli immobili. Evidentemente, nello spirito di una legge con dichiarate finalità sociali, il dispositivo del Giudice rende giustizia all’intento del legislatore.

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di Dott. Matteo Fortuna Ristori

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