Il reato di stalking e la vittima di reato


Quali sono le azioni ritenute idonee a configurare la condotta tipica del reato e come è possibile tutelarsi?
Il reato di stalking e la vittima di reato
Il reato di atti persecutori, previsto e punito dall’ art. 612 bis c.p., meglio conosciuto come stalking, punisce la condotta di colui che, con azioni reiterate nel tempo, minaccia o molesta taluno cagionando allo stesso un perdurante e grave stato d’ ansia, tale da compromettere o alterare le proprie abitudini di vita ovvero ponga in essere delle condotte idonee a determinare nella persona offesa un fondato timore per la propria incolumità o di un prossimo congiunto o di persona comunque legata da relazione affettiva con lo stesso.
Quali sono dunque le azioni ritenute idonee a configurare la condotta tipica del reato che ci occupa?
Giova preliminarmente precisare che vi possono essere dei comportamenti atipici, di per sé non autonomamente punibili, che inseriti in un determinato contesto ed attuati con particolari modalità, possono integrare il reato di stalking.
A titolo esemplificativo ma non esaustivo, ricordiamo che le reiterate telefonate dal contenuto ingiurioso minaccioso o anche mute, il ripetuto invio di SMS, mail o per il tramite dei c.d. social network, ovvero pedinamenti o appostamenti sotto casa o nei luoghi frequentati dalla vittima, comportamenti, questi, che possono ingenerare in una persona uno stato d’ ansia (che non deve necessariamente tradursi in uno stato patologico clinicamente accertato ma anche in un effetto destabilizzante dell’equilibrio psicologico e della serenità della vittima del reato), possono integrare il delitto di cui all’ art 612 bis c.p..
E ancora: ha ritenuto la Cassazione configurabile il reato di stalking condominiale nella condotta posta in essere dal singolo condomino che abbandona escrementi davanti alle porte d’ingresso delle abitazioni, nel danneggiamento di autovetture in sosta, nel versamento di acido muriatico nei locali comuni, nell’immissione di suoni ad alto volume, nella pronuncia di gravi epiteti (così Cass. Pen. Sez. V 19/06/2014 n. 26589).
Alla luce dei sopraindicati rilievi, s’impone dunque, seppur in via di estrema sintesi, di indicare quali tutele ha previsto il legislatore in favore della vittima di stalking.
Prima della presentazione della querela, la persona offesa (vittima del reato) può ai sensi dell’art. 8 comma 1 D.L. 23/02/2009 convertito in legge 23/4/2009 n. 38 "esporre i fatti all’Autorità di Pubblica Sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell’autore della condotta". Il Questore, assunte le necessarie informazioni e sentite le persone informate sui fatti, ritenuta la sussistenza del reato di stalking, ammonisce oralmente il soggetto autore dei comportamenti vessatori.
Trattasi di provvedimento di natura amministrativa, volto ad evitare l’apertura di procedimenti penali che talvolta possono trovare componimento fuori dalle aule di giustizia.
Ove lo stalker perseveri nei propri comportamenti, la persona offesa potrà presentare denuncia querela avanti all’ Autorità Giudiziaria entro il termine di sei mesi (e ciò in deroga al termine ordinario di presentazione della querela previsto dall’ art. 124 c.p. di tre mesi dalla notizia del fatto).
La presentazione della stessa può essere effettuata anche se non si è proceduto con la richiesta al questore di avviso orale, essendo da questo del tutto svincolata.
Si dovrà porre mente al fatto che, una volta presentata la querela, in presenza di determinate circostanze, la stessa diviene irrevocabile (fatto commesso mediante minacce reiterate). Si procederà d’ufficio allorquando il reato è stato commesso in danno di minore d’età, di persona con disabilità, o quando il fatto è connesso con un altro reato procedibile d’ufficio ovvero l’autore del reato è stato ammonito dal questore.
Giova poi ricordare che per tale reato il legislatore ha ritenuto di favorire l’accesso alla giustizia alle vittime di stalking prevedendo la gratuità dell’assistenza legale attraverso l’istituto del patrocinio a spese dello stato (indipendentemente dunque dai limiti di reddito che l’ art. 76 DPR 115/2002 impone) e circostanza, questa, che ha trovato riscontro anche nella pronuncia della Cassazione, sez. IV, n.13497 del 20/3/21017.

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di Avv Cristina Zappia

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