Arriva il contratto di espansione: cos’è e cosa prevede


Finalizzato a incentivare lo sviluppo tecnologico delle aziende, riguarda le imprese con più di 1.000 dipendenti
Arriva il contratto di espansione: cos’è e cosa prevede


Le Commissioni Bilancio e Finanze della Camera dei Deputati hanno dato il via libera a un emendamento del Decreto crescita che introduce in via sperimentale il nuovo contratto di espansione destinato alle imprese con oltre 1.000 dipendenti che intendono innovare tecnologicamente le proprie aziende in nome di una maggiore competitività.

 

Cos’è il contratto di espansione

Il contratto di espansione è una nuova formula contrattuale prevista dal Decreto Crescita in sostituzione dei precedenti contratti di solidarietà espansiva disciplinati dal Decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015.

Il nuovo contratto di espansione ha natura sperimentale.

Infatti, è stato al momento previsto per il solo biennio 2019-2020 con uno stanziamento da parte dello Stato di 70 milioni di euro complessivi da spalmare nei due anni. La dotazione per il 2019 è di 40 milioni di euro, mentre la parte restante sarà appannaggio del 2020.

Il contratto di espansione potrà essere applicato esclusivamente dalle imprese che hanno in forza oltre 1.000 dipendenti e che intendano avviare un turn-over del personale a fronte di processi di sviluppo tecnologico che richiedano una riorganizzazione e un aggiornamento degli assetti aziendali e dei dipendenti.

Proprio per il carattere sperimentale di innovazione tecnologica del tessuto economico e industriale italiano, il contratto dovrà essere stipulato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in presenza delle associazioni sindacali di riferimento.

 

Perché il contratto di espansione

La funzione del contratto di espansione è quello di sostenere il rinnovamento tecnologico delle imprese in modo da renderle competitive nel contesto nazionale, ma soprattutto in quello europeo e internazionale.

Non a caso, infatti, il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nella Relazione annuale ha sottolineato la funzione del Governo di sostenere il tessuto produttivo nell’affrontare le nuove sfide nel campo dell’innovazione tecnologica. E l’Italia, a tal proposito, arranca rispetto ad altri paesi europei. Del valore totale aggiunto prodotto nel nostro Paese, solo un 5% è riconducibile ai settori dell’economia digitale, mentre in Germania, ad esempio, la percentuale sale fino all’8%. A livello europeo si registra un 6,6% di media, al di sopra, dunque, di quanto avviene nella nostra penisola.

Va da sé che investire in innovazioni tecnologiche è una priorità per essere competitivi.

Accanto a tale obiettivo di carattere generale, c’è poi quello più specifico di incentivare nuove assunzioni in nome di un processo di trasformazione delle aziende agevolando il turn-over attraverso un sistema di prepensionamento per chi è prossimo all’età pensionabile.


Quali misure prevede il contratto di espansione

Grazie a un emendamento al Decreto crescita, è stato introdotto il contratto di espansione. Lo strumento è destinato alle imprese con oltre 1.000 dipendenti che intendano intraprendere una riorganizzazione aziendale in nome dell’innovazione tecnologica con conseguente necessità di assumere nuovi profili professionali e razionalizzare le risorse già in forza.

Per questo motivo, il contratto di espansione agevola l’assunzione di nuovo personale e, contemporaneamente, prevede uno scivolo di massimo 5 anni (nella versione precedente dell’emendamento erano 7 anni) per favorire i prepensionamenti dei dipendenti più anziani oppure riduzioni di orario del personale già assunto e per il quale è necessaria una revisione delle mansioni.  

Il prepensionamento deve essere volontariamente accettato dal dipendente che potrà usufruire di uno scivolo di uscita massimo di 5 anni per arrivare all’età pensionabile, percependo nel frattempo un’indennità (eventualmente comprensiva della NASpI) commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato al momento della cessazione del rapporto di lavoro. L’indennità è a carico dell’azienda.

Accanto a tale possibilità, il datore di lavoro potrà avviare una riduzione complessiva media dell’orario di lavoro giornaliero, settimanale o mensile non superiore al 30% del personale già dipendente che deve lavorare oltre i 5 anni per raggiungere l’età pensionabile. Al singolo dipendente potrà essere ridotto l’orario lavorativo anche del 100%, l’importante è che, come detto, la media massima di riduzione dell’orario di lavoro complessivo non sia superiore del 30%.

E’ previsto, infine, come ulteriore strumento a vantaggio dell’imprenditore, un possibile allungamento della CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) per 18 mesi.

Proprio per l’impatto sociale ed economico che ne deriva, il contratto di espansione deve essere stipulato in accordo tra l’azienda, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in presenza delle sigle sindacali di categoria.

Il contratto di espansione deve essere obbligatoriamente, dunque, discusso e approvato e deve prevedere un piano di assunzioni corredate da apposita certificazione formativa.
Nello specifico, il piano di assunzioni e di prepensionamenti (o riduzione di orario medio lavorativo) deve illustrare chiaramente:

•    il numero dei lavoratori da assumere a fronte del piano di riorganizzazione dell’azienda con i relativi profili professionali che devono essere coerenti con il progetto di innovazione;

•    la programmazione temporale delle assunzioni;

•    l’indicazione del tempo indeterminato dei contratti di lavoro  stipulare (compresi quelli di apprendistato professionalizzante);

•    la riduzione complessiva media dell’orario di lavoro del personale già dipendente e del quale occorre rivedere le mansioni con l’indicazione del numero dei dipendenti coinvolti;

•    il numero dei dipendenti che hanno aderito al piano di prepensionamento.

 

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