La terapia cognitivo-comportamentale per l'IBS


La TCC nella gestione dei sintomi fisici dell’IBS, perpetuati dall’interazione di fattori PSICOLOGICI-FISIOLOGICI E SOCIALI.
La terapia cognitivo-comportamentale per l'IBS
Il modello cognitivo-comportamentale sostiene che i sintomi fisici dell’IBS sono perpetuati dall’interazione di fattori PSICOLOGICI-FISIOLOGICI E SOCIALI. Nello specifico il trattamento psicologico ha lo scopo di aiutare il paziente a ridurre lo stato di ansia o depressione, ridurre la percezione del dolore/gonfiore, soprattutto aumentare la capacità di affrontare e gestire i sintomi all’interno di un approccio terapeutico integrato (counselling, farmaci, educazione alimentare, psicoterapia).
Drossmann, su Gastroenterology Int 1995, rivela che fino al 60 % dei pazienti con IBS mostra una comorbidità con sintomi sul versante psicologico di depressione/ansia, disturbi somatoformi, difficoltà personali/relazionali, life stress e comportamento da dolore cronico, ma solo una minima percentuale di essi (5%) avvia un percorso psicoterapeutico specifico.
La proposta di una psicoterapia viene spesso vissuta con diffidenza dal paziente, che la interpreta come una mancanza di fiducia e di attenzione da parte del medico ai propri disturbi, come se essi fossero considerati immaginari. E’ quindi necessario la proposta sia ampiamente motivata e spiegata, e soprattutto venga posta all’interno di un approccio integrato al fine di rassicurare il paziente che tutti gli aspetti del proprio disturbo verranno affrontati. L’iniziale psicoeducazione sul disturbo, la capacità di ascoltare e riconoscere la serietà del disturbo sono solo alcuni degli atteggiamenti positivi all’interno della nella relazione medico-paziente che facilitano l’avvio di una terapia mirata alla gestione dei fattori psicologici associati e di mantenimento ai sintomi fisici.
La psicoterapia cognitivo-comportamentale, nel trattamento di pazienti con IBS, si pone l’obiettivo di indagare i pensieri automatici disfunzionali che hanno la funzione di accrescere l’attenzione verso le sensazioni corporee. Il meccanismo di focalizzazione attiva infatti un circuito che ha come conseguenza quello di accrescere l’attivazione ed innalzare sia la sensibilità al dolore sia altri sintomi correlati alla malattia. L’ errata interpretazione dei sintomi corporei neutri innesca il circuito dell’ansia e il conseguente innalzamento delle sensazioni corporee e del dolore. Interrompere il circolo vizioso è’ necessario per rendere il paziente guidatore consapevole della propria mente, per direzionare l’attenzione in modo adeguato senza interpretare ogni sintomo corporeo come se fosse inevitabilmente connesso all’IBS. Primo obiettivo della terapia è dunque passare da una condizione in cui ci si sente in balia della malattia ad una situazione in cui si inizia ad imparare che si può diventare padroni di se stessi. In accordo con la teoria dell’elaborazione dell’attenzione, prestiamo attenzione a quelle conoscenze e percezione che confermano le nostre ipotesi e ignoriamo tutte quelle informazioni o sensazioni che non sono in accordo con i nostri pensieri e le nostre convinzioni (Beck et al, 1960). Tutto ciò accade in automatico e nella sindrome IBS l’attenzione è concentrata sui sintomi fisici disturbanti piuttosto che sui pensieri. Ciò conduce il paziente a minimizzare il ruolo di una cattiva alimentazione, del riposo inadeguato, dei fattori stressanti, del disagio psicologico o sentimentale, dei conflitti interpersonali o personali mai risolti. La psicoterapia accompagna il paziente nel riconcettualizzare la visione della sindrome IBS: l’IBS da problema di ordine medico, quindi insuperabile e incontrollabile, si trasforma a livello cognitivo in un insieme di sintomi che possono essere gestiti.

Primo passo del lavoro terapeutico di ristrutturazione cognitva: identificare la relazione tra pensieri, emozione, comportamenti, ambiente circostante e sintomi IBS per sviluppare e implementare modi sempre più efficaci di reagire ad essi.

Indagare i pensieri automatici per trasformarli da affermazioni categoriche in domande che devono essere analizzate: i pensieri automatici rispetto all’IBS sono, infatti, spesso caratterizzati in termini assolutistici (bianco o nero). Anche se la malattia porta a concentrare l’attenzione sui sintomi fisici è necessario, attraverso la terapia imparare a trasferirla sui sintomi psicologici.
Di seguito alcuni fattori cognitivi di mantenimento della sindrome IBS sui quali la terapia cognitivo-comportamentale vuole agire direttamente con le tecniche di ristrutturazione.
1. Caratteristica, spesso associata alle donne, di sentirsi responsabili della felicità altrui che porta a trascorrere la propria vita a prendersi cura dei bisogni di altri (familiari, parenti, amici, colleghi) piuttosto che dei propri.
2. Tendenza ad auto colpevolizzarsi: tendenza ad assumersi la responsabilità di qualsiasi evento negativo che corrisponde a livelli elevati di autocondanna e alla tendenza a compiacere gli altri.
3. Self-silencing scheme: schema autosilenziante, tendenza ad autozittirsi, assecondare le esigenze altrui facendo ciò che ci si aspetta dagli altri.
Ulteriore fattore di rischio è rappresentato dalla presenza di una storia di abuso fisico o sessuale nella vita del paziente.
Le emergenti evidenze sottolineano come le strette correlazioni tra intestino, sistema nervoso ed assetto neuro-endocrino siano rilevanti nell’insorgenza nel mantenimento di una sindrome molto complessa come l’IBS.

Il miglioramento della qualità di vita, la regressione della sintomatologia intestinale ed extra intestinale, il miglioramento dei rapporti sociali e lavorativi, il ridotto rischio di drop-out sono alcuni dei principali vantaggi offerti dal lavoro in team nella gestione dell’IBS.

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di Dott.ssa Grazia Delezotti

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