Il diritto del lavoratore alla mediazione dei conflitti ex art 409 cpc


La mancata previsione, affianco alla negoziazione assistita, della mediazione civile quale strumento per risolvere i conflitti di lavoro
Il diritto del lavoratore alla mediazione dei conflitti ex art 409 cpc

Come noto la legge n. 206/2021 delega il Governo a provvedere entro un anno dall’entrata in vigore (01/01/2022)  a rendere il codice di procedura civile e le leggi processuali speciali, più semplici, spedite e razionali.

In particolare, per quanto previsto dall’art. 1.4.q l’attività del Governo dovrà  “prevedere, per le  controversie  di  cui  all'articolo  409  del codice  di  procedura  civile,   fermo   restando   quanto   disposto dall'articolo 412-ter del medesimo codice, senza che ciò costituisca condizione  di  procedibilità dell'azione, la   possibilità  di ricorrere alla negoziazione  assistita,  a  condizione  che  ciascuna parte sia assistita dal proprio avvocato, nonché, ove  le  parti  lo ritengano, anche dai rispettivi consulenti del  lavoro,  e  prevedere altresì  che  al  relativo  accordo  sia  assicurato  il  regime  di stabilità' protetta di  cui  all'articolo  2113,  quarto  comma,  del codice civile”.

E’ parso evidentemente inutile e inopportuno riconoscere al lavoratore il diritto a ricorrere, nelle controversie ex art. 409 cpc, oltre che la negoziazione assistita anche allo strumento della mediazione civile.

Eppure quella stessa persona, quel lavoratore, quando controverte con gli altri eredi per una successione o con l’ex coniuge per la divisione dei beni è addirittura obbligato ad usare la mediazione; per non dire di quando litiga con il condominio, con la banca, l’assicurazione, la finanziaria e perfino con chi gli ha affittato l’appartamento.

Quando, invece, intende far valere i propri diritti di lavoratore nell’ambito di un rapporto di durata, di una relazione necessaria, quello strumento non va più bene, non calza, non è accessibile.

Qualcuno sostiene che sia d’intralcio l’esperienza negativa della conciliazione ex art. 410 cpc. Se così fosse saremmo di imbarazzante miopia rispetto alle sostanziali differenze tra una commissione di conciliazione individuata secondo i criteri dell’art. 413 cpc ed una mediatrice civile.

Sono piuttosto convinta che tra i giuslavoristi manchi la cultura della mediazione.

Ad oltre 10 anni dall’entrata in vigore del dlgs n. 28/2010, è mancato ancora una volta il coraggio di  sganciarci dalle transazioni ex art. 1965 cod civ. (ricordo nitidamente il mio maestro, giuslavorista di lungo corso, affermare: “la migliore transazione è quella in cui entrambe le parti escono scontente, perché hanno dovuto cedere qualcosa”) senza vedere che quel lavoratore, fuori dai cancelli dell’azienda, vive in un mondo in cui sono possibili, grazie alla mediazione, negoziazioni che portano a soluzioni win-win, in cui le parti anziché rinunciare a qualcosa, soddisfano i reciproci  interessi, con ciò favorendo la ripresa di un dialogo, la ristrutturazione delle relazioni, la gestione e risoluzione del conflitto e non soltanto della lite.

Come giuslavorista penso che stiamo perdendo un’opportunità preziosa, la possibilità di introdurre le ADR anche in queste relazioni, di cambiare prospettiva rispetto ai rapporti di lavoro, ai relativi conflitti ed alla loro negoziazione. Stiamo impedendo che, anche in questo ambito, si possano verificare gli effetti virtuosi del confronto aperto e leale facilitato dalla presenza del mediatore, nell’ambito di una procedura snella, veloce, riservata, flessibile e volontaria.

Avremmo potuto iniziare ad introdurre la mediazione solo per le controversie aventi ad oggetto diritti derogabili dal lavoratore, limitandola ai rapporti di lavoro privato. Con l’esperienza, le dovute cautele e tutto considerato, si sarebbe poi potuta estendere ai rapporti di pubblico impiego e alla tutela dei diritti inderogabili. Avremmo favorito così quell’effetto deflattivo del contenzioso giudiziale tanto auspicato e già verificatosi in altri ambiti del diritto, proprio grazie alla mediazione civile.

Noi divulgatori della cultura della mediazione abbiamo un compito arduo e impegnativo, ma abbiamo dalla nostra l’esperienza e i risultati di questi ultimi 10 anni. 
 

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di Patrizia Testa

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